Politica

Gli interdetti: “Il voto dei malati psichiatrici”

La legge Basaglia ha restituito alle persone interdette la possibilità di votare. Col risultato che spesso in cabina entra il tutore legale del paziente.

di Redazione

Fare una croce è un gesto facile. Difficile è capire dove farla. Una domanda – cinica ma vera – viene allora spontanea: una persona interdetta è davvero in grado di votare? La legge Basaglia, nel 1978, ha restituito alle persone interdette il diritto di voto, attivo e passivo. L?interdizione si dichiara per persone con una abituale infermità di mente che le rende incapaci di provvedere ai propri interessi e ha come conseguenza l?incapacità a compiere atti giuridici, come avviene per un minore: «Un interdetto non può stipulare contratti di acquisti o vendita né disporre di testamento, però può votare», dice Giuseppe Nardini, responsabile del reparto psichiatrico dell?ospedale Cotugno di Napoli. «Il tutore esprimerà la propria preferenza elettorale, non certo quella della persona rappresentata, che essendo incapace di elaborare tale scelta non può nemmeno esprimerla». Il problema è stato sollevato dal Clabarc, Comitato di lotta alle barriere architettoniche e sociali, con sede a Napoli. La presidentessa, Ileana Esposito Lepre, considera il voto agli interdetti come una «strumentalizzazione gravissima dei disabili mentali». «Come associazione», spiega, «sappiamo di moltissime persone interdette accompagnate ai seggi dai tutori: questi ultimi entrano nelle cabine elettorali e votano al posto dell?assistito, contro la logica e la democrazia. Spesso i tutori sono in buona fede, ma può anche succedere che qualcuno, soprattutto dentro le strutture psichiatriche, possa controllare e amministrare questi voti». Anche senza tornare alle vecchie storie dei manicomi – che in occasione delle votazioni si trasformavano in un serbatoio di centinaia di voti manovrabili a piacimento – dalle testimonianze raccolte dal Clabarc il tema sembra essere urgente. L?avvocato Guglielmo Abbate lo spiega così: «Da più parti è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell?articolo 11 della legge Basaglia, ma la Corte Costituzionale (303/1987) ha ritenuto di non doversi pronunziare per difetto di rilevanza. A mio giudizio invece l?articolo è troppo generico, poiché non distingue i vari gradi di interdizione: reversibile o irreversibile, temporanea o permanente. La norma viola un principio costituzionale che prevede la capacità di agire, intendere e volere quale presupposto al voto. Con un?altra conseguenza: la violazione dell?unicità del voto. L?assistente all?interdetto infatti avrà facoltà di esprimere più volte la propria preferenza: quante volte sarà chiamato ad assistere, tante più volte voterà, nella stessa elezione». L?altra faccia della medaglia la indica Giuseppe Sciaudone, psichiatra forense che opera presso l?Asl Napoli 5: «Se parliamo di persone che sono state interdette perché incapaci di provvedere ai propri interessi, allora è anomalo che possano votare. Però bisogna dire che per molti l?interdizione è stata un po? forzata: prima dell?amministrazione di sostegno, era l?unico modo per garantire all?incapace una forma di tutela. Da quando è stata introdotta la nuova figura, le cose sono diverse». Concorda Vittorio Corallini, tra i promotori della legge sull?amministratore di sostegno e direttore dell?Istituto Sacra Famiglia di Milano: «Ho molte perplessità. Però non è detto che all?interdizione corrisponda sempre l?incapacità e viceversa che in assenza di interdizione ci sia sempre la capacità. Questo presupporrebbe di verificare di volta in volta la capacità del disabile mentale, e mi rendo conto che la cosa si complicherebbe. Nel nostro istituto allestiamo dei seggi interni, come prevede la legge, e chi vota lo fa da solo, in piena libertà: mi sembra la cosa più seria. Accompagniamo in cabina solo chi ha problemi sensoriali, la legge lo prevede espressamente». Di Stefania Santamaria


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