Salute

Gli infermieri: ora basta pacche sulle spalle

Con una lettera aperta a Governo, Parlamento, istituzioni e Regioni la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) parla chiaro: coagulerà una risposta unitaria, indipendente da appartenenze sindacali e partitiche, da ruoli e posizioni ed è pronta a far sì che “gli oltre 450mila infermieri chiedano conto di tutto ciò che non è stato fatto”

di Redazione

È finito il tempo delle pacche sulle spalle e di chiamare “angeli” ed “eroi” gli infermieri.

È finito il tempo delle parole, si passi ai fatti e si dia vera dignità a una professione che finora ha dato tutto mettendo da parte la sua “normale straordinarietà” al fianco del cittadino per lavorare in costante emergenza, ammalarsi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciare a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita.

Con una lettera aperta a Governo, Parlamento, istituzioni e Regioni la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) parla chiaro: coagulerà una risposta unitaria, indipendente da appartenenze sindacali e partitiche, da ruoli e posizioni ed è pronta a far sì che “gli oltre 450mila infermieri chiedano conto di tutto ciò che non è stato fatto. Con l’etica che da sempre ci contraddistingue, ma con l’esasperazione che ormai ci investe”.

In questa lunga guerra contro il virus, noi infermieri – 456mila professionisti in prima linea per il Paese – stiamo scrivendo ogni giorno, da due anni, – scrive la FNOPI – la storia del Servizio Sanitario Nazionale. Abbiamo scolpito nella memoria collettiva parole, valori e immagini che parlano di abnegazione, deontologia,sacrificio, tutela, vicinanza, competenza. Abbiamo vinto l’indifferenza di chi ignorava il nostro ruolo, il nostro percorso universitario, le nostre specializzazioni. Ma questa Storia non la scriviamo da vincitori e non per colpa nostra.
Anche se il mondo intero ha riconosciuto gli infermieri come il motore, la spina dorsale, il futuro di ogni moderno sistema sanitario e sociale che voglia definirsi tale. Anche se siamo stati definiti eroi, angeli, mentre ci venivano dedicate piazze e statue.
Abbiamo dovuto lavorare in costante emergenza; ci siamo ammalati di più e peggio di ogni altra categoria; abbiamo rinunciato a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita.

“Stiamo perdendo l’ultima cosa che ci era rimasta: la speranza – si legge nella lettera -. La speranza di una Sanità e di una politica in grado di riconoscere percorsi di valorizzazione della professione infermieristica, con un adeguato ritorno economico e un sistema realmente meritocratico. Dalla bozza del nuovo contratto alla Legge di Bilancio; dalle riforme professionali ai percorsi accademici e universitari, niente sembra volersi concretizzare nella direzione delle richieste avanzate con forza e decisione dalla nostra Federazione Nazionale che, quale Ente sussidiario dello Stato, ha pur sempre mantenuto un dialogo serio e pacato per dovere istituzionale”.

“Gli Infermieri d’Italia – si legge ancora – da sempre attraversano a testa alta la paura e la morte, ma oggi una miope visione della politica ci fa impattare nella sfiducia e nella delusione. Ed è molto, molto peggio”.

La FNOPI non ha dubbi e lancia l’altolà: “Così muore una professione. Così si impedisce il ritorno degli infermieri formati in Italia e valorizzati all’estero. Così si ignorano il dolore e l’impegno di centinaia di migliaia di vite. Così si tradisce la fiducia dei cittadini italiani”.

“È ancora possibile scrivere una storia che restituisca dignità agli infermieri” sottolinea la Federazione, ma non c’è più tempo da perdere: Governo e politica sono avvisati, parole e promesse non bastano più.

Ora a queste devono seguire i fatti: “Se questo Paese, se i suoi decisori politici vogliono invertire questa rotta, lo facciano adesso: la FNOPI non può ancora continuare a lungo a cercare una mediazione che non esiste”.

Rispetto alla media dei Paesi europei, e riferendoci alla popolazione nel suo complesso, l’Italia presenta un potenziale surplus di 0,48 medici e un gap di – 3,93 infermieri ogni 1.000 abitanti”, soprattutto rispetto al fabbisogno per le fasce più anziane (e in crescita) della popolazione), come sottolinea il 17° Rapporto CREA Sanità (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità). Secondo il CREA, in entrambe le simulazioni si riscontra un importante deficit di infermieri che va da un minimo di 237.282 unità a un massimo di 350.074, a seconda delle fasce di popolazione in esame.

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