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Gli immigrati in classe? Tanti, ma non troppi

Gli studenti di origine straniera ormai sono il 6,4% del totale. Ma in classe superano il 30% delle presenze solo in 1.242 istituti su 57mila

di Daniele Biella

Sempre di più, ma sempre più “italiani”. La fotografia degli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle nostre scuole parla chiaro: nell’anno scolastico 2007/2008 gli studenti stranieri erano 574.133, ovvero il 6,4% del totale. Rispetto all’anno precedente, quando erano 501.445 (il 5,6%), l’incremento percentuale è stato del 14,5%, aumento notevole però più contenuto rispetto al +18,1% del 2006/2007. La maggior parte di loro proviene dalla Romania (16,1%), dall’Albania (14,8%) e dal Marocco (13,3%), e la regione con più presenze è l’Emilia Romagna (11,8%), la provincia è quella di Mantova (15,4%), il comune è Prato (15,2%), che per la prima volta scavalca Milano. Gli alunni rom sono 12. 342, appena lo 0,14% degli iscritti. Sono questi alcuni dei dati principali del nuovo ed esaustivo Rapporto del ministero dell’Istruzione “Alunni con cittadinanza non italiana” presentato questa mattina ad Abano Terme in occasione del seminario per presidi “Dirigere le scuole in contesti multiculturali”.

Ma ecco le novità: a fianco dei dati generali, la pubblicazione ministeriale rivela, per la prima volta in assoluto, due dati destinati a ridisegnare la nostra percezione dello studente di origine straniera in Italia: il primo è quello della percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana ma nati nel nostro paese, ovvero le seconde generazioni o G2. Che sono più di un terzo del totale, raggiungendo il 34,7%. Il secondo dato è il numero di scuole statali e non statali che raggiungono l’incidenza del 30%, ritenuta dal ministero il “livello critico” oltre il quale il rendimento scolastico generale può risentire delle difficoltà di inserimento degli alunni senza cittadinanza italiana (e oggetto di aspre polemiche generate dalla proposta della Lega nord di istituire “classi ponte” per soli studenti stranieri). Ebbene, tale soglia è raggiunta in 1.242 scuole su 57.177, lo 0,2% del totale. Ma è unendo i due dati appena descritti che si ottiene un risultato a dir poco clamoroso. È lo stesso Rapporto a descriverlo, a pagina 71: «sono soltanto 121 su 1.242 (il 10%) le scuole che conseguono l’incidenza critica con alunni stranieri non nati in Italia. Per contro, il 90% del totale deve tale incidenza ad alunni di seconda generazione». Tradotto, sono 121 su 57.177 le scuole dove gli studenti con cittadinanza non italiana sono almeno tre su dieci totali: lo 0,002%, una scuola ogni 473.

La tabella 44 (il rapporto si può scaricare qui a lato) elenca la distribuzione geografica delle scuole “oltre il limite”. Interessante è il confronto tra il dato che comprende le seconde generazioni e quello relativo solo agli alunni senza cittadinanza e non nati Italia (spesso di recente immigrazione): in entrambi è in testa la Lombardia, che però passa da 328 scuole considerando le G2, a 49, escludendole. In molte altre regioni la discrepanza è ancora più accentuata: in Emilia Romagna, che passa da 167 a sole 16 scuole oltre la soglia del 30%; in Piemonte, da 134 a 5, e in Veneto, da 130 a soltanto 2 istituti. Singolari, all’opposto, sono le situazioni in Trentino Alto Adige (da 29 a 18) e in Campania (da 14 a 4).

A conti fatti, le classi “troppo” multietniche ci sono, ma il Rapporto ne ridimensiona di molto i numeri. Dando alle G2 il ruolo che meritano (ancora prima della legislazione, che ritarda nel sancire i loro diritti): «Le seconde generazioni hanno in comune con i ragazzi italiani la stessa scolarizzazione, parlano quasi sempre la nostra lingua, hanno gusti e interessi uguali o simili a quelli dei loro coetanei italiani», recita infatti l’introduzione della pubblicazione ministeriale, «in genere non presentano criticità scolastiche diverse dagli studenti italiani. Li rende diversi la pelle, la religione, l’origine».

 

 

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