Economia

Gli ibridi spingono la cooperazione

Al via FareRete, l'evento organizzato da CGM che si propone come un "cantiere di innovazione sociale". Mettendo in vetrina i nuovi modelli di impresa, a cavallo tra cooperazione e mercato. Che già macinano numeri importanti

di Redazione

Non sono un esperimento in cerca di futuro, ma sono già realtà. A poco più di un anno dalla presentazione ufficiale, gli ibridi organizzativi del Gruppo Cooperativo Nazionale CGM che rappresentano un nuovo modello di impresa sociale hanno già dato i primi frutti: 74 ibridi della rete CGM, la più grande in Italia per cooperative sociali e consorzi, nel corso del 2012 hanno svolto attività e servizi in 16 regioni italiane per un valore economico di 50,7 milioni di euro.

I dati sono stati presentati oggi in apertura della due giorni di "Fare Rete, Cantieri per l’innovazione sociale", l’evento promosso dal Gruppo Cooperativo CGM per favorire l’innovazione in rete e diffondere la consapevolezza del ruolo dell’impresa sociale nello sviluppo dei territori in programma al Centro Congressi di Fondazione Cariplo a Milano.

Con un fatturato di 1,5 miliardi e oltre 350 milioni di investimenti per progetti e sviluppo (+19% nel triennio 2010-12), il Gruppo Cooperativo CGM continua a rappresentare un incubatore di innovazione e allo stesso tempo una risorsa per l’economia del Paese in tema di occupazione e sviluppo. In un periodo di forte crisi, nel triennio 2010-12, l’occupazione nelle 949 cooperative e 74 consorzi territoriali è cresciuta del 3%: per garantire i servizi essenziali di welfare a oltre 900.000 famiglie italiane, CGM impegna quotidianamente 43.011 lavoratori, di cui 68% donne e 7% stranieri.

«Le nostre cooperative sociali hanno mostrato una buona resistenza alla crisi e, pur risentendone in termini di fatturato e marginalità, mostrano, insieme a tutto il settore di riferimento, una tenuta ancora migliore rispetto al resto dell’economia del Paese e una flessione occupazionale nell’ultimo anno molto inferiore rispetto a quella relativa all’insieme delle imprese italiane» ha dichiarato Stefano Granata, Presidente di CGM. «Affrontiamo il futuro indicando nuovi modelli di impresa tra cooperazione e mercato, sia all’interno alla nostra rete ma anche a tutti coloro che accetteranno la sfida dell’innovazione».

In quello che da più parti è considerato l’annus horribilis della cooperazione sociale, CGM, forte di una tenuta della propria rete, continua a perseguire la sua mission sia attraverso modelli tradizionali di impresa, sia dando vita a vere e proprie start up sociali che superano la storica omogeneità di governante e dei settori di intervento. Gli ibridi nascono proprio per far fronte alla crisi dell’attuale sistema di welfare che non è più in grado di generare le risposte all’evoluzione di bisogni e povertà. Si tratta di forme nuove di impresa con mission sociali (come le imprese non profit) ma in grado di produrre allo stesso tempo un reddito da attività commerciale per poter proseguire la mission stessa (come le imprese for profit).

La nuova stagione della cooperazione sociale è solo all’inizio: il 42% degli ibridi della rete è in fase di espansione, il 35% in fase consolidata e il 19% è rappresentato da start up. Questo terreno fertile è frutto di un’apertura di nuovi mercati in settori chiave del welfare che generano propensione all’investimento e attrazione di risorse: gli ibridi si occupano infatti dei nuovi bisogni dei cittadini o di quelli che non trovano più adeguate risposte, confrontandosi con nuovi mercati di riferimento. Sono ambiti e settori generalmente sconosciuti al Terzo Settore e al di fuori dei confini delle attività tradizionali della socialità: sanità leggera, turismo e promozione culturale, filiere locali enogastronomiche e artigianali, energie rinnovabili, hosting sociale, logistica. Il processo di ibridazione all’interno di CGM è stato indagato da una ricerca di prossima pubblicazione realizzata da AICCON (Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit), il Centro Sudi dell’Università di Bologna.

«Alcuni tra gli ibridi della nostra rete hanno costituito imprese sociali nuove, fondazioni o soggetti profit, scegliendo per la prima volta una forma giuridica diversa dal consorzio e dalla cooperativa sociale» ha concluso Granata. «Le imprese innovative hanno dunque dovuto assumere talvolta forme organizzative completamente nuove ed estranee alla naturale vocazione delle imprese da cui sono state generate per poter gestire prodotti, servizi e partnership nuove».

A Fare Rete il Consorzio ha lanciato anche una piattaforma operativa di formazione e consulenza per le realtà di CGM che vorranno consolidare i propri progetti innovativi e lanciare nuove start up nel corso del 2014.

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