Volontariato

Gli euro assenti

Agli europei l’Europa interessa ancora? Dopo il voto che ha visto percentuali record di assenteismo é questa la domanda che assilla tutti gli osservatori.

di Ettore Colombo

Le elezioni hanno evidenziato un deficit di democrazia», denuncia il rappresentante delle Acli a Strasburgo, Luca Jahier: «Se non si inverte la rotta siamo destinati a diventare solo una grande area di libero mercato, senza vincoli politici e senza politica sociale comune. Le scadenze che ci attendono sono decisive: il patto di stabilità in autunno, che riguarda anche i nuovi entrati, e il bilancio, fondamentale, visto che con i bilanci attuali l?Europa non fa molta strada».
Come hanno risposto su questi temi i partiti in lizza per le elezioni? Semplicemente, non hanno risposto. Le analisi sul voto riguardano solo e soltanto le ricadute nazionali. Dell?Europa in quanto tale non parla nessuno o quasi. Ne abbiamo chiesto conto a studiosi di diverso orientamento: il costituzionalista Stefano Ceccanti, di estrazione cattolico-sociale, uno dei più ascoltati consiglieri del riformismo all?italiana; il vicedirettore dell?Istituto Cattaneo di Bologna e docente di Scienza della politica, Sebastiano Vassallo e il politologo Marco Revelli, commentatore di Vita e vicino ai movimenti.
«Il prossimo parlamento europeo è più frammentato del previsto», dice Ceccanti. «Vi siederanno 70 eletti (il 10%) di difficile collocazione, autonomi da ogni schieramento. Dall?altra parte, le due grandi famiglie europee, Ppe e Pse, si equivalgono. La funzione decisiva, di cerniera, sarà quella dei liberali, che con 70 eletti potranno essere un ponte. Di certo, la ventilata intesa istituzionale tra Ppe e Pse (ai socialisti la presidenza del Parlamento, ai popolari quella della Commissione), è una scelta obbligata, se si vuol varare la nuova Costituzione ». Sull?Italia, due dati interessanti li sottolinea Vassallo: la partecipazione al voto che, a fronte del calo negli altri Paesi, «da noi è aumentata in modo inatteso, segno dell?alta politicizzazione interna del voto. E la sostanziale non volatilità dell?elettorato, che dimostra un tasso di continuità nel tempo e nei comportamenti superiore ad altri Paesi. Il rapporto centrodestra-centrosinistra», continua Vassallo, «rimane stabile: i travasi tra i Poli sono minimi».
Nemmeno il tema guerra ha mobilitato, per Vassallo, «anche se al listone il voto sulla mozione di ritiro dall?Iraq ha consentito di limitare i danni alla sua sinistra». Proprio sulla forza nascente della sinistra alternativa interviene Revelli, che nota come «l?unica vera novità di questa campagna elettorale, insieme al crollo di Berlusconi, non è un listone dal profilo debole e deprimente, ma la scommessa coraggiosa di Bertinotti, che ha puntato a costruire un vero partito della sinistra europeo e ha chiesto di superare antichi confini, ad esempio facendo della nonviolenza un tema dirimente». Resta infine aperto il problema del rifiuto dell?Unione nei Paesi di nuovo ingresso e in Gran Bretagna, «con quel 20% alla lista anti-euro che fa temere per il prossimo referendum sulla moneta unica e sulla Costituzione più che sulla tenuta di Blair», spiega Ceccanti. Ecco perché una riforma del sistema politico europeo è improcrastinabile: «Ppe e Pse devono mettervi mano al più presto». Gli eletti italiani li aiuteranno?

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