Mondo
Gli entusiasti e gli scettici
La stampa italiana racconta la vigilia del giuramento fra speranza e distacco
È il giorno di Obama e del popolo americano, e la stampa italiana fornisce molti elementi di riflessione e di analisi a poche ore dal giuramento del nuovo presidente degli Stati Uniti: prevale un certo scetticismo, tutto europeo.
E inoltre la rassegna stampa oggi segnala:
Su Obama presidente il CORRIERE DELLA SERA prende decisamente posizione con un editoriale in prima pagina a firma dell’economista di area Pd Michele Salvati sotto il titolo “Non sarà una vera svolta”. Scrive Salvati: «Un uso strumentale di misure keynesiane, un aumento temporaneo del ruolo della stato nell’economia, non sono ancora una svolta verso un nuovo regime: se lo sviluppo si riavvia in tempi non troppo lunghi, i consiglieri economici di Obama saranno soddisfatti di tornare alla normalità, il regime neoliberale del quale sono stati fra i principali protagonisti…Sicuramente sarà difficile aggredire alcuni squilibri di fondo dell’economia e della società americana, sui quali Obama ha promesso di intervenire: l’estrema polarizzazione nella distribuzione del reddito o lo scandalo di un sistema sanitario costosissimo e ingiusto, per dire i principali». La squadra di Obama è illustrata alle pag 8 e 9 con un efficace schedone. Al centro con la palla da basket un energico Obama. In testa ai Ruoli chiave invece il neo direttore della Cia, Leon Panetta, seguito dal 49enne Rahm Emanuel, il filoisareliano a capo dello staff presidenziale. Terzo della lista James L. Jones, 65 anni consigliere per la sicurezza nazionale. La sua strategia? Meno Iraq, più Afghanistan.
“America in festa per il giuramento di Obama”: è il titolo in apertura de LA REPUBBLICA, che alla cronaca accompagna due editoriali (e questo la dice lunga sulle attese). L’inviato Mario Calabresi descrive la giornata di ieri del neo-presidente (che ha fatto l’imbianchino per i poveri; mentre il vice Biden ha fatto il carpentiere per una ong che si occupa di homeless). Il suo pezzo è intitolato “Oggi Obama cambia la Storia «Io un nero, giuro per tutto il popolo»”. Il primo presidente nero ha detto ieri che giurerà «nel nome del reverendo King perché i nostri destini sono inestricabilmente legati l’uno all’altro e se vogliamo avanzare nel nostro cammino dobbiamo marciare tutti insieme». Obama è del tutto consapevole della portata anche simbolica del suo mandato: «C’è un’intera generazione che crescerà dando per scontato che il più importante ufficio al mondo è occupato da un afroamericano. Questa è una cosa radicale: cambierà il modo in cui i bambini neri guardano a se stessi e cambia anche il modo in cui i bambini bianchi guardano a quelli neri». Di contro sempre Calabresi, in una breve riferisce che alcuni manifestanti hanno lanciato le loro scarpe nel giardino della Casa Bianca: omaggio a Bush, in riferimento a quanto fece il cronista iraniano in una conferenza stampa a Bagdad il mese scorso… Per Vittorio Zucconi “Oggi finisce il razzismo” (e il titolo dice tutto: superata la discriminazione, almeno a livello di consapevolezza, oggi la maggioranza degli americani afferma di valutare una persona per le sue caratteristiche e non per il colore della sua pelle), mentre Nadia Urbinati descrive “Il sogno di una nazione”: la fine dell’ideologia liberal (che fece a dire a Reagan «il governo non è la soluzione dei problemi: esso è il problema») e il rilancio del sogno americano, del New Deal…
LA STAMPA apre con cinque pagine dedicate all’ingresso di Barack Obama alla Casa Bianca. Il neopresidente ha affidato alle colonne del “Washington Post” l’interpretazione dell’ “evento radicale” della propria presidenza e l’ha fatto nel giorno in cui l’America ricorda il reverendo Martin Luther King, simbolo delle battaglie per i diritti civili. A offrire una chiave di lettura è il corrispondente Maurizio Molinari da New York: «E’ l’idea dell’America che “diventa una” a segnare l’approccio dell’inaugurazione», scrive. Obama ha fatto riferimento a un’unità “spirituale” fra le generazioni che hanno lottato per i diritti civili, con il richiamo a King, all’unione interrazziale («cambia il modo nel quale i bambini neri guardano a se stessi e cambia anche il modo in cui i bambini bianchi guardano a quelli neri»); alla tensione verso l’unità anche in politica, per risolvere i problemi del Paese («Spero che il modello di interazione fra persone che non sono come noi, e non la pensano come noi, possa riuscire a cambiare il carattere della nostra politica»).
Da segnalare anche l’intervista ad Aretha Franklin, che il quotidiano di Torino pubblica a tutta pagina. La cantante soul canterà davanti a 3-5 milioni di persone, tante sono quelle attese alla cerimonia di insediamento. «Cosa dirà ad Obama?» chiede il giornalista alla fine del colloquio telefonico. «Tante congratulazioni e non perdere di vista Dio» risponde Aretha. «Cosa vuol dire?», «Che in tutte le faccende quotidiane bisogna riconoscerlo». E aggiunge: «Non ho voglia di articolare meglio questa idea, di sezionarla in pezzi, si tratta solo di viverla». Il suo credo cristiano è stato importante? «Certo. L’essere umano non può vivere di solo pane».
Sulla politica estera La Stampa pubblica un intervento di Lucia Annunziata sul “dossier Iran” che sarà uno dei punti più delicati che Obama dovrà affrontare. Secondo indiscrezioni del “Guardian” la nuova amministrazione avrebbe anche intenzione di abbandonare la dottrina Bush sull’isolamento di Hamas per aprire un canale con il gruppo. Un canale, non un rapporto diretto. Che quindi dovrà inevitabilmente passare per una qualche relazione con l’Iran.
Su IL SOLE 24 ORE due pagine fitte sull’insediamento, titolo obbligatorio: “Due milioni per l’Obama day” e una interessante mappa di come cambia il potere a Washington con il nuovo presidente. Titolo: “La carica dei nuovi lobbisti”, tanto per spezzare qualche sogno di troppo… Davvero interessante, comunque, il pezzo di Mario Platero, che pare si sia imbucato in tutte le cene della settimana a Washington: nella capitale Usa infatti ruotano qualcosa come 22mila lobbisti, esponenti dei più svariati interessi, che in questi giorni sono in fibrillazione totale per il cambio di presidente. Giustamente nota il Sole: «Sono queste le giornate decisive in cui un incontro, un contatto giusto può tradursi in una nomina», e quindi via, caccia alla cena, al party, al cocktail con questo o quell’esponente dello staff, su su fino al vicepresidente Joe Biden, che ha dato un dinner ieri sera; ci sono però anche le feste informali, forse addirittura più importanti. Qui si cita il party di Maureen Dowd, editorialista del New York Times, che ha radunato il bel mondo di Hollywood e dintorni, oppure la cena data da Jane Hartley, consulente di New York e moglie di un grande finanziere, zeppa di banchieri. E anche se Obama ha già detto che per lui i lobbisti sono «out», nessuno ci crede davvero. Su fronte celebrativo, invece, bell’articolo sull’arte oratoria di Obama, sua arma vincente. Analisi un po’ sopra le righe per la verità… Eccone uno stralcio: «I suoi discorsi (di Obama, ndr) sono elettrizzanti, pieni di una retorica estremamente formale, di quella ravvisabile nei filosofi antichi e negli studiosi del trivio medievale».
Curiosità italo-americana su ITALIA OGGI: il primo brindisi di Obama in occasione dell’Inauguration day di ieri sera, è stato con un vino made in USA ma di proprietà italiana: Gianni Zonin. La notizia giunge dal sito winenews. Si tratta di due rossi: il Cabernet Franc Riserva 2006 e l’Octagon ottava edizione 2005, prodotti in una delle tenute oltre oceano della famiglia Zonin dal 1976 quando il presidente della casa vinicola vi arrivò per la prima volta. La proprietà di Bardoursille Vineyards, in Virginia, è la stessa terra che Thomas Jefferson defini “Piedmont Region” e nella quale l’ex presidente Usa progettò e fece costruire un’imponente villa in stile palladiano.
IL GIORNALE in copertina avverte “Attenti, è cominciata l’era del faraone nero” e nell’occhiello spiega “Già oscurate le promesse di rottura: Obama per superare la crisi ha abbracciato i poteri forti”. L’avvertenza è di Maria Giovanna Maglie che parte dal tema del discorso del neopresidente che sarà sulle responsabilità che ognuno dovrà prendersi. Da qui la Maglie passa in rassegna le promesse della campagna elettorale che, secondo lei, Obama non riuscirà a rispettare. Il primo segnale «è il rapporto preferenziale con i democratici moderati rispetto ai liberal e ai kennediani. Queste necessità rappresentano un’altra grande contraddizione rispetto alle promesse di novità e rottura con il passato». E infine: «Alle abituali frasi retoriche che accompagnano ogni insediamento si uniscono questa volta quelle rumorosissime della speranza di un cambiamento immediato». Giuseppe de Bellis invece fa il controcanto “Ma io vi dico che Barack sorprenderà tutti” perchè «il presidente si presenta con un gradimento dell’89% degli americani. Ovvio che tutti lo amino, non ha ancora lavorato. Ma non ad ogni presidente è successa la stessa cosa, non a ogni giuramento anche chi ha votato contro alle elezioni approva il nuovo leader. L’America crede in Obama per le promesse che ha fatto e perchè sa che alcune di quelle stesse promesse non le manterrà. il cambiamento è lui, non l’America, quella non cambierà». A pag. 6 e 7 “Troppi numeri uno nella nuova amministrazione” analisi con tanto di infografica dello staff. Fiamma Nirenstein difende Bush e spiega “Ecco perchè mi disgusta il coro anti-Bush”. Curiosità: il discorso che leggerà è nato sui tavoli dello Starbucks tra musica pop e caffè. Autore è Jon Favreau, il 27 enne che da 4 anni scrive tutti i discorsi di Obama. A pag. 7 le parole che hanno fatto storia, rassegna dei discorsi che sono entrati nella storia.
IL MANIFESTO dedica tre pagine all’insediamento di Obama aperte in prima da una vignetta di Vauro: “La Gaza Bianca” con il disegno di una Casa Bianca sinistrata e fumante. “Tutti in attesa” è il titolo dell’editoriale di Marco d’Eramo: “«Ricordati che morirai! Guardati attorno! Ricordati che sei solo un uomo!». A mezzogiorno qualcuno dovrebbe ripetere a Barack Obama proprio queste parole che nell’antica Roma un apposito schiavo sussurrava al generale trionfante. In effetti, l’odierno rito che si celebra oggi a Washington può essere paragonato solo al trionfo dei condottieri romani: non c’è l’alloro, ma c’è la diretta planetaria”. Nelle pagine interne (2-3 e 4) con il titolo principale su “Obama day La Sfida” un articolo di due colonne è dedicato alla squadra “Un «dream-team enigmatico. Sfilano i ministri”. «Dopo la prima raffica di nomine – scrive Giovanna Pajetta nell’articolo – l’economia, la difesa, la sicurezza nazionale più di uno ha storto il naso. Troppe facce già note, già viste (e non sempre con piacere) ai tempi di Bill Clinton, troppi uomini, o donne, di centro o addirittura di destra (… )». Scrivendo poi della seconda tornata «Sono comparsi personaggi fino al giorno prima sconosciuti (nei circoli di Washington s’intende). Arne Duncan ad esempio, fino a ieri a capo delle scuole pubbliche di Chicago e oggi ministro dell’istruzione che annuncia di voler dialogare sia con il potente sindacato degli insegnanti che con i meritocratici “riformatori”. Soprattutto però, fa faville, quantomeno sulla carta, il “green team” di Barack Obama (…) Niente male, se si aggiunge poi un’altra nomina, forse ancora più preziosa, per noi di sinistra, quella di Hilda Solis, futuro ministro del lavoro, giovane, ispanica californiana».
“L’America pronta a «incoronare» Obama”, così titola AVVENIRE nel giorno del suo giuramento. Barack ha voluto trasformare l’anniversario della nascita di Martin Luther King in una giornata di servizio, passandola insieme alla moglie in un centro d’accoglienza per i poveri della capitale. E milioni di americani hanno seguito il loro esempio offrendo una mano alle oltre 10mila associazioni di volontariato aderenti all’iniziativa. Si inaugura così una «nuova stagione di responsabilità e della solidarietà», con un carismatico Obama che invita i cittadini a rimboccarsi le maniche e che, probabilmente, come dice Rosabeth Moss Kanter, docente all’Harvard Business School, sceglierà di adottare una «parola che pochi presidenti hanno avuto il coraggio di pronunciare: “sacrificio”». Come dire, inutile indorare la pillola. Russel Mead, fra i principali specialisti di politica estera americani, sostiene che anche in materia di diplomazia Obama sarà un presidente pragmatico e realista. In politica estera, dice, vedremo qualche cambiamento ma nulla di radicale: chiusura di Guantanamo a parte, ci sarà una sostanziale continuità con la linea tracciata dalla seconda amministrazione Bush (è pur vero che il presidente uscente viene identificato più con il suo primo mandato che con il secondo), dalla quale Obama si discosterà solo per quanto riguarda le manifestazioni più estreme. È d’accordo Marco Olivetti, che in un editoriale in seconda pagina tratteggia un bilancio in chiaroscuro dell’operato Bush («difficile che possa essere rimpianto»), ma frena sulle eccessive aspettative nei confronti di Obama («Domani non sarà un mondo nuovo»).
E inoltre sui giornali di oggi:
COCAINA
CORRIERE DELLA SERA – Fallimento per il piano di estirpazioni in Colombia. Le coltivazioni in un anno sono aumentate del 27% e un ettaro di coca adesso vale dalle 10 alle 15 volte in più di un ettaro di caffè.
LA STAMPA – “Un tiro di coca sullo specchio del motorino” titola sul consumo di droga a scuola. Il calo dei prezzi attira i ragazzini. E, esaurite le scorte di cocaina, sta tornando l’eroina. I dati sono quelli di un’epidemia: in Italia ci sono almeno 2 milioni di consumatori di cocaina, un terzo sono abituali. E tra i giovani e giovanissimi il consumo è in crescita secondo il quadro che ne danno le associazioni, tra cui la Comunità Nuova di don Gino Rigoldi.
CLOCHARD
CORRIERE DELLA SERA – Ieri notte l’ultimo morto di freddo a Milano. Claudio, 42 anni, è spirato su una panchina di piazza Durante. Negli ultimi giorni i morti sono stati cinque. Mariolina Moioli, assessore alle Politiche sociali lancia la proposta del trattamento sanitario obbligatorio per chi rifiuta il dormitorio. «Dicono anche – riporta il quotidiano – che abbia spronato tutti anche con sonore sgridate: più controlli, più presenza». L’opposizione però non ci sta: sul Tso giudicato «inapplicabile», e sulla chiusura dei dormitori ai clandestini: «Accogliamo chiunque, basta con le polemiche sterili». Don Rigoldi: i clandestini temono di essere identificati. Intanto la comunità di Sant’Egidio organizza una veglia di preghiera per «le vittime di una strage».
LA REPUBBLICA – “Milano, strage di clochard per il freddo, accuse al Comune «Basta indifferenza»”. Sono sei i morti in dieci giorni. L’ultimo stanotte, appena 42enne. Oggi in centro arrivano le tende riscaldate. Il comune rifiuta però di aprire i mezzanini delle metropolitane come chiedono le associazioni di volontari. Fra gli intervistati Don Roberto Davanzo, Caritas ambrosiana: «Milano ha una galassia di realtà che si occupano degli ultimi, però queste risorse andrebbero meglio utilizzate, meglio gestite dalla pubblica amministrazione».
MIGRANTI
IL MANIFESTO – A pagina 10 un articolo sulla presentazione del rapporto Ismu 2008 sull’immigrazione: Manuela Cartosio nell’articolo intitolato “Danno più di quanto ricevono” scrive «Danno più di quanto ricevono, ci servono, però è il momento di mettere in discussione l’assioma dell’immigrazione come convivenza. (…) Perché le aziende italiane assumono gli immigrati? È proprio vero che lo fanno perché non trovano italiani disponibili? Laura Zanfrini, docente alla Cattolica, ha parecchi dubbi in proposito. “(…) Si spiega semmai con la ricerca di una manodopera a buon mercato e con la propensione a riprodurre le tendenze all’etnicizzazione che hanno mestieri e settori” Detto altrimenti: se le imprese pagassero di più, gli italiani disposti a fare quei lavori ci sarebbero». La Cartosio chiude l’articolo riportando una frase della ricerca: «”È necessario che il ritmo dei nuovi ingressi vada di pari passo con le capacità della società ospite… Altrimenti, il fenomeno potrebbe accrescersi a ritmi patologici col rischio di generare più problemi di quanti sia in grado di risolvere”. Di nuovo, il linguaggio è soft, ma la ricetta non è molto diversa da quella leghista (o di un Pd eventualmente al governo). Ma non sarà Maroni a fermare i migranti. E neppure, senza offesa, l’Ismu».
VITTIME CIVILI
LA REPUBBLICA/R2 – Focus sul ruolo delle organizzazioni internazionali nella difesa dei diritti umani. Antonio Cassese ripercorre la storia del “prezzo assurdo delle guerre”, cioè i civili, aiutati dalle ong e dalle organizzazioni che tentano di «umanizzare» la guerra. E propone un sistema di sanzioni per chi colpisce i civili (monitoraggio delle organizzazioni, risarcimento dei danni concreti)…
PRODI
LA STAMPA – Un pezzo su Romano Prodi, dopo che Giulio Tremonti da Fabio Fazio su Rai3 ha elogiato un articolo del Professore. C’è un clima di rivalutazione un po’ da tutte le parti, scrive il giornalista. Ma al telefono Prodi dice che non ha intenzione di ritornare sulla scena della politica attiva, in Italia. In questi giorni è stato in Messico, a New York e a Il Cairo per l’Onu. Nessuno è profeta in patria, si legge fra le righe.
ALPINISMO
IL GIORNALE – Il cronista Cristiano Gatti propone la patente per chi vuole fare alpinismo. Si tratterebbe di fare un test di idoneità. Contro le scuole di alpinismo con corsi di poche ore si scaglia Messner che sostiene che gli incidenti sono causati dall’uomo, dalla sua superficialità o da suoi errori.
CLIMA
AVVENIRE – “Riscaldamento globale. E il freddo? Due esperti a confronto”. L’inverno rigido è stato invocato come smentita delle previsioni pessimistiche sul global warming, ma la controversia rimane aperta, dividendo gli scienziati del mondo. Vincenzo Artale, capo del laboratorio di modellistica climatica dell’Enea, nonché penna del capitolo 5 dell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (l’Onu del clima), sostiene che l’innalzamento della temoeratura c’è e guai a sottovalutarne gli effetti. Più scettico Guido Guidi, volto noto del meteo Rai e studioso del clima (popolare il suo blog “Climat Monitor”), secondo cui non c’è aumento degli eventi meteorologici estremi e dal 1998 vi sarebbero perfino segnali di “raffreddamento”.
ELUANA
AVVENIRE – Il ministro Sacconi non si fa intimidire dall’iscrizione nel registro degli indagati e rivendica la legittimità del suo atto: «non sono Ponzio Pilato». Pier Ferdinando Casini si dice dalla parte del ministro senza se e senza ma: «Mi verrebbe da dire che è quasi uno scherzo la notizia dell’indagine giudiziaria». Anche tutto il Pdl fa quadrato intorno a Sacconi, a cominciare da Renato Quagliarello che risponde a Veltroni (il quale aveva affermato: «si tratterebbe di una cosa molto grave che un ministro dica a un ospedale “Se fate questo vi facciamo ritorsioni di carattere amministrativo”») dicendosi amareggiato per la posizione del leader del Pd, che «non fa onore alla sua esperienza nella politica e nelle istituzioni».
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