Welfare

Gli assessori socialmente utili

Un piede nei palazzi della politica e unosulla strada. I responsabili del "sociale" negli enti locali sanno che il Welfare dipende soprattutto da loro.

di Mariateresa Marino

Dai banchi delle amministrazioni locali a quelli dell?università. Studenti ?sui generis?, quelli che assisteranno alle lezioni del 14 e 15 giugno all?Università di Ancona. Sono amministratori che invece di sentirsi arrivati scelgono di aggiornarsi. E capiscono che c?è ancora molto da imparare. In tutto si tratta di circa duecento responsabili comunali e regionali alle politiche sociali, che parteciperanno al seminario di formazione per ?assessori sociali? organizzato dal Cnca, il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza e dalla Facoltà di economia dell?ateneo di Ancona. Ascolteranno lezioni su emarginazione, degrado, emergenze sociali fatte da economisti, sociologi, sindaci e operatori del volontariato. Questa degli assessori sociali, la ?cenerentola? a cui il più delle volte spettano soltanto i resti delle casse comunali, è una categoria di politici ?di confine?. Vicini ai centri di potere ma allo stesso tempo profondi conoscitori della realtà che li circonda. «Stare più in strada e meno nei palazzi è una necessità» afferma con tono deciso Raffaele Zanon, assessore alle politiche sociali della regione Veneto: «Solo chi conosce i problemi reali può misurarne la gravità. In ogni caso, la politica sociale non è giocoforza sinonimo di disgrazie e di emergenze, ma di progettualità e modernità». D?accordo, ma le risorse? Notoriamente poche e mal distribuite. «Questa è ancora una realtà drammaticamente vera così come lo è la lungaggine della burocrazia. In questo senso, l?unica strada percorribile è la capacità di realizzare progetti, razionalizzando i fondi disponibili». Ma razionalizzare non sempre è facile quando si è di fronte alle emergenze. Intere famiglie sfrattate che occupano le aule di vecchie scuole inutilizzate, campi nomadi da attrezzare in mezzo alle città e, cosa ancor più difficile, da far accettare agli abitanti dei quartieri. E poi l?emarginazione che cammina e vive per strada, le prostitute, i senza dimora. Lo sa bene Amedeo Piva, assessore alle politiche sociali del Comune di Roma, con un passato da volontario alla Caritas. «Da quando faccio questo mestiere ho conosciuto ancor di più questa città e i suoi luoghi di desolazione ». Ma come, un politico che invece di parlare di ?ruolo pubblico? parla di mestiere? «Non si può fare l?assessore sociale, in piccole come in grandi realtà cittadine, se non lo si considera un mestiere, un? attività svolta sul campo, un laboratorio di idee da accordare ai bisogni difformi e complessi della realtà». E continua, focalizzando la diversità di questo assessorato rispetto agli altri: «È un mestiere affascinante perché permette di mettere in moto sinergie che vanno al di là delle proprie competenze. Per risolvere il problema degli sfrattati, ho bisogno della collaborazione dell?assessorato al patrimonio pubblico, ma anche della sanità e così via. Un problema sociale non si risolve mai all?interno di questo specifico settore». Chissà se a questi assessori confà più l?abito dell?amministratore ?tout-court? o quello dell?operatore sociale alle prese con conti e bilanci. «Un po? dell?uno e dell?altro» dice Gianni Pensabene, un ?esterno? chiamato nella giunta comunale di Reggio Calabria ad occuparsi di politiche sociali e lavoro. «Un binomio paradossale per una città come Reggio, che ha come prima emergenza i giovani disoccupati di lunga durata». A cui si aggiungono i malesseri comuni a tutte le città, la tossicodipendenza, la povertà non più nascosta ma ?esposta? in una periferia sempre più prossima alla città. Pensabene proviene dal mondo del volontariato e sulle peculiarità di un compito come il suo non ha dubbi: «Ci vuole una sensibilità speciale, uno sguardo che attraversi la realtà e non si fermi alla superficie». La domanda si ripete. E i soldi, che sembra non bastino mai? L?assessore reggino non ha dubbi: «Creare un fondo di solidarietà nazionale è una necessità improrogabile, che deve anche accordarsi con i progetti federalisti per il nostro Paese. Autonomia alle Regioni e ai Comuni sì, ma senza far ricadere su di essi l?intero peso economico di interventi sociali talvolta imponenti». 14-15 giugno 1997. Seminario di formazione “Assessore sociale”, aula magna Università di Ancona.


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