Mondo

Gli aiuti col naso rosso

Il diario della volontaria clown Alessandra Pierattelli per vita.it

di Daniele Biella

Alessandra Pierattelli, milanese di 35 anni, è da sabato 18 aprile nelle zone terremotate dell’Abruzzo.Il suo ruolo è quello di clown, e la sua arma bianca nel supportare le persone che incontra è la “terapia del sorriso”. Fa parte dei nasi rossi della Fnc, Federazione nazionale clown-dottori. In particolare, Alessandra (laureata in arte al Dams e oggi formatrice nelle scuole per Avs, associazione di volontariato giovanile Veronica Sacchi di Milano) si muove tra le tendopoli di Sassa, Tempera e Coppito. Nell’ultimo giorno della sua permanenza, abbiamo chiesto alla ragazza di scrivere, ancora a caldo, una “pagina di diario” in cui raccontare quello che fa. E quello che vede, sente, condivide con i terremotati.

In Abruzzo ci sono arrivata per un bisogno ben definito: esserci, a fianco di chi ha perso tutto. E, nello stesso tempo, portare aiuto con un tipo di approccio diverso da tutti gli altri, quello del clown. Prima di partire mi sono chiesta: “chissà se serve, nell’emergenza, aiutare con il naso rosso?”. La risposta è arrivata già dopo i primissimi incontri. Serve, eccome. E la richiesta di supporto è enorme.

Serve ai bambini, che paradossalmente sono quelli che sembrano stare meglio di tutti: la maggior parte delle persone pensa a loro, gli scout, gli altri volontari, hanno giochi in abbondanza, vivono momenti spensierati. Ma sono molto, molto nervosi: si arrabbiano per qualsiasi motivo, reagiscono in maniera esagerata, nel bene e nel male. Essere a loro fianco come clown significa rappresentare una valvola di sfogo (il loro bisogno di contatto fisico è incredibile) per la loro nuova quotidianità che è traumatica, perché quella di prima si è persa da un giorno all’altro. Sono convinta che una certa “normalità” tornerà solo quando ci sarà di nuovo scuola. Anche per questo, a Coppito, nella biblioteca, stiamo supportando gli insegnanti a riprendere le lezioni, poco alla volta.

Poi ci sono gli anziani. Avere al fianco un naso rosso serve a loro ancor più che ai bambini, questo non me lo aspettavo. Passiamo con loro gran parte delle nostre giornate. Ad ascoltarli, prima di tutto: hanno molto da raccontare. “È stata una tremenda botta, fuori e dentro”, mi dice un’anziana minuta. Chissà cosa si porta dentro. Il suo sguardo, come quello della maggior parte delle persone anziane quaggiù, è rivelatore. Passato il tempo della prima emergenza, stanno vivendo una situazione di transito angosciante: i danni sono gravi, le case sono perse. Ma non vogliono andarsene troppo lontano (sulla costa sono andate soprattutto le famiglie con bambini), il loro mondo è sempre stato qui. Soprattutto per gli abitanti delle frazioni, rimangono gli animali, che ogni giorno vanno a trovare e a dar da mangiare.

Due giorni fa un’altra signora, almeno ottantenne, mi ha fatto, emozionata, una richiesta ben precisa: “Dai a Cocosca un bacio grande quanto lei”. Cocosca è la volontaria clown che mi ha preceduto (siamo presenti in otto a settimana). Da questo prendi gli stimoli per continuare a fare il tuo ‘lavoro’ di clown quaggiù. Non serve solo far ridere queste persone (basta talmente poco!), il naso rosso questa volta non racconta nessuna barzelletta, non fa nessuno scherzo, piuttosto ammette i propri limiti. Ma con uno sguardo verso l’alto: “ti e successo tutto questo, ma guarda che begli occhi che hai”. Basta una frase come questa, per vedere, a volte, rinascere la speranza.

Il nostro operato, a prima vista invadente, può riservare sorprese: le persone, una volta concessa la fiducia (non sempre facile all’inizio), si aprono molto, e le informazioni che ci danno, anche personali, che a volte non riescono a volte a dire a nessun’altro volontario, le possiamo poi scambiare con gli addetti protezione civile, gli scout, gli psicologi. La sera, sia tra di noi clown che con gli altri volontari ci confrontiamo molto. La sensazione è quella di essere un ‘collante’, che segnala problemi a volte nascosti da tanta emotività e che mette ancor più in comunicazione gli sfollati con le varie realtà di volontariato delle tendopoli.

Ci teniamo alto il morale a vicenda, che non è sempre dei migliori, perché spesso ti trovi a non poter dare risposte concrete a molte domande: qua la situazione è difficile davvero, non basta la vicinanza umana per ricostruire il tutto, servono precisi impegni organizzativi, e scelte politiche adeguate.

Ma in questo momento sono estremamente felice di essere in Abruzzo. Non mi dispiace dirlo. Piove, fa freddo, ma tra queste tende (che ricordano un po’ le stanze degli ospedali, ognuna con all’interno una o più storie di vita) è condensato tutto il lavoro del clown, della sua missione di riportare il sorriso. Fra poco riparto per Milano, e arriverà il momento di raccogliere le idee. Non ho ancora potuto riflettere sulla mia presenza qui, ma di una cosa sono certa. Ho conosciuto queste persone, non le lascerò mai sole.

 

Fonte della foto d’apertura: Volontari Parco dell’Abruzzo

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