Famiglia
Gli affidi impossibili? Non esistono
Bisogna essere eroi per pensare di aprire la propria famiglia a un ragazzino di 15 anni, con una storia difficile alle spalle, che da nove sta in comunità? «Questo bambino in famiglia non può andare», a volte sono gli operatori stessi a dirlo. «Non ci può andare perché nessuno ci ha mai provato», replica l'associazione Kairòs, che ha accompagnato con successo l'affido di una decina di minori che sembravano destinati a restare per sempre in comunità
Entrare in una famiglia a 15 anni, dopo nove passati in comunità. Quando nella tua, a cinque anni, avevi già conosciuto il maltrattamento, la violenza assistita, la malattia psichiatrica. Dopo aver assistito all’abuso di tua sorella.
Impossibile per alcuni. Un miracolo per altri. Fra i due estremi, la caparbia pazienza di un uomo che sta riuscendo nell’impresa, grazie al sostegno di professionisti che ci credono e che hanno messo in piedi un percorso dedicato ai ragazzi con le storie più complicate, quelli per cui non ci sono le condizioni per rientrare in famiglia ma che allo stesso tempo, per ragioni diverse, è difficile anche collocare in affido. E così rischiano di restare in comunità per sempre, fino ai 18 anni, «mentre tutti sappiamo che un minore deve crescere preferibilmente in una famiglia».
L’Associazione si chiama Kairòs, ha sede a Granarolo dell’Emilia (BO) ed è nata nel 2013, fa parte del Coordinamento CARE, lavora con i servizi sociali dell’Emilia Romagna, della Toscana e sta iniziando a muovere qualche passo in Veneto. Il punto di partenza è stata l’esperienza fatta in prima persona da Monica Neri, che ne è la presidente. «Abbiamo visto che le famiglie, se sono adeguatamente supportate, ce la fanno».
"Adeguatamente" significa avere a disposizione un tutor H24, per 24 mesi: «perché le cose succedono in qualunque momento, di notte, il primo gennaio e quando sei in ferie all’estero», continua Monica. I percorsi difficili così diventano percorsi virtuosi: nascono come affidi e talvolta diventano adozioni in casi particolari. È quello che è successo a lei: «vent’anni fa facevo volontariato in quella che all’epoca era una casa famiglia e poi è diventata una comunità. Col tempo sono diventata presidente. In comunità a un certo punto c’era una bambina di 9 anni, stava in comunità da tre. Io avevo due figli di 14 e 7 anni e iniziai a portarla a casa la domenica, il pomeriggio dopo la scuola… Un giorno questa bambina mi disse “Ma se io volessi rimanere sempre qua, a casa vostra, a chi lo devo chiedere?”. La comunità è una cosa buona, ma la famiglia fa i miracoli. Abbiamo capito quanto la famiglia è terapeutica», racconta Monica. «Mi sono trovata così nel mondo dell’affido, ma sola. Da qui l’idea che le famiglie disponibili ci sono, ma bisogna aiutarle. Non esistono famiglie perfette, ma esiste la differenza che viene dal farsi aiutare. Allora sì può fare, altro che dire “questo bambino in famiglia non può andare”. Non ci può andare perché nessuno ci ha mai provato».
Attorno a Kairòs, che nel tempo è diventata anche una cooperativa sociale, oggi c’è un gruppetto di venti famiglie, con 4 tutor e Monica, che è conuselor relazionale, che fa da coordinatrice. C’è una psicoterapeuta, a sua volta mamma affidataria e adottiva e la supervisione di Marco Chistolini. Dal 2013 hanno inserito in famiglia una decina di minori, dagli 8 ai 15 anni, di cui l’ultimo proprio in questi giorni.
La comunità è una cosa buona, ma la famiglia fa i miracoli. Abbiamo capito quanto la famiglia è terapeutica
Monica Neri, presidente di Kairòs
Laura Salerno è una dei tutor. È lei che segue l’affido del quindicenne in affido da un single, dopo nove anni in comunità: un tempo lunghissimo, in cui lui si è abituato a bastare a se stesso. «Abbiamo fatto un percorso di avvicinamento, prima in comunità, poi un gelato insieme, poi un pranzo, poi siamo andati vedere la casa insieme, la prima cena a casa, il primo weekend… Dopo due mesi il ragazzino mi ha detto “Io voglio stare qui”. È importante, Kairòs è il dio del momento opportuno, aspettiamo che siano i ragazzini a scegliere, perché possano scegliere almeno una volta nella loro vita… hanno sempre subìto», spiega Laura.
E così è iniziata la nuova avventura, che ha comportato il trasferimento in una nuova città e in una nuova scuola. «È complicato. Lui è un ragazzino verbalmente e fisicamente aggressivo. Ci sono stati gravi episodi di maltrattamento nei confronti dell’affidatario, il primo gennaio sono intervenuta in emergenza. I miracoli non li facciamo, ma lavoriamo in maniera minuziosa. Due volte alla settimana, vado in casa: soprattutto a cena, perché è il momento in cui la famiglia si riunisce e vedi tutte le dinamiche… L’obiettivo non è trovare una famiglia, ma far stare bene il ragazzo: se non sta bene, la famiglia va cambiata. C’è stata una coppia affidataria che ora ha concluso il percorso di affido con una ragazzina adolescente, abusata dal patrigno, che si era dovuta prendere cura dei fratellini fin da piccola… la coppia insisteva sul “non ci ascolta, non chiede il permesso”, in sostanza una ragazzina così autonoma non colmava il bisogno di accudimento che la coppia aveva. Si sono fatti aiutare, è andata bene», racconta Laura. «E quando ricevo una telefonata, nel giro di un’ora sono lì. L’equipe di Kairòs si attiva anche in emergenza, non solo su appuntamenti fissi. Tutto questo fa la differenza».
Dopo due mesi il ragazzino mi ha detto “Io voglio stare qui”. È importante, Kairòs è il dio del momento opportuno, aspettiamo che siano i ragazzini a scegliere, perché possano scegliere almeno una volta nella loro vita… hanno sempre subìto
Laura Salerno, tutor
Emergenze. Come quando un affidatario ha chiamato Laura dicendo “Mi sta minacciano di andare dalla vicina a dire che lo picchio”. O quello che, in vacanza all’estero, ha telefonato dicendole “Domani rientriamo, organizzati perché non lo vogliamo più, ci ha picchiati, adesso è troppo”. O quelli che chiamano disperati perché il ragazzino è scappato di casa. «Devi intervenire nell’immediato, lavorando con il ragazzo da un lato e con la coppia dall’altro».
La scorsa settimana Laura ha pranzato con un ragazzo che ha concluso da due anni il percorso con Kairòs. È stato inserito in famiglia a 8 anni: «era uno di quei casi per cui l’inserimento in famiglia sembrava impossibile, scappava, insultava, ha rotto il braccio a un compagno di classe… è una persona completamente diversa. Storie così ti ripagano di tutto».
Per chi Kairòs può essere una strada? Per i ragazzini in preadolescenza o adolescenza, difficili da collocare in famiglia, da tempo in comunità, bambini e ragazzi con bisogni speciali – i cosidetti special needs – per i quali non è previsto un rientro nella famiglia biologica. Tanto che alle famiglie disponibili viene richiesto di avere anche una motivazione all’adozione. «È un percorso che punta a ricreare quella speranza/voglia di affidarsi di nuovo a qualcuno», afferma Monica. «Perché diciamolo chiaro, se ti tradiscono mamma e papà, il mondo diventa tutto fragile. Mentre se hai buone relazioni, pian piano tutto comincia a sistemarsi». Le parole con cui Kairòs traccia il suo percorso sono bellissime: "Prepariamo le famiglie ad accogliere e i minori ad essere amati». Che non è da meno.
Foto di copertina pixabay.com; le altre foto per gentile concessione di Kairòs
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