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«Giusto è chi non arretra dinanzi alla paura». Addio a Ivan M. Havel
Se ne va il fratello minore Václav Havel, informatico e scienziato che non si è mai risparmiato nella battaglia per libertà e diritti. «Una persona gentile, un baluardo per la società civile»: lo ricorda così Michael Žantovský, direttore della Havel Library, già portavoce e ministro nel primo governo post comunista dell'allora Cecoslovacchia
di Marco Dotti
«Un uomo gentile, sempre sorridente e utile agli altri». Queste sono le parole usate da Michael Žantovský per ricordare Ivan M. Havel. Tra i fondatori del Forum Civico, fratello minore dell'ex presidente Václav Havel, Ivan è stato uno scienziato e informatico che non si è mai tirato indietro quando si trattava di lottare per libertà e diritti.
Già direttore del Centro per gli Studi Teorici dell’Università di Carlo e dell’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca, ha insegnato nella Facoltà di Fisica e Matematica dell’Università Carlo IV, occupandosi soprattutto della scienza cognitiva. Una solida formazione e vocazione che non lo ha isolato né gli ha impedito – seguendo una lunga tradizione nella dissidenza dell'Est, ricca di scienziati e matematici – di dedicarsi all'empowerment della società civile. «Ultimo baluardo contro la barbarie», sosteneva Ivan.
Lo si ricorderà come un giusto. Ma chi è «giusto» in un mondo senza cuore? «Giusto», spiegava in un'intervista del 2013 concessa a Andreas Piralli, «è colui che è capace di guardare oltre i dettagli, che abbia dentro di sé il senso del bene e del male e che, posto di fronte ad un obiettivo di valore non retroceda di fronte agli ostacoli».
Parlando poi del lascito culturale del fratello Václav, Ivan Havel spiegava: «Secondo me si tratta di qualcosa di un livello superiore, ovvero la disponibilità, spesso anche il coraggio, di pensare in modo diverso dal comune. Allontanarsi dalla routine, dal modo comune di ragionare, avere il coraggio di pensare in modo alternativo assumendosi anche il rischio di fallire. In poche parole, superare le frontiere della banalità e dei facili stereotipi».
In Václav Havel, spiegava Ivan, «questo era particolarmente evidente se guardiamo al suo amore per le nuove direzioni nella cultura, l’arte e la scienza. Spesso gli viene rinfacciata la cosiddetta politica non politica, ma sono in pochi a capire correttamente cosa intendesse con ciò. Egli ebbe modo di esprimere i propri pareri politici nel saggio Il potere dei senza potere che però fu scritto durante il regime quando la parola “politica” aveva un significato molto diverso da quello che ha in democrazia. Oggi possiamo dire che la “non politicità” della politica va intesa più che altro come la serietà e l’onestà dello sforzo politico».
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