Welfare

Giustizia, spiragli per la gazia a Graziano Mesina

Il ministro Castelli sembra non essere contrario. Adesso il fascicolo passa all'attenzione di Ciampi

di Stefano Arduini

 L?istruttoria per la grazia chiesta dal bandito sardo Graziano Mesina sarebbe stata conclusa dagli uffici tecnici del ministero della giustizia con un parere favorevole alla concessione dell?atto di clemenza. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli – si è inoltre appreso – sembrerebbe non essere contrario alla grazia. Dal portavoce del Guardasigilli è arrivato un “no comment”. La parola finale spetterà comunque al Capo dello Stato quando il fascicolo arriverà alla sua attenzione. Mesina, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Voghera, aveva firmato la richiesta di grazia il 22 luglio del 2003. Sessantadue anni, di Orgosolo, Mesina ha trascorso circa 40 anni in carcere per il cosiddetto meccanismo del cumulo delle pene. Penultimo di dieci figli di Pasquale Mesina, pastore, e Caterina Pinna, Graziano (“Grazianeddu” per gli amici) fu arrestato la prima volta a 14 anni per porto abusivo di pistola e oltraggio a pubblico ufficiale. Ottenuto il perdono giudiziale, tornò in carcere nel maggio del 1960 per aver sparato in luogo pubblico. Risale proprio ad allora la prima evasione: scappò, infatti, dalla caserma dei carabinieri ma venne catturato e condannato a sette mesi. La “svolta” criminale arrivò la sera dell? antivigilia di Natale del 1961, allorché entrò in un bar di Orgosolo e ferì a colpi di pistola un pastore “reo” di aver sparlato della sua famiglia, accusandola del sequestro e uccisione di un possidente, Pietrino Crasta. Arrestato e condannato a 16 anni per tentativo di omicidio, “Grazianeddu” imboccò la via che, attraverso clamorose evasioni (da un treno, da carceri e caserme) e i primi sequestri di persona, ne fecero la “Primula rossa” del banditismo sardo. La sua “leggenda” (si parlò allora di periodiche visita in paese per incontrare ragazze innamorate di lui, si disse anche che si spinse fino a Cagliari per andare a vedere una partita della squadra rossoblù) si infranse il 26 marzo del 1968 ad un posto di blocco: una pattuglia della stradale fermò un?auto e nonostante un tentativo di sviare gli agenti (“mi chiamo Carta”) Mesina venne riconosciuto e arrestato. Nel 1973, mentre sta scontando il cumulo delle pene inflittegli per i sequestri e le evasioni, provò a scappare prima da Volterra e poi da Regina Coeli. Ci riuscì nel 1976, quando evase dal carcere di Lecce insieme all? esponente dei Nap Martino Zichitella. Arrestato l? anno dopo in Trentino, finì in quel dimenticatoio che cercava da tempo per fuggire da un passato da cui non riusciva a liberarsi. Ma nel 1992 venne di nuovo catturato dalle luci della ribalta quando tornò in Sardegna per occuparsi del sequestro del piccolo Farouk Kassam, una vicenda segnata dalle polemiche sulla liberazione del bambino e sul ruolo che avrebbe avuto proprio Mesina. Quella che in molti – e forse lui stesso – hanno considerato una sorta di “nemesi” arrivò l? anno dopo quando vide riaprirsi le porte del carcere in seguito al ritrovamento di armi nel cascinale di San Marzanotto d?Asti, dove viveva. 


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