Educazione
Giustizia riparativa: nuove rotte per i minori autori di reato
Quasi uno su quattro, tra i nuovi ingressi nel sistema penale, ha fra i 14 e i 15 anni: i minori che commettono reati tendono ad essere esclusi dalla società, inquadrati come soggetti da cui è meglio stare lontani. Un ciclo di incontri gratuiti approfondisce gli strumenti e il senso della giustizia riparativa. Prossimo appuntamento il 22 novembre
di Redazione
Spesso i minori che commettono reati tendono ad essere esclusi dalla società, inquadrati come soggetti da cui è meglio stare lontani. Troppo facilmente si dimentica però che sono ragazzi molto giovani – anzi sempre più giovani – che nella maggior parte dei casi pagano una situazione di forte disagio familiare e di mancanza di punti di riferimento. Secondo i dati del ministero della Giustizia, tra i nuovi ingressi nel sistema penale il 23,26% è costituito da minori tra i 14 e i 15 anni, ragazzini che si trovano a fare i conti con pene da scontare o con percorsi di inserimento sociale.
Il progetto “Tra Zenit e Nadir, rotte educative in mare aperto” – partito nel 2021 in Lombardia, Veneto e Trentino, frutto della consolidata collaborazione tra la Fondazione Don Calabria e il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) nel campo della giustizia riparativa e finanziato dall’impresa sociale Con i Bambini – cerca di far sì che anche da un fatto negativo come il reato di un minorenne possa nascere qualcosa di positivo, sia per il ragazzo, sia per la comunità in cui vive. Tra gli obiettivi del progetto c’è quello di ridurre il rischio di recidiva per i minori autori di reato, sperimentando nuovi strumenti di giustizia riparativa che coinvolgono la comunità nel percorso di reinserimento sociale.
Per approfondire i temi della giustizia riparativa, il progetto promuove un ciclo di sei webinar di approfondimento gratuiti e aperti a tutti. I primi due incontri hanno avuto il duplice obiettivo di fornire nuovi quadri interpretativi relativi alle problematiche comportamentali emergenti dei minorenni autori di reato e di promuovere il paradigma della giustizia riparativa nelle pratiche sociali, al fine di coinvolgere istituzioni e comunità locali.
Il terzo webinar si terrà mercoledì 22 novembre dalle 10 alle 13 e si intitola Il coinvolgimento della comunità territoriale nei programmi di Giustizia riparativa. Vi parteciperanno, tra gli altri, Giancarlo Tamanza, professore associato di Psicologia clinica alla Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore del master Giustizia riparativa e mediazione penale, Lucio Camaldo, professore associato di Diritto processuale penale presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Milano e responsabile scientifico del Corso di perfezionamento in Giustizia penale minorile, e Alessandro Padovani, della Fondazione Don Calabria.
Il quarto webinar invece è previsto martedì 19 dicembre, sempre dalle 10 alle 13, sul tema Strutture di personalità e coinvolgimento dei minori autori di reato nei programmi di Giustizia riparativa. Interverranno Silvio Ciappi, criminologo, psicoterapeuta, psicopatologo clinico e forense e docente universitario, esperto di programmi di giustizia riparativa, Antonio Calvanese, psicologo e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, vicepresidente dell’ambulatorio sociale di psicoterapia della Fondazione Don Calabria di Verona, e Filippo Resenterra, psicologo e psicoterapeuta a orientamento psicanalitico, responsabile dei progetti di area penale esterna di Areté cooperativa sociale di Legnago (VR).
Guarda il programma dei due webinar e le modalità per iscriversi.
ll progetto “Tra Zenit e Nadir: rotte educative in mare aperto” coinvolge una sessantina di soggetti pubblici e del Terzo settore e ha l’obiettivo di promuovere e facilitare l’adozione del paradigma della giustizia riparativa come prassi metodologica per l’approccio ai minorenni coinvolti in procedimenti penali e alle loro famiglie. Il modello di intervento si basa sulla relazione tra l’autore del reato, la vittima e la comunità locale di appartenenza, considerando il reato come una rottura di questa relazione e interpretando l’azione riparativa come un’opportunità per ricostruire un senso di appartenenza reciproca.
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