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Giustizia, primo round del processo breve

La legge fra le polemiche passa al Senato

di Franco Bomprezzi

Senato veloce per il processo breve: ieri il voto favorevole al disegno di legge del Governo, che ora passa alla Camera, e viene ritenuto ancora troppo lungo da Berlusconi, mentre l’opposizione e i magistrati sottolineano il rischio di una ulteriore crisi della giustizia. Ecco come i giornali raccontano e commentano.

“Sì al processo breve tra le accuse”, titola in apertura il CORRIERE DELLA SERA di oggi dopo l’approvazione da parte del Senato. Berlusconi: «I giudici? Plotoni di esecuzione». Le opposizioni e i magistrati: così si distrugge la giustizia. Al tema via Solferino riserva la pagine dalla 2 alla 5. In rilievo con partenza in prima il pezzo di Luigi Ferrarella: “Fretta, errori e conseguenze”. Scrive il decano dei giornalisti di giudiziaria: «Da 6,5 a 10 anni per un processo non sarebbero pochi, a patto di risorse commisurate. Ma senza misure coerenti e complessive sulla giustizia, e fuori da riassetti costituzionali delle immunità, spicca la norma retroattiva che farà evaporare due interi processi del premier in corso. Mai prima d’ora in Parlamento, con pari evidenza in nessuna delle 7 leggi approvate dal 2001 dalla maggioranze di Silvio Berlusconi e poi applicate ai suoi processi, una norma retroattiva si appresta ad avere l’immediato effetto di far evaporare non due figure di reato, o due prove d’accusa, ma addirittura due interi processi del premier già a metà del loro percorso verso la sentenza di primo grado: quelli nei quali il presidente del Consiglio è imputato di frode fiscale sui diritti tv Mediaset, e di corruzione in atti giudiziari del testimone David Mills». Continua Ferrarella: «paradossalmente Berlusconi fa mostra di non apprezzare perchè «prevede tempi ancora troppo lunghi, sino a 10 anni è eccessivo». Ha proprio ragione. Solo che non è il suo caso. E’ piuttosto il caso delle 465 vittime di altrettanti reati che ogni giorno in Italia restano con un pugno di mosche in mano davanti a imputati graziati dalla prescrizione. E’ il caso delle parti offese dei 12 processi che, ogni 100, «saltano» per un difetto nei 28 milioni di notifiche manuali l’anno che affannano 5mila cancellieri. Ed è il caso dei 30mila italiani che reclamano indennizzi per l’eccessiva durata dei loro processi, già costata allo Stato 118 milioni. Non è invece il caso di una politica che finge di ascoltare l’Europa quando Strasburgo condanna la lentezza italiana (per la verità raccomandando, invece di rigide gabbie temporali, l’adeguamento di risorse proporzionali al tipo di cause), ma fa orecchie da mercante quando l’Europa condanna l’Italia a risarcire i detenuti in 2,7 metri quadrati a testa». Infine: «…Nessuno può ignorare la norma transitoria retroattiva che a gamba tesa cambia, a metà partita, le regole sulla cui base si stanno celebrando i processi in primo grado per reati con pene sotto 10 anni e commessi prima del 2 maggio 2006: appena in vigore, la norma transitoria ne determinerà l’estinzione se sono trascorsi 2 anni non dall’inizio del dibattimento, e neanche dal rinvio a giudizio, ma addirittura dalla richiesta del pm di rinvio a giudizio. Un totale non senso. Che però ne acquista uno solo, se si bada al fatto che il giudizio sui diritti tv Mediaset nasce da una richiesta del 22 aprile 2005, e il processo Mills da una del 10 marzo 2006: entrambi saranno dunque estinti dalla norma transitoria retroattiva».

Sceglie la linea dura LA REPUBBLICA che, a proposito della questione giustizia, apre con un virgolettato del premier: “Il processo breve non mi basta”. Seguono tre fitte pagine di resoconti che partono dall’approvazione, in Senato, del disegno di legge. 163 sì contro 130 no (due gli astenuti, bipartisan). Non basta a Berlusconi: va meglio perché dà (o dovrebbe dare) tempi certi, ma questi tempi sono ancora «troppo lunghi… dieci o più anni sono eccessivi: chi è chiamato dentro il girone infernale del processo in Italia è una persona persa e il disastro per lui e la sua famiglia è sempre enorme e quindi credo che i tempi dovrebbero essere molto, ma molto più contenuti di quelli votati in questa legge dai tempi certi ma eccessivi». Non è secondo il cavaliere una legge ad personam: quelli dell’opposizione lo affermano perché «sono tutti intellettualmente disonesti». Quanto ai suoi di procedimenti («tutte calunnie infondate»), non va in aula perché «troverei non delle corti giudicanti, ma dei plotoni di esecuzione». Parole da statista che non lasciano indifferente l’opposizione. Per Bersani «hanno fatto la cosa peggiore che si potesse fare:  distruggere migliaia di processi, lasciare senza giustizia migliaia di vittime per salvarne uno solo». Ancora meno conciliante Antonio Di Pietro: «da oggi in Italia c’è un regime fascista, pidiusta  ma anche mafioso».  Intervistato da Carmelo Lopapa, anche Roberto Saviano si schiera contro: “I criminali ora se la caveranno a pagare è chi aspetta giustizia” è il titolo-sintesi del pezzo. Oltre a una critica generale, anche un’osservazione particolare: «basterebbe poco per dimostrare che non si tratta di una norma che fa gli interessi di qualcuno. Dire: ecco, questa legge entrerà in vigore da domani, a partire dai nuovi processi, non ha valore retroattivo. Ma purtroppo non è così». In un dossier lo stupefatto elenco dei processi a rischio: da Antonveneta a Cirio, dalle consulenze d’oro al caso Mastella, dalla clinica milanese Santa Rita ai processi napoletani per Calciopoli.

Al processo breve IL GIORNALE  dedica due pagine di cronaca sottolineando che «l’Idv accende la rissa in aula» e mette in copertina la foto del faccione del fondatore di Repubblica «A Scalfari l’immunità piace. Se serve a lui. Si fece eleggere per non farsi processare. Nel 1968 si fece eleggere deputato del PSI». Il quotidiano diretto da Vittorio Feltri riporta poi le parole di Berlusconi «In tribunale plotoni di esecuzione. Macchè processo breve, è ancora troppo lungo». Si accenna alla dichiarazione dei magistrati: «decisione devastante» e mette in evidenza a pag. 9 il caso – sollevato da Il Corriere fiorentino – del giudice tal «Bruno Maresca, 59 anni, di Napoli che  non va al lavoro da tre mesi, perché convalescente dopo un intervento chirurgico al cuore. Ma ha recitato durante una serata benefica in una commedia da lui stesso scritta. Ora rischia sanzioni».

IL SOLE 24 ORE dedica al tema giustizia la fotonotizia in prima, “Passa al Senato il ddl sul processo breve (con bagarre)” e le pagine 10-11. Alla vicenda è dedicato uno dei commenti non firmati a pagina 16. “La rigidità che non fa bene ai processi”: «È senza dubbio doveroso garantire una durata ragionevole del processo perché troppo spesso in Italia l’infinito protrarsi dei procedimenti si traduce in una condanna preventiva dell’imputato; (…) È tuttavia legittimo chiedersi se il disegno di legge approvato ieri al Senato sia davvero lo strumento migliore per affermare questa esigenza. Fissare un termine perentorio per ogni grado di giudizio significa inserire nell’ordinamento qualcosa di più del principio della ragionevole durata. E, davanti a un sistema che resta sotto tutti gli altri aspetti immutato, rischia di provocare un ingiustificato e generalizzato effetto ghigliottina sui processi. (…) Pesa sull’intera vicenda il cortocircuito tra il destino politico del premier Silvio Berlusconi e il suo lungo iter giudiziario. Berlusconi lamenta una persecuzione, i magistrati rivendicano il diritto a processarlo, i partigiani politici si dividono. Sarebbe grave per tutti che la tattica politica del premier e le resistenze ideologiche dei suoi avversari rendessero infine impossibile l’indispensabile e non più rinviabile riforma della giustizia». Il commento di Stefano Folli si intitola “Ma il passaggio della legge alla Camera non sarà una formalità”: « Alcuni problemi di fondo sono usciti irrisolti da Palazzo Madama. Il principale riguarda il sospetto di incostituzionalità che al momento molti nutrono. Berlusconi ostenta sicurezza su questo terreno, ma in realtà è consapevole di camminare lungo un sentiero stretto. (…) È noto che il presidente della Camera condivide le preoccupazioni su alcuni aspetti della legge e ci si attende che nelle prossime settimane – tra la fine di febbraio e i primi di marzo – si adopererà per migliorarla. Un esempio, il più evidente: alcune incongruenze della cosiddetta «norma transitoria» sembrano palesemente incostituzionali, anche se il centrodestra per ora lo nega, e si prestano a un’urgente correzione. Inoltre la Camera dovrà valutare le conseguenze della nuova norma sull’amministrazione della giustizia: andiamo incontro a uno “scempio”, come sostengono con accenti diversi Pd e Udc, oltre al partito dipietrista? Ovvero avremo un numero minimo di prescrizioni, come afferma il Pdl?»

«E’ l’Europa che ci chiede tempi certi nei processi ed è la Costituzione che ci dice che i processi devono avere tempi ragionevoli». Sono le parole del premier che ITALIA OGGI cita nel pezzo “Berlusconi attacca i giudici: no ai plotoni d’esecuzione“. Oltre ad altre dichiarazioni rese dal premier dopo aver incassato il primo si al ddl sul processo breve, spazio anche per un codice di doveri e comportamenti per i consiglieri varato ieri dal Csm. Nel documento si afferma «che un buon consigliere deve svolgere la sua altra funzione con diligenza e laboriosità, non con burocratica impostazione. Basta con le pratiche spartitorie, ma anche con il rendersi acritico interprete, al Csm, di posizioni di gruppo politici». ITALIA OGGI propone anche una interessante osservazione di Cesare Maffi. Nella suo editoriale “Questo processo-breve è sicuramente impopolare” fa notare come, per la prima volta, Berlusconi non ha mai sventolato un sondaggio per dimostrare un presunto consenso della gente a questo provvedimento. «Se ci fosse uno straccio d’indagine fra i cittadini che riuscisse ad attestare che la maggioranza degli elettori vede bene la riforma» scrive Maffi «state pur certi che avremmo paginate, sui giornali favorevoli al governo, per esaltare il processo breve, oltre che nel merito, pure nel recepimento diffuso». 

IL MANIFESTO titola “Colpo di grazia”. Nel sommario «il Senato dà il via libera al processo breve che salva Berlusconi e stende una pietra tombale su decine di migliaia di procedimenti penali. Dure proteste in aula. I magistrati: si distrugge la giustizia e moltiplicano gli impuniti. Ma il premier insiste: tribunali plotoni di esecuzione. Il ddl passa ora alla camera. Alfano: acceleriamo anche Csm e intercettazioni». Giuseppe Di Lello firma l’editoriale “Minacce Concrete” in cui commenta la relazione in Senato del guardasigilli Angelino Alfano e l’intenzione del ministro di avanzare a tutta forza anche sull’abolizione del Csm e sulla normativa alle intercettazioni. Due le pagine dedicate (6-7). Nella prima Andrea Fabozzi firma “Il processo è scaduto” in cui il giornalista spiega che «il Senato approva il disegno di legge sul processo breve, che ora scappa alla camera per cancellare al più presto le cause che ancora restano al presidente del Consiglio. Vittime collaterali migliaia di procedimenti».   

In prima pagina, taglio medio, AVVENIRE mette un “Il processo breve è al primo traguardo. Berlusconi: ma è ancora troppo lungo”. Una nota di commento del direttore, subito boccia questa «guerra sempre più insensata» che contrappone politici e magistrati, rappresentata dagli estremi Berlusconi e Di Pietro. «La verità non sta nel mezzo. Sta da tutt’altra parte. Quando si va in guerra così non esistono più né torti né ragioni. Né alla fine ci sarà una verità condivisa e una pace condivisibile da tutti, ma solo un vincitore presunto. Tra le macerie».

“Processo breve, sì con rissa” è il titolo che apre l’edizione di oggi de LA STAMPA. «Il paradosso del processo breve è che andrà per le lunghe» scrive in un pezzo di retroscena Ugo Magri. «Tanto fulminea è stata l’approvazione in Senato, quanto lenta e ponderata si annuncia la discussione a Montecitorio. Passeranno mesi. Addirittura circola una scommessa: questa legge finirà sul binario morto. O farà passi avanti solo dopo aver perso per strada il vagone più traballante, la norma transitoria che vuol mettere Berlusconi al riparo delle condanne».

E inoltre sui giornali di oggi:

HAITI
AVVENIRE – Giorgio Ferrari da Port au Prince denuncia il fatto che troppi aiuti sono ancora chiusi nei magazzini, con un aereo di Medici senza frontiere con a bordo 12 tonnellate di medicinali a cui per ben tre volte gli americani hanno negato l’atterraggio. Un funzionario dell’Onu, Arturo Valenuzela, dice: «la verità è che si esita a costruire vere e proprie tendopoli, perché dopo gli haitiani non se ne vanno più». Il commento del giornalista: «Vorremmo non aver sentito».

IL GIORNALE  – Marina Salamon, titolare di azienda di abbigliamento per i bambini, racconta della sartoria che attraverso la fondazione Francesca Rava ha creato a Port -au Prince.

BERTOLASO
ITALIA OGGI – Non c’è sosta per il sottosegretario Bertolaso. Secondoil pezzo “L’ultima strambata di Bertolaso“, oltre alle tragedie in giro per il mondo,  il capo della protezione civile si deve occupare anche delle regate veliche, la prestigiosa Luis Vuitton Cup. «Ora, l’uomo dalle emergenze, non ultima la tragedia di Haiti, dovrà garantire anche il pieno successo della regata velica che avrà il suo campo di gara, questa primavera, nelle acque tra il nord-est della Sardegna e la costa Smeralda».  La Luis Vuitton Cup sarà il primo banco di prova della Protezione Civile Spa e Berlusconi «si vedrà così restituita» scrive ITALIA OGGI «quella straordinaria vetrina internazionale che era sfumata con il G8, dirottato all’ultimo minuto, e dopo un profluvio di denaro e di sforzi, all’Aquila».

ROM
AVVENIRE – Focus sulle azioni di integrazione dei rom, che dovrebbero essere parte integrante del pacchetto emergenza voluto da Maroni e recentemente prorogato al 31 dicembre 2010. Dopo il censimento (167 accampamenti, di cui 124 abusivi, per 12.346 presenze registrate di cui 5436 minori) in questi giorni si passa agli sgomberi che però dovrebbero avere come alternativa villaggi attrezzati, avviamento al lavoro, scolarizzazione per i minori. Milano ha fatto il censimento e deciso di puntare sull’inserimento in case (ma non ha ancora fatto nulla); nulla di fatto in Campania; a Roma piano per il trasferimento di 7mila rom;  a Torino non si trova l’accordo per l’ubicazione del nuovo campo; a Mestre è scontro frontale.

DISABILI
CORRIERE DELLA SERA – “«Non chiudete il centro per i bimbi disabili»” è l’appello lanciato da una famiglia di Roma che compare in prima pagina in riferimento al caso della Fondazione Santa Lucia di Roma. La lettera, che iL CORRIERE pubblica a pag 25 è firmata da Paolo e Maria Luisa Massimi, genitori di una bimba di nove anni, gravemente disabile, che finora ha seguito un protocollo riabilitativo della Fondazione romana. «L’istituto  di ricovero e cura a carattere scientifico all’avanguardia in Italia – spiega il giornale nell’introduzione – rischia la chiusura per i tagli ai rimborsi della Regione Lazio. Ma ieri si è aperto uno spiraglio nella vertenza: la Regione Lazio ha promesso interventi rapidi per risolvere la questione. Ecco un passaggio della lettera: «…Oggi la nostra bambina frequenta tutti i giorni la scuola elementare pubblica, si relaziona con gli altri e ha tanti amici. È serena, sta crescendo e cerca di trovare le risorse per diventare una persona inserita a pieno titolo nella società. Questo percorso non sarebbe stato possibile se nostra figlia, fin dai suoi primi mesi di vita, oltre ad avere l’aiuto e l’impegno della sua famiglia, non fosse stata inserita in un progetto riabilitativo globale presso l’Irccs Fondazione Santa Lucia di Roma, dove ha trovato medici e terapisti di grande professionalità e qualità umane. Purtroppo da qualche giorno abbiamo appreso che questo percorso potrebbe essere improvvisamente interrotto, sia per nostra figlia che per almeno 150 altri bambini con disabilità più o meno gravi. Sono infatti sopraggiunte difficoltà finanziarie della Fondazione Santa Lucia che non consentirebbero la prosecuzione delle attuali prestazioni erogate ai bambini, in regime di convenzione con la Regione Lazio».

SCUOLA
LA REPUBBLICA – “L’obbligo scolastico scende a 15 anni” è il titolo di un pezzo che riferisce la proposta Pdl di permettere che gli ultimi 12 mesi siano trascorsi in fabbrica, a fare apprendistato. Tanto si sa che le aziende rispettano le leggi e le applicano alla lettera e che in un paese come il nostro non c’è affatto il rischio che questa possibilità si traduca in un inserimento lavorativo mascherato e poco remunerato. Un rischio che il ministro Sacconi non vede (non è che si abbassa l’età di accesso al lavoro: «pensarlo è una porcheria») e che invece altri – a partire dall’ex ministro della pubblica istruzione Fioroni – ritengono fondato.

IMMIGRATI
LA REPUBBLICA – La Cassazione ha deciso che rimpatriare un clandestino con figlio non è possibile. L’espulsione lederebbe il diritto del bambino di essere accudito dai genitori. Secondo i giudici la deroga alle disposizioni del decreto legislativo 286/98 sulla presenza dello straniero sul territorio nazionale «va individuata in una incisiva protezione del diritto del minore alla famiglia e a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori».

IL SOLE 24 ORE – Una ricerca della Fondazione Leone Moressa evidenza che la crisi colpisce soprattutto i lavoratori stranieri: + 44,7 l’aumento del numero di disoccupati rispetto al +9,7% degli italiani.

IL GIORNALE – “Sciopero vietato ai negri” è il titolo della copertina di oggi del GIORNALE. Scrive Macioce: «Un giorno di astensione dal lavoro per gli immigrati: l’idea del primo marzo francese, dopo gli scontri di Rosarno gira anche in Italia. E imbarazza Cgil, Cisl, Uil». I comitati organizzatori sono increduli: «Ci boicottano». I confederali secondo il cronista Macioce «temono un terremoto perché l’80% degli stranieri sogna una rappresentanza tutta sua». Si riportano le parole della Cgil, di un dirigente iraniano Kurosh Danesh: «Non esiste lo sciopero generale etnico. Esiste lo sciopero generale dei lavoratori. Potremo pensare a uno sciopero  con al centro il tema dell’immigrazione».


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