Mondo

Giustizia per Timbuctu, un nostro patrimonio mondiale

di Cecile Kyenge

In Olanda si gioca un pezzo di storia dell’umanità. Il 22 agosto scorso infatti, si è aperto all’Aia, dove ha sede la Corte Penale Internazionale, il processo di Ahmad Al Faqi Al-Mahdi, terrorista maliano del gruppo jihadista Ansar Eddine che nel 2012 ha partecipato alla devastazione dei mausolei e dei manoscritti di Timbuctu. Per la prima volta nella storia della CPI e della giustizia internazionale, un detenuto viene accusato di “crimini di guerra” per “la distruzione di monumenti di carattere storico e religioso”. Negli atti d’accusa enunciati durante l’apertura del processo, tra il 30 giugno e l’11 luglio 2012 Al-Mahdi avrebbe “coordinato intenzionalmente gli attacchi” contro nove dei mausolei di Timbuctu e contro la porta della moschea Sidi Yahia.

Un processo per la Storia dell’umanità

L’opera di distruzione è tanto più grave che i beni culturali della città maliana sono considerati dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. Basta ascoltare con attenzione le parole espresse dal procuratore capo della Corte penale per cogliere la portata del processo: “Attaccare e distruggere i siti e simboli culturali e religiosi di comunità è un’agressione contro la loro storia”, ha detto Fatou Bensouda. “Colui che distrugge ciò che incarna l’anima e le radici di un popolo non può sfuggire alla giustizia”. A sua volta, la direttrice dell’Unesco, Irina Bokova, candidata al posto di Segretario generale delle Nazioni Unite, ha accolto positivamente durante una sua recente visita a Timbuctu la tenuta di un “processo che segna una nuova tappa nel pieno riconoscimento della distruzione deliberata del patrimonio come crimine di guerra”.

Sono dichiarazioni che, anche come componente della Commissione Cultura del Parlamento europeo, sposo pienamente. Da eurodeputata e cittadina del mondo, considero che la distruzione di un patrimonio culturale è un crimine di guerra e un crimine contro l’intera umanità e come tale deve essere punito. Timbuctu o Palmira non fa differenza. Nessuno ha il diritto di ridurre in ceneri un bene culturale.

Gli eroi maliani

Per fortuna, il governo del Mali, assieme ai cittadini maliani e alla Comunità internazionale, in particolar modo l’Unesco e l’Unione Europea, stanno svolgendo un lavoro straordinario per ridare dignità alla “Città dei 333 Santi”, nota per il ruolo determinante che ha avuto a partire dal XV secolo nella diffusione di un Islam moderato in tutto il continente africano. Ma se oggi su Timbuctu torna a soffiare un vento di speranza, lo dobbiamo anche a quello che il giornalista americano Joshua Hammer ha giustamente definito nel suo appassionante libro-inchiesta The Bad-Ass Librarians of Timbuctu “i resistenti di Timbuktu”. Tra loro, spicca Abdel Kader Haïdaram, che dopo aver messo in salvo oltre 400 manoscritti, andrebbe considerato un eroe. Per questo, saluto il Premio internazionale dell’Associazione mondiale della città e dei governi locali uniti (CGLU)-Città di Messico-Agenda 21 assegnato quest’anno alla città maliana. Un premio non solo dovuto per gli attacchi perpetrati dai djihadisti, ma anche perché la difesa e la promozione di un patrimonio culturale è un imperativo di pace e un vettore di dialogo tra popoli diversi.

La cultura al cuore della diplomazia UE

Lo ha capito bene la Comissione europea, che nel giugno scorso ha presentato una nuova “Strategia per i rapporti culturali internazionali”. Con questo piano, l’UE intende porre la “diplomazia della cultura” al centro delle sue relazioni con il mondo. A giusto titolo, la vice-Presidente della Commissione europea e Alto Rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, ha definito la cultura “parte integrante della politica estera europea” e lo “strumento” che “può aiutare tutti noi, in Europa, Africa, Medio Oriente e Asia ad essere uniti, a combattere la radicalizzazione e costruire un’alleanza di civiltà contro chi prova a dividerci”.

Quella della “diplomazia culturale” è una sfida che ci riguarda tutti e un’opportunità che intendo appoggiare in tutte le sedi internazionali, a partire dal Parlamento europeo.

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