Economia

Giustizia per gli innocenti

Ragazzi uccisi.

di Redazione

Una giustizia che tarda non è giustizia. È questo il motto del ?Comitê em defesa da vida das crianças altamirenses?, il Comitato in difesa della vita dei ragazzi di Altamira e la giustizia che tarda ad arrivare è quella che dovrebbe punire i colpevoli di crimini orrendi: l?omicidio, lo stupro e l?evirazione dei ragazzi di Altamira. La piccola cittadina brasiliana, nello stato del Parà, che soprattutto tra il 1989 e il 1992 è stata al centro di una serie di casi raccapriccianti con protagonisti bambini tra gli 8 e i 14 anni.
Dopo anni i parenti delle vittime attendono che la giustizia brasiliana faccia il suo corso. Padre Savio Corinaldesi, missionario responsabile della pastorale dei bambini e segretario del Comitato fondato dai parenti delle vittime è in Italia per cercare aiuto, per sensibilizzare l?opinione pubblica su quella che viene definita la Marcinelle del Brasile. Quella che racconta con dovizia di particolari è un?ordinaria storia di ?malagiustizia?: poliziotti corrotti e inefficienti, indagini compiute approssimativamente, presunti colpevoli che hanno goduto di privilegi e protezioni, un processo che tra rinvii e ricorsi dura ormai da anni.
«Ho un sogno», confida padre Savio nel suo italiano ?brasileiro? che tradisce anni di permanenza nel Paese latinoamericano, «che il presidente dell?ordine degli avvocati italiani mandi una delegazione per ?accompagnare? il processo. Questo obbligherebbe la giustizia a fare le cose per bene, come è accaduto a Rio de Janeiro quando degli avvocati svizzeri hanno ?osservato? il processo contro gli assassini dei meninos de rua». Ha una grande fiducia nell?intervento estero anche perché l?andamento del processo, in tutti questi anni, ha dimostrato come le pressioni dell?opinione pubblica (in Altamira si sono svolte manifestazioni con 8 mila persone su 40 mila abitanti), e soprattutto quelle internazionali si siano dimostrate importanti. Nel ?95 a Monza, in provincia di Milano, viene promossa per iniziativa di un altro missionario, padre Matteo Antonello, una raccolta di firme: se ne raccolgono 13 mila. «Quando sono arrivate le firme il clima è cambiato, in Brasile sono molto sensibili all?immagine che il Paese ha all?estero». Il clima di cui parla padre Savio è quello di una cittadina di provincia dove la gente non si fida della polizia locale, dove i genitori quando andavano a denunciare la scomparsa dei figli venivano maltrattati dai poliziotti, mentre i fatti non venivano verbalizzati, dove un processo iniziato nel 1993 è andato avanti con continue interruzioni e ricorsi da Altamira a Belém a Brasilia.
Del caso si sono occupati 5 giudici, 6 promotori e 15 commissari di polizia. Gli imputati: due poliziotti locali, due medici, il figlio di una famiglia influente e una donna di San Paolo, fondatrice di una setta, avevano goduto e godono di alte protezioni. Il processo è andato avanti con il sostegno dei giovani avvocati di Belém (capitale del Parà) legati al centro di difesa del minorenne guidato da un altro missionario italiano, padre Bruno Sechi.
«Ora il processo è sospeso ed è in questo momento che abbiamo bisogno di voi, dobbiamo continuare a premere perché giustizia sia fatta», racconta padre Savio Corinaldesi. «Se il processo va avanti è per la pressione internazionale, per il tribunale di Belém quello dei ragazzi evirati di Altamira è il processo più preoccupante, nessuno se ne vuole interessare». Per questo il Comitato invita a scrivere all?ambasciatore del Brasile in Italia, chiedendo giustizia per le famiglie delle vittime e una conclusione soddisfacente del processo che giudica gli assassini dei bambini di Altamira. ?

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