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Giustizia: Mastella, entro l’anno la grazia a Sofri

Clemente Mastella, ministro della Giustizia, in un’intervista dice che per Adriano Sofri si avvicina il provvedimento di clemenza. Lui firmerà. Una scheda sulla vicenda giudiziaria di Sofri

di Redazione

Clemente Mastella, ministro della Giustizia, in un?intervista dice che per Adriano Sofri, l’ex esponente di Lotta Continua riconosciuto, dopo dieci anni di processi, mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi, e condannato a 22 anni di carcere, si avvicina il provvedimento di clemenza. ”La Corte Costituzionale -spiega Mastella- ha stabilito che sia il presidente della Repubblica a concedere la grazia, ma per quello che mi riguarda come ministro della Giustizia, io sono pronto a mettere la mia firma”. ”Entro fine anno arrivera’ la grazia per Adriano Sofri”, aggiunge Mastella. Sofri, proclamandosi da sempre innocente, non ha mai chiesto la grazia. ”La verita’ e’ che, dopo 34 anni da quei fatti -continua Mastella- Sofri e’ una persona molto malata a cui si puo’ offrire un gesto di spontanea umanità”. Il neo ministro della Giustizia andrà a spiegare i motivi della sua decisione ai familiari del commissario Calabresi: ”Spiegherò che concedere la grazia come gesto di umanità a un uomo che vive gravi problemi di salute non significa automaticamente scomodare la categoria del perdono. Una categoria che attiene solo alla libera coscienza di ognuno”. La scheda Adriano Sofri , classe 1942, massimo esponente del movimento extraparlamentare di sinistra ‘Lotta Continua’, e’ stato condannato con sentenza definitiva nel 2000 a 22 anni di reclusione per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, assassinato il 17 maggio del 1972. Il primo arresto di Sofri , Bompressi e Pietrostefani (gli altri due esponenti di punta di Lotta Continua accusati di aver preso parte all’omicidio), avviene nel 1988, in seguito alle confessioni esposte alla Procura dal pentito Salvatore Marino, anch’egli aderente negli anni ”caldi” all’organizzazione Lotta Continua. Marino, dinanzi ai giudici, sostiene di esser stato lui a guidare la macchina servita per l’attentato. L’esecutore materiale invece, sempre secondo la ricostruzione di Marino, sarebbe Ovidio Bompressi. Le responsabilita’ di Pietrostefani e di Sofri sarebbero invece di ordine ”morale” essendo i leader carismatici del movimento e quelli che dettavano gli ordini. I tre vennero arrestati e poi scarcerati in attesa del processo e si dichiararono del tutto estranei all’accusa. Dal processo, svoltosi tra mille contestazioni a partire dal 1990, emerse anche che Marino aveva intrattenuto colloqui notturni e non verbalizzati con i carabinieri. Tuttavia il processo si concluse con le condanne a 11 anni per Marino e a 22 anni per le persone che aveva accusato, malgrado nessuna prova si fosse aggiunta al suo racconto. Dopo un’infinita sequela di processi e di dibattimenti, che ha sempre visto perdente la linea difensiva, Adriano Sofri , Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi si sono consegnati spontaneamente al carcere di Pisa. La Cassazione ha infatti emesso infine nei loro confronti una condanna a 22 anni di detenzione. Le Sezioni Unite della Cassazione, nel 1992, hanno annullato le condanne, chiedendo che si trovassero dei riscontri alla versione di Marino o che si assolvessero gli imputati. Un processo d’appello, nel 1993, ha assolto tutti gli imputati. Poi pero’ la sentenza e’ stata annullata. E, nel gennaio del 1997, Sofri , Bompressi e Pietrostefani hanno subito una condanna definitiva e sono entrati in carcere a Pisa. I tre si sono consegnati in carcere, Pietrostefani tornando da Parigi dove lavorava. Per altri due anni e mezzo la loro difesa si e’ battuta per ottenere la revisione del processo, che e’ stata accettata nell’agosto 1999. A quel punto i tre sono stati scarcerati, dopo due anni e sette mesi di detenzione. Ma al processo di revisione, svoltosi a Venezia tra la fine del 1999 e l’inizio del 2000, i giudici hanno riconfermato le condanne e, a 28 anni dall’omicidio Calabresi, hanno ordinato il ritorno in carcere dei tre. Ecco le tappe del caso. – 17 maggio 1972: Luigi Calabresi, commissario dell’ufficio politico della questura di Milano, e’ ucciso davanti alla sua abitazione. Calabresi era stato al centro di una campagna che gli imputava la responsabilita’ della morte dell’anarchico Pinelli, caduto da una finestra della Questura, mentre era interrogato sulla strage di piazza Fontana. – 28 luglio 1988: su ordine della Procura di Milano e sulla base della testimonianza del pentito Leonardo Marino sono arrestati Adriano Sofri , Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi e lo stesso Marino. – 2 maggio 1990: Sofri , Bompressi e Pietrostefani sono condannati a 22 anni, Marino a 11 anni. – 12 luglio 1991: la prima Corte d’Assise d’appello conferma la sentenza di primo grado. – 23 ottobre 1992: la Cassazione annulla la precedente sentenza e rinvia gli atti alla Corte d’Assise d’appello di Milano. – 21 dicembre 1993: la seconda Corte d’Assise d’appello di Milano assolve Pietrostefani, Bompressi e Marino e per effetto estensivo anche Sofri che non ha presentato appello. – 27 ottobre 1994: la Cassazione annulla la sentenza d’assoluzione. – 11 novembre 1995: la terza Corte d’Assise d’appello condanna Sofri , Bompressi e Pietrostefani a 22 anni. A Marino e’ riconosciuta la prescrizione del reato. – 22 gennaio 1997: la Cassazione respinge tutti i ricorsi. – 18 marzo 1998: la Corte d’appello di Milano respinge la richiesta di revisione. – 6 ottobre 1998: la Cassazione annulla l’ordinanza di Milano e rinvia alla Corte d’appello di Brescia la decisione. – 1 marzo 1999: anche la Corte d’appello di Brescia respinge la revisione. – 27 maggio 1999: la Cassazione annulla l’ordinanza di Brescia, rinviando la decisione alla Corte d’appello di Venezia. – 24 gennaio 2000: Venezia rigetta la richiesta di revisione e conferma la condanna. Sofri torna in carcere, Bompressi si costituisce il 7 marzo e il 29 marzo ottiene il differimento per motivi di salute. Pietrostefani resta latitante. – 5 ottobre 2000: la prima sezione penale della Corte di Cassazione rigetta il ricorso e la condanna diventa definitiva. – 8 ottobre 2001: il ministero della Giustizia decide di non trasmettere al Quirinale la richiesta di grazia di Bompressi che in seguito presentera’ un’ altra domanda. – 29 gennaio 2002: il tribunale di sorveglianza respinge l’istanza di Bompressi per la sospensione della pena. Il giorno dopo Bompressi e’ arrestato, ma il 21 febbraio ottiene di nuovo la sospensione. – 11 ottobre 2002: Bompressi ottiene la detenzione domiciliare per le sue gravi condizioni di salute. – 8 novembre 2002: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi scrive in una lettera a ‘Il Foglio’ di ritenere che sia matura una decisione favorevole alla grazia’ per Sofri . – 11 giugno 2003: la Corte europea dei diritti dell’uomo respinge, perche’ ‘irricevibile’, il ricorso di Sofri , Bompressi e Pietrostefani che chiedevano la revisione del processo. – 13 giugno 2003: il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dopo il braccio di ferro con il ministro della Giustizia Roberto Castelli sulla grazia, solleva davanti alla Corte costituzionale un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, riguardo alle prerogative del presidente della Repubblica sulla grazia. Castelli, infatti, si e’ sempre rifiutato di controfirmare la proposta di grazia, secondo la prassi prevista dalla Costituzione. – 4 dicembre 2003: approda in commissione Affari costituzionali della Camera la proposta di legge di Marco Boato, appoggiata da parlamentari di diverse posizioni politiche, che affida al solo presidente della Repubblica la facolta’ di concedere la grazia e faciliterebbe la concessione della grazia a Sofri . – 13 dicembre 2005: Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, conclude l’esame del fascicolo relativo ”al detenuto Adriano Sofri” e decide ”di non avanzare la proposta di grazia in quanto allo stato non sussistono tutte le condizioni richieste”. – 3 maggio 2006 – La Corte costituzionale accoglie il ricorso presentato dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sul potere di grazia. I giudici della Consulta dichiarano che non spettava al ministro della Giustizia impedire la prosecuzione del procedimento volto alla concessione della grazia ad Ovidio Bompressi. Il potere di grazia, sentenzia quindi la Corte accogliendo il ricorso di Ciampi , spetta esclusivamente al capo dello Stato.


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