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Giustizia, ecco la riforma
Alfano presenta la bozza, sfida a sinistra e magistratura
Oggi in consiglio dei ministri approda la riforma “epocale” della giustizia, fortemente voluta da Silvio Berlusconi, e messa a punto dal ministro Alfano, che ieri ne ha anticipato i contenuti in un colloquio con il capo dello Stato. I giornali oggi provano a raccontare i punti fondamentali della bozza e a prevedere in quale scenario politico percorrerà il suo iter parlamentare.
- In rassegna stampa anche:
- EGITTO
- LIBIA
- PARI OPPORTUNITA’
- AFGHANISTAN
“Napolitano: dialogo sulla riforma”, titola così, a centro pagina, il CORRIERE DELLA SERA che nel sommario sottolinea: “Giustizia, inasprita la responsabilità civile dei magistrati”. Alle pagine 2 e 3 le notizie, con i servizi sulle ultime mosse del ministro Alfano, il suo colloquio al Quirinale, le preoccupazioni della magistratura, le prime reazioni, tutte negative, dell’opposizione. I punti della bozza sono riassunti in un fondino colorato, a pagina 3. Eccoli. 1) Giudici e pm separati. Prevista la separazione tra giudici e pm. I primi costituiscono un ordine autonomo e indipendente. I pm invece sono un “ufficio” organizzato. 2) Gli errori delle toghe. I magistrati potranno rispondere di tasca propria al cittadino per errori commessi, come avviene per i medici o per i funzionari della Pubblica amministrazione. 3) I due Csm. Si formeranno due Csm distinti, che “non possono adottare atti di indirizzo politico né esercitare attività diverse da quelle previste dalla Costituzione”. 4) Le sentenze d’assoluzione. L’inappellabilità delle sentenze d’assoluzione introdotta a suo tempo dalla legge Pecorella poi bocciata dalla Consulta torna ora in gioco. 5) L’azione penale. Gli inquirenti continueranno ad avere l’obbligo di esercitare l’azione penale ma con alcuni limiti “secondo i criteri stabiliti dalla legge”. Ecco come Napolitano avrebbe accolto la bozza, nel racconto di Marzio Breda: “Un via libera senza censure o avalli preventivi. Un disco verde scontato, visto che nella storia repubblicana non esistono precedenti di dinieghi quirinalizi per leggi di riforme costituzionali, nelle quali il dominus è e deve restare il Parlamento. Del resto, anche nelle ipotesi più controverse del progetto firmato da Alfano, come la separazione delle carriere dei magistrati o lo sdoppiamento del Consiglio superiore (oggi organo unico, presieduto dal capo dello Stato che, ha garantito il ministro, dovrebbe in ogni caso guidare entrambi), i tecnici non ravvisano al momento violazioni di quelli che di solito si definiscono «sacri e intangibili principi». Oltretutto, c’è chi osserva che proprio sullo stesso terreno ipotizzava di lavorare pure la vecchia Commissione bicamerale di D’Alema”. Ma l’invito del Presidente a cercare in Parlamento il contributo dell’opposizione sembra già impattare contro l’atteggiamento di Berlusconi, raccontato a pagina 5 da Francesco Verderami: “E il premier: una casta si metterà di traverso”. Massimo Franco nella sua consueta Nota, commenta così: “Un inizio tormentato per una riforma-crocevia dei prossimi equilibri”. Ecco un passo che centra il problema politico: “Il problema è che la giustizia rappresenta il crocevia delle ossessioni berlusconiane e di quelle dei suoi avversari. E’ il punto di massimo conflitto anche ideologico. Per il centrodestra, si tratta di ricondurre nell’alveo della responsabilità un ordine giudiziario tacciato insieme di politicizzazione e di irresponsabilità; e di ridimensionarne la discrezionalità, chiamandolo a rispondere dei propri errori. Per le opposizioni, invece, Berlusconi vuole solo vendicarsi delle imputazioni che gli sono state contestate. Punta, è l’accusa, a subordinare i pubblici ministeri al potere politico per ottenere l’impunità. Tenta di legittimare l’intera magistratura, senza preoccuparsi di scardinare la Costituzione”.
LA REPUBBLICA apre con il titolo “Giustizia, la riforma anti-pm” e avverte: «Nella bozza del disegno di legge che il governo approverà oggi i magistrati sono equiparati a funzionari della pubblica amministrazione. E quindi dovranno rispondere di tasca propria alle cause mosse da cittadini. Il Guardasigilli, Alfano, ha illustrato il testo al Quirinale. Dal segretario del Pd Bersani è arrivato un no secco. In prima pagina anche il retroscena sul premier che ordina di “non irritare il Colle”. Un Berlusconi colomba che cerca l’asse con il Colle e in un incontro ad Arcore lunedì dice ad Alfano: «Angelino, sulla riforma della giustizia non voglio litigare subito con Napolitano. Portiamogli un testo ragionevole. Mi interessa andare avanti, non provocare lo scontro». I servizi alle pagine 2 e 3 cominciano con un articolo di Alberto D’Argeno che scrive: «È arrivato il giorno della riforma della giustizia. Dopo sedici anni di annunci, minacce e marce indietro, oggi il consiglio dei ministri approva quella revisione costituzionale che il premier ha già definito “epocale”. Magistrati e opposizione sono sul piede di guerra per quanto filtrato della bozza che prima di diventare operativa avrà bisogno di due passaggi parlamentari in ciascuna delle Camere». Alfano vede Napolitano per due ore e si dice alla fine “soddisfatto” riferendo che il presidente “ha preso atto dei contenuti e “ha svolto considerazioni di carattere generale che ho ascoltato e recepito con la dovuta attenzione”. Dal Colle si fa sapere che il presidente ha auspicato che “si trovino larghe intese” evitando gli scontri dentro e fuori dal Parlamento. Ma le anticipazioni hanno scatenato le proteste dei magistrati che il 19 marzo riuniranno il loro parlamentino per discutere della riforma e la tensione sale anche sul versante politico. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani parla di una riforma che maschera una “manovra” dai contenuti “inaccettabili” pensata per “dare copertura politica alle leggi ad personam del premier, che certamente non sono finite».
«Silvio torna con la riforma della giustizia» è il titolo sulla foto del premier incerottato al centro della prima de IL GIORNALE. Il testo presentato ieri da Alfano viene illustrato a pagina 4, sotto il titolo «I pm che sbagliano pagheranno di tasca propria». L’incontro tra il ministro della giustizia e il presidente della Repubblica viene raccontato così: «Quando sale sul Colle, alle cinque della sera, Angelino Alfano è teso e preoccupato ma gioca subito i suoi assi. I due Csm, spiega, quello per i giudici e quello per i pm, saranno entrambi presieduti dal capo dello Stato, e i magistrati potranno essere chiamati in giudizio dai cittadini: la prima novità piace molto a Giorgio Napolitano, perché significa che le toghe non saranno controllata dal Parlamento. Quando esce, due ore più tardi, il guardasigilli ha il sorriso stampato». Alfano può fare un «Sospirone, esame superato», il ministro «si aspettava un clima diverso, un confronto più difficile. Invece tutto, o quasi, liscio. Niente gelo, come qualcuno aveva pensato. Nessuna prevenzione negativa, come altri dicevano». Anzi, per Il Giornale «Non si può parlare di via libera, perché il discorso, dicono le fonti, resta sui termini generali. Ma, nella sostanza, sembra che, per ora, non ci siano ostacoli da parte del Quirinale». Nella sua rubrica in prima pagina, invece, Marcello Veneziani scrive: «Ridurrei l’intera riforma della giustizia a un solo articolo: il magistrato non è Dio in terra», perché «il vero problema della giustizia è di natura teologica». Ma tutta la prima pagina de IL GIORNALE è dedicata alla giustizia. In particolare allo scontro tra il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti e i magistrati, il tema delle prime pagine è «Attacco al Giornale». Ci si riferisce alla denuncia della Associazione nazionale magistrati al Garante per la privacy per la pubblicazione da parte del quotidiano di alcune mail particolarmente critiche verso il governo. L’editoriale del direttore parte da qui: « I magistrati si sono molto arrabbiati dopo aver letto sul nostro quotidiano di ieri le loro email nelle quali sparlano di Silvio Berlusconi e degli elettori del centrodestra», messaggi che «smascherano un progetto politico che doveva restare segreto in quanto incompatibile con la loro professione e presunta indipendenza». Ma «questi magistrati che chiedono di censurare il Giornale hanno la coda di paglia. Dopo aver affossato la giustizia e azzoppato la politica, ora vorrebbero intervenire sull’informazione per decidere che cosa si può e si deve pubblicare». Il quotidiano si sente «sotto attacco» anche per la querela del finiano Italo Bocchino: «Schedati 36 giornalisti: il finiano Italo Bocchino querela mezzo quotidiano inventando il reato di stalking collettivo», è il titolo che campeggia in prima pagina, all’interno mezza pagina è occupata dalle foto dei giornalisti «vittime» del deputato finiano.
Richiamo nella parte bassa della prima pagina IL MANIFESTO per la riforma annunciata della giustizia. «Riforma “epocale”? Meglio un’intesa Il monito del colle» è il titolo sotto la foto di Angelino Alfano. Due le pagine dedicate alla politica italiana in generale (la 2 e la 3) che si aprono con un ampio articolo dedicato al tema principale «Alfano presenta al Quirinale la modifica «epocale» della giustizia. Il Colle avverte: “Maggioranza ampia”. Chiudono Pd e Idv, il Terzo polo prende tempo. E anche i responsabili puntano i piedi» sintetizza il sommario all’articolo di Sara Menafra che scrive: «Terrorizzato dal popolo e dalle urne che pure invoca ogni momento, Berlusconi ormai deve preoccuparsi soprattutto di garantire costantemente voti al suo governo. Così ieri mattina ha fatto mettere in agenda ad Alfano l’incontro serale col gruppo dei Responsabili, per parlare della riforma della giustizia subito dopo l’attesissimo appuntamento al Colle. L’obiettivo è recuperare l’appoggio del gruppo che aspetta da tempo di ricevere un riconoscimento in poltrone, per il salvataggio del 14 dicembre (…)» e chiude ricordando che: «In attesa di vedere il testo della riforma, l’Anm ha anticipato la riunione del parlamentino delle toghe che potrebbe cominciare a parlare di proteste: si vedranno il 16 marzo».
Sulla giustizia IL SOLE 24 ORE ospita l’editoriale in prima del costituzionalista Michele Ainis dal titolo “Per una giustizia veramente giusta”: «sicuro che c’è bisogno di scomodare la Costituzione per curare i guai della giustizia? Sicuro che la prima riforma costituzionale da mettere in cantiere è proprio questa? E saranno davvero salutari i nuovi principi iniettati nella Carta?», si domanda Ainis, che poi entra nel dettaglio delle proposte: «Ecco infatti la prima insidia di quest’iniezione ri-costituente: che poi tutto rimanga sulla carta, corrodendo in ultimo la nostra vecchia Carta, svilendone l’autorità e il prestigio. Ma è ancora più grave il rischio d’annacquare l’indipendenza del potere giudiziario, sottoponendolo al controllo del potere esecutivo. Un solo esempio: chi disporrà in futuro delle indagini? Se la polizia giudiziaria diventasse un soldatino del governo verrebbe ferito il senso stesso della legalità, insieme all’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale. Poi, certo, i principi di fondo cui s’ispira la riforma prossima ventura non meritano un’opinione dissenziente. Non è forse vero che il corporativismo, il correntismo, la fuga dalle responsabilità indicano altrettante malattie del corpo giudiziario? Di nuovo un solo dato: nel 2010 il Csm ha applicato misure cautelari in appena cinque casi, mentre dal 1988 in poi la legge sul risarcimento per gli errori giudiziari ha funzionato soltanto quattro volte, l’1% delle cause intentate. Sennonché non basta volgere lo sguardo al cielo dei principi: dipende da come li applichiamo sulla terra. Chi non sarebbe d’accordo, per esempio, nel pretendere un’ottima istruzione per i giovani? Ma se i professori, anziché bocciare gli studenti impreparati, li punissero col taglio delle dita, allora sì, qualcuno avrebbe da ridire. Vale per la responsabilità dei magistrati, se diventa una spada di Damocle che ne paralizza l’azione. Vale per la separazione delle carriere, se lega i pm al guinzaglio del ministro. Vale per il doppio Csm, se raddoppia i posti lottizzati fra i partiti. E a proposito, chi ne sarebbe il presidente? Se a Napolitano restasse da guidare soltanto un mezzo Csm, significa che la riforma avrà generato un mezzo presidente. E c’è poi l’altra faccia di questa medaglia giudiziaria. Meno monumentale, eppure di gran lunga più importante. È il lato dove si profilano riforme legislative, anziché costituzionali; oppure dove corrono interventi organizzativi, anziché normativi. Per esempio l’informatizzazione degli uffici giudiziari. Il loro sfoltimento (ne abbiamo in circolo 1.292, il doppio della Spagna). Una sforbiciata sui troppi procedimenti e riti (quelli civili sono 34). Un tappo al ricorso in Cassazione (in Italia deposita 30mila sentenze l’anno, in Inghilterra 75). Una ghigliottina per le nostre 40mila leggi, che rallentano i processi, e trasformano il diritto in una giocata a dadi. Magari queste riforme non aprirebbero al governo il pantheon della patria. Non regalerebbero a Berlusconi e ai suoi ministri un posto fra i nostri padri fondatori. Ma noi, figli disgraziati, gliene saremmo grati».
Il pezzo “Una riforma epocale per decidere chi comanda” di Massimo Tosi in seconda pagina di ITALIA OGGI nella sezione l’Analisi, appoggia la proposte che delineano la riforma sulla giustizia in quanto «riflettono, piuttosto, una revisione in senso liberarle che non ha dato, negli ultimi decenni, le prove di efficienza che qualunque cittadino si attende dai tribunali sia penali che civili». Ma soprattutto, fa rilevare il pezzo, questa riforma è il banco di prova che dirà chi comanda in Italia. «Qui si tratta di decidere», scrive Tosi «a chi spetta il ruolo centrale in un sistema democratico». I punti chiave della riforma sono invece descritti nel pezzo A pag 4 “ I magistrati saranno responsabili”. Il pezzo riporta anche una nota dell’Unione delle Camere penale che dice:«La via imboccata verso le riforme, questa volta, deve essere quella giusta. Non è più tempo di alibi e di conservatorismi». I penalisti invitano «tutti i soggetti della politica e della giustizia a mettere da parte i calcoli e le tattiche e confrontarsi sui temi delle riforme senza pregiudizi e preclusioni».
In prima pagina in taglio basso AVVENIRE dedica un box alLa giustizia. “Giustizia, oggi la riforma. Sia condivisa”. Pagina 11 dedicata all’argomento. Angelo Picariello firma “Giustizia, bozza al Quirinale: confronto senza strappi” «“Favorire il più possibile un clima condiviso nella riforma della giustizia”. Giorgio Napolitano con il ministro Angelino Alfano non va oltre un doveroso, e non certo inaspettato, monito di carattere generale sul provvedimento «epocale» che oggi arriva in Consiglio dei ministri». Inoltre Napolitano ha aggiunto «ma è fondamentale – ha auspicato fermo il capo dello Stato – che non si adottino nel frattempo con legge ordinaria provvedimenti che appaiano punitivi per la magistratura». Per quello che riguarda il merito della riforma Picariello sottolinea che «nell’ultima versione prospettata a Napolitano anche un possibile, fondamentale, correttivo dell’ultima ora, che restituisca la guida unica al presidente della Repubblica del sia pur sdoppiato Consiglio superiore, mentre si era parlato di un Csm dei magistrati della pubblica accusa guidato da un Procuratore generale della Cassazione». In un box a lato “Ammissibile il conflitto sul caso Mastella“ «la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri della Stato sollevato dal Senato nei confronti della Procura di Santa Maria Capua Vetere e del gup di Napoli in merito all’inchiesta sull’ex Guardasigilli, Clemente Mastella». Gianni Santamaria firma invece “Malumore al Csm: Noi inascoltati” «i togati del Csm si lamentano di non essere stati ascoltati sulle riforme della giustizia e denunciano un “clima torbido” contro la magistratura».
“Giustizia, pronta la riforma”. L’incontro del ministro Alfano con il presidente Napolitano occupa le prime pagine de LA STAMPA. Nell’editoriale a pagina 3 Marcello Sorgi annota l’attenzione mostrata dal Capo dello Stato: se nel giorno dell’anteprima della riforma costituzionale della giustizia, presentata al Quirinale dallo stesso Alfano, aveva lasciato trapelare la sua irritazione per il ritardo con il quale era stato messo al corrente del progetto del governo, ieri ha mostrato un atteggiamento di cauta apertura. “Al Pdl conviene avere il Colle come alleato”, è il titolo dell’editoriale, che prosegue con questa interpretazione: «Nei vent’anni di transizione infinita fra prima e seconda repubblica vissuti nei ruoli chiave di Presidente della Camera e ministro dell’interno, Napolitano ha maturato la convinzione che un riequilibrio nei rapporti fra politica e giudici sia necessario e il modo di arrivarci sia quello di una riforma il più possibile condivisa». A pagina 5 LA STAMPA pubblica un utile schema sui punti chiave della riforma: cambieranno dodici articoli della Carta.
E inoltre sui giornali di oggi:
EGITTO
LA REPUBBLICA – A pagina 19 parla dell’attacco ai cristiani copti che ha causato 13 morti in Egitto. Secondo il corrispondente Fabio Scuto «il Paese sembra precipitare nelle tensioni religiose che l’avevano sconvolto a dicembre, tensioni che sembravano sopite dopo il crollo del regime di Mubarak ma che sono riesplose con una violenza ancora maggiore». Il governo in allarme teme la “controrivoluzione”. E i Fratelli Musulmani, la principale forza di opposizione in Egitto, accusa il partito dell’ex presidente Mubarak, il Partito Nazionale Democratico e la Sicurezza di Stato del ministero dell’Interno di essere all’origine degli scontri tra copti e musulmani.
IL MANIFESTO – «Ritorno di fiamma» titola in prima pagina il MANIFESTO sulle manifestazioni di ieri in piazza Tahrir «Il Cairo brucia, l’esercito sgombera piazza Tahrir. “Vogliono cancellarci”, accusano i leader della rivolta che ha cacciato Mubarak. Mentre bande armate organizzate scatenano la guerra interreligiosa tra musulmani e copti: 13 morti e tensione alle stelle dopo l’incendio di una chiesa». Al tema è dedicata pagina 7 dove si trovano due articoli. Un’intervista a Hani Shukrallah, ex direttore dell’edizione inglese del giornale “al Ahran” e oppositore di Mubarak che legge nelle violenze contro i copti un tentativo di controrivoluzione da parte del vecchio regime perché «i rapporti tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana sono il punto più fragile della coesione sociale, quello che ha maggiormente risentito del clima internazionale di cosiddetto scontro di civiltà che, dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti da un lato e i jihadisti dall’altro hanno alimentato in ogni modo. Gli agenti del regime di Mubarak cercano di spezzare l’unità che milioni di egiziani, cristiani e musulmani, (…)». Di spalla l’articolo di cronaca sugli scontri dei giorni scorsi che hanno provocato 13 marti «Caos copti-musulmani Via le tende da Tahrir». Si legge: «(…) La ricomparsa dei picchiatori rende evidente quanto la resa dei conti con gli ex affiliati al Partito Nazionale Democratico sia tutt’altro che conclusa. (…) i nuovi scontri interreligiosi rendono chiaro quanto sia grave l’assenza di polizia e la debolezza del ministero degli interni in questa fase di transizione. Per questo la coalizione dei giovani rivoluzionari dedicherà la manifestazione del prossimo venerdì al dialogo tra religioni e alla fine dei settarismi».
ITALIA OGGI – A pag 10 il pezzo “Dopo Mubarak non c’è pace tra cristiani e musulmani” mette in evidenza due episodi: il primo riguarda quello dove cristiani copti si sono riuniti in un luogo diverso dalla cattedrale di San Marco per chiedere di cambiare l’articolo due della costituzione che afferma che la sharia è la fonte di ispirazione per il diritto. Il secondo riguarda l’assalto a una comunità copta, da parte di circa 4 mila musulmani, che avevano arrecato danni ingenti a una Chiesa. «I musulmani, riferisce Asianews hanno fatto esplodere all’interno sei bombole di gas, profanato le croci e distrutto le cupole».
AVVENIRE – Federica Zoia firma “Al Cairo riesplode la violenza sui copti”. «Tredici vittime negli scontri: almeno 6 i cristiani e 5 gli isalmici». Recita il sommario in cui si sottolinea che «è stato l’esercito a sparare». Dopo giorni di protesta «per il rogo di una chiesa al Sud, l’altra sera nella capitale sono scoppiati i disordini a Moqattam. Anticipato il coprifuoco».
LA STAMPA – “Scontri copti-musulmani: 13 morti”. Un primo piano su LA STAMPA riporta la cronaca degli scontri del dopo-Mubarak. «Con l’economia in ginocchio e l’ordine incerto, l’Egitto è investito da paurose ondate destabilizzanti che accelerano verso le promettenti incognite della democrazia o refluiscono verso le soffocanti certezze del vecchio ordine» commenta LA STAMPA. «Una desolante sensazione di precarietà avvelena la vita di tutti i giorni».
LIBIA
IL MANIFESTO – Quasi due pagine (la 8 e parte della 9) e un richiamo in prima pagina per seguire l’evoluzione della situazione libica. Il richiamo in prima è sugli aerei con gli inviati di Gheddafi che sono giunti in Europa a Lisbona e Bruxelles, ma anche al Cairo. Oggi è il giorno del vertice Nato che «sembra scartare l’area di non sorvolo ma rilancia sul blocco navale», come riassume il sommario all’articolo principale dal titolo “La fly-zone del colonnello” in un altro di taglio basso si punta all’escalation diplomatica e militare del Colonnello “«Gheddafi è fuggito» Giorno di voci e di bombe”.
IL GIORNALE – In prima pagina un intervento di Ida Magli: «Ecco perché l’Italia deve dire no ad azioni di guerra». Scrive la Magli:« Non ci sono prove, non ci sono documenti, è vero; ma è la logica che lo dice: l’islamismo sta per darci l’assalto finale», mentre gli Usa «Ci impongono l’immigrazione e vogliono farci prendere posizione militare a ogni costo, perché c’è un piano per sopraffare noi e l’Europa». Dire no agli americani «E’ l’ultima possibilità per continuare a esistere». All’interno viene ospitato un commento di Giulio Andreotti: «Il sospetto: dietro il caos libico gli interessi dei petrolieri Usa».
PARI OPPORTUNITA’
LA STAMPA – “L’onda rosa in cda. La legge è pronta”. Un terzo dei consiglieri delle società quotate sarà donna. Il disegno di legge arriverà in aula martedì per la votazione finale, «visto che» scrive LA STAMPA, «senza una norma le sanzioni previste dalla Consob le donne presidenti o membri dei consigli di amministrazione restano una sparuta minoranza. Su 274 società quotate gli uomini che ricoprono una carica sono il 92%. “E tra gli immigrati cinesi la parità c’è già” titola un articolo di taglio basso nello stesso servizio: metà delle imprese individuali registrate in Italia è guidata da donne.
AFGHANISTAN
IL MANIFESTO – Piccolo richiamo in prima e un articolo a pagina 9 per raccontare il record di uccisioni di civili nel 2010. Al tema è dedicata anche la vignetta di Vauro «Afghanistan – Raddoppiate le vittime civili» nel disegno un militare con una vignetta dalla scritta «Nato offerta speciale» e nel fumetto «Bombardi uno ammazzi due!». A pagina 9 l’articolo racconta questo “record” 2777 vittime civile uccise in Afghanistan. «Il 2010 è stato l’anno peggiore, per gli afghani, da quando il loro paese è sotto la “protezione” delle forze armate internazionali. Lo dicono le cifre raccolte nel rapporto annuale delle Nazioni unite sulle vittime civili in Afghanistan, pubblicato insieme alla Commissione indipendente afghana sui diritti umani e presentato ieri a Kabul. L’anno scorso 2.777 non-combattenti sono stati uccisi: è il numero più alto dal 2001, e rappresenta un aumento del 15% rispetto all’anno precedente (…)». Nell’articolo si spiega anche che tre quarti di queste vittime sono state provocate «dagli insorti. un aumento del 28% rispetto al 2009. È diminuita invece la parte attribuita alle forze Isaf-Nato e quelle afghane: 440 civili uccisi, meno 25% rispetto all’anno prima».
FACEBOOK
CORRIERE DELLA SERA – Pagina 25: “I matrimoni che finiscono per colpa di Facebook”. Viene dagli Usa la scoperta che il social network facilita i tradimenti, ma anche le scoperte dei tradimenti, e diventa prova nelle cause per divorzio. Commenta Beppe Severgnini: “E’ solo cambiata la velocità del disastro”…
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