Welfare

Giulio Albanese: Informazione? Troppi buchi neri

Il j’accuse del direttore di Popoli e Missione. «Quello che succede oggi è anche frutto del silenzio mediatico attorno all’Eritrea, al Sud Sudan, alla Libia»

di Giuseppe Frangi

«Dobbiamo smettere di pontificare sull’immigrazione e i suoi drammi. È tutta indignazione a scoppio ritardato». Padre Giulio Albanese di fronte all’ultima tragedia nel Mediterraneo richiama l’informazione alle sue responsabilità e alla gravità delle sue amnesie. Dice a Vita: «È inutile scoprire oggi questo dramma quando da mesi non leggiamo su nessuno organo di informazione una riga su quello che sta succedendo in Libia e soprattutto su quello che accade nei paesi da cui la gente continua a scappare. Le lacrime di oggi sono un’ipocrisia, è retorica. Se tutto questo sta accadendo è anche perché nessuno vuole aprire capitoli come quello che riguarda l’Eritrea».
Governata da un dittatore come Isaias Afwerki, l’Eritrea è uno dei paesi più chiusi del mondo. È un paese totalmentre nelle mani dell’esrcito che controlla anche tutti i comparti produttivi. «Il servizio militare obbligatorio comincia a 16 anni e finisce a 39 e riguarda maschi e femmine. Per questo la gente appena ha l’occasione scappa, sobbarcandosi una traversata dagli esiti incerti, o verso le coste libere o passando attraverso Israele. Ma vorrei ricordare che l’Eritrea è stata colonia italiana e quindi una certa conoscenza del Paese dovrebbe farci capire che cosa sta accadendo lì e quali ne sono le conseguenze. È stupido aprire gli occhi quando vediamo questi disperati sbarcare a Lampedusa».
La denucia sulle condizioni assurde del servizio militare era già stata fatta da Amnesty, indicandola come una delle principali ragioni di fuga dal Paese, grande circa un terzo dell’Italia e con meno di cinque milioni di abitanti. La “fuga” viene punita duramente.
«L’informazione italiana è impregnata di pietismo. Scatta su questioni come quelle delle ragazze rapite in Nigeria, ma tace su tragedie di ben altre dimensioni. Che cosa sappiamo di quello che sta avvenendo in Libia? Dopo la primavera araba è un paese diviso per bande, con gruppi che si contendono il potere e il territorio e che hanno più relazioni con la mafia che non con la diplomazia». Un paese strategicamente nevralgico per quanto riguarda i flussi migratori, per i suoi 4400 km di frontiere terrestri (di cui 360 con il Sudan) e 1700 di litorale. «Ma guai a fare di tutte le erbe un fascio: c’è chi continua a fare informazione come le riviste del terzo settore, come Limes. E Rainews24 sta inziando a seguire con attenzione l’Africa»
Infine un appunto sull’Europa, alla vigilia delle elezioni. «Pensiamo che tutto il problema stia nell’accoglienza. Invece c’è un problema a monte, quello di una politica che controibuiosce a creare questi flussi, ad esempio imponendo gli Epa. Questo paradosso rende l’idea: sulle bancarelle di molti mercati africani si comperano i pomodori di Villa Literno, coltivati in Italia dagli africani, alle condizioni che sappiamo. I contadini locali infatti non possiamo competere di fronte alla nostra economia agricola sussidiata».
 

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