Politica

Giuliano da Empoli: «Possiamo davvero governare con un algoritmo?»

Un dialogo con Giuliano da Empoli sui rischi e le sfide del governo che verrà, se verrà. L’operazione di governare con un algoritmo, spiega il politologo, «non è impossibile, ma è piuttosto spericolata. Per questa ragione non cadrei in eccessivo ottimismo. Gli animal spirits dell’algoritmo tendono al peggio, meglio non farsi illusioni e lavorare sodo su contenuti e valori»

di Marco Dotti

Siamo ossessionati dai leader e dai "capi politici" che occupano la scena. E, malgrado tutto, vorrebbero continuare a occuparla. Rischia così di restare nell'ombra la vera sfida per il governo che verrà, se verrà: è davvero possibile governare con un algoritmo?

Alla vigilia del voto sulla piattaforma Rousseau, che passerà al vaglio la possibile alleanza PD-5S, abbiamo incontrato con Giuliano da Empoli, presidente del think tank Volta, che ha scritto due dei libri – entrambi editi da Marsilio – più informati sul tema: La rabbia e l'algoritmo e Gli ingegneri del caos.

L'algoritmo, la rabbia, la sfida

La rabbia e l’algoritmo è il titolo di uno dei suoi ultimi lavori. Tolto il problema della rabbia, resta l’algoritmo e il rapporto tra PD e M5S non sembra meno problematico…
L’algoritmo, in un certo senso, ci aiuta. Ci aiuta perché il M5S è costruito più come un contenitore, che come un contenuto e funziona, se vogliamo restare su questa immagine, come l’algoritmo di Youtube. Che cosa fa l’algoritmo di Youtune? L’algoritmo di Youtube ti ridà indietro quello che vuoi vedere, con una variabile: ti spinge verso contenuti che siano il più possibile gridati, emozionali, suscettibili di provocare delle reazioni e delle emozioni. Lo fa perché il suo criterio è quello dell’engagement, quindi deve coinvolgere il più possibile.

Lo stesso accade per l’algoritmo del Movimento: da un lato può veicolare qualsiasi contenuto, perché risponde semplicemente alle preferenze dell’utente/elettore. Dall’altro, però, tende sempre verso la rabbia, verso risposte gridate da dare a qualunque costo, anche su istanze sbagliate.

Ma se torniamo alla sua natura di contenitore e non di contenuto, uno spazio di manovra si apre, anche con l’algoritmo…
Diciamo che è proprio questa dinamica che ha permesso al M5S di accompagnare il percorso di Salvini in modo così lineare per un anno e mezzo. D’altra parte, però, proprio questa assenza di contenuto permette o può permettere al Movimento di cambiare improvvisamente e radicalmente direzione, così come ha fatto moltissime volte proprio su temi cruciali (immigrazione e Europa, su tutti). Voglio dire che, di fronte a un contenuto forte, come quello che può scaturire da un alleato di governo con una piattaforma chiara, il M5S può anche essere un partner relatvamente affidabile.

Ovviamente serve il contenuto forte e la tesi è tutta da dimostrare. Anche perché, come dicevo prima e al contrario di quanto pensano molti sinistra, in realtà l’algoritmo grillino è più compatibile con contenuti estremi, che suscitano emozioni violente, come quelli della Lega, che con contenuti moderati, riformisti come quelli del PD.

Dopo il diluvio giallo-verde

Un anno e mezzo fa lei era molto contrario a un’alleanza tra PD e M5S…
Assolutamente contrario, soprattutto perché pensavo che un governo a trazione integrale nazional-populista come quello che abbiamo sperimentato nell’ultimo anno e mezzo avrebbe generato una reazione, nell’opinione pubblica e nelle classi dirigenti, che avrebbe prodotto un’alternativa. Quella reazione, invece, c’è stata solo in minima parte e oggi ci troviamo a fare i conti con una situazione che è l’opposto di una situazione ideale.

Ma la politica può essere concepita sia come ricerca dell’ideale, e allora siamo lontanissimi da questa situazione, sia come un agire volto a evitare il peggio. In Italia, purtroppo, il peggio si presenta abbastanza frequentemente e in questo caso si è presentato nella forma, a mio avviso lampante, del cortocircuito che Matteo Salvini è riuscito a produrre da Ministro dell’Interno, trasformando un organo dello Stato in un puro veicolo di propaganda e di odio. A questo punto si tratta di evitare il peggio.

Al tempo stesso sono cambiate le condizioni complessive del sistema-Europa: i gilet gialli sono in qualche modo usciti di scena, le elezioni di maggio non hanno consegnato le chiavi del continente ai sovranisti…
Il risultato delle elezioni europee su scala continentale ha mandato un segnale: la crisi dell’Europa è grave, ma forse la sua fase acuta, anche grazie al trauma del Brexit, è stata o è in corso di superamento. Con l’eccezione della Gran Bretagna, che si sta avvitando in una crisi drammatica, i risultati delle elezioni europee ci dicevano che: a) era in aumento la partecipazione al voto, cresciuta ovunque fuorché nel nostro Paese; b) i partiti pro-europei hanno dato l’impressione di prevalere ovunque, fuorché in Italia e in parte del blocco dell’Est.

Le elezioni quindi avevano rafforzato l’idea di una difformità delle tendenze politiche in corso sul continente, rispetto all’Italia che sembrava seguire la strada opposta. Ora, la crisi dell’alleanza giallo-verde ha riaperto i giochi e i percorsi fra Italia e Europa si possono riallineare in una dinamica europea che dopo le ultime elezioni ha ricominciato ad essere costruttiva.

L’algoritmo, che è molto sensibile, sembrerebbe averlo sentito spingendo i 5stelle a votare la conferma della Presidente della Commissione. D’altronde, quel voto segna l’atto di nascita di una nuova maggioranza politica anche in Italia. L’algoritmo si è spostato nei confronti dell’europeismo, magari un europeismo critico, ma non da sottovalutare. Per gli italiani che sono affezionati all’appartenenza europea dell’Italia questo apre uno spiraglio di speranza.

Trasformare la rabbia in risorsa

L’algoritmo può essere più attento, più sensibile, persino più intelligente – in termini dinamici – rispetto ai “capi politici” che pretendono di cavalcarlo…
Come le dicevo, il problema dell’algoritmo è che non ha valori e generalmente, pensi a quello di Google, Youtube o Facebook, finisce per favorire le pulsioni più deteriori. Io credo che l’algoritmo del M5S abbia lo stesso problema: ha dimostrato di essere molto efficace, ma è purtroppo privo di valori. Al di là del valore generico della collera, che però non è un valore ma un sentimento, non c’è altro.

Questo problema non rischia di investire anche il Partito Democratico?
In questa fase il PD ha scelto, e a mio avviso non poteva scegliere altrimenti, di “governarlo”. L’operazione non è impossibile, ma è piuttosto spericolata. Per questa ragione non cadrei in eccessivo ottimismo. Gli animal spirits dell’algoritmo tendono al peggio, meglio non farsi illusioni e lavorare sodo su contenuti e valori. Il grandissimo tema che si apre è: riuscirà la sinistra, come storicamente ha fatto nel corso della sua storia, a intercettare la rabbia? Non dando, però, come nel caso dell’algoritmo, uno sfogo estremo a questa rabbia, ma offrendo una risposta politica positiva.

Di fronte a un contenuto forte, come quello che può scaturire da un alleato di governo con una piattaforma chiara, il M5S può anche essere un partner relatvamente affidabile. Ovviamente serve il contenuto forte e la tesi è tutta da dimostrare. Anche perché, al contrario di quanto pensano molti sinistra, in realtà l’algoritmo grillino è più compatibile con contenuti estremi, che suscitano emozioni violente, come quelli della Lega, che con contenuti moderati, riformisti come quelli del PD

Giuliano da Empoli

Il grande precedente storico di una risposta efficace a una rabbia populista molto forte resta quello di Franklin Delano Roosevelt. Rimane il precedente di un grande uomo politico, progressista che a fronte del montare dei movimenti populisti, del montare in Europa dei fascismi e del montare della grave crisi economica che era alla radice di molta di quella rabbia ha saputo offrire una risposta. Una risposta che era certamente tecnica e di comunicazione, ma soprattutto politica, di contenuto. Il New Deal, gli investimenti sociali, la nascita dell’antitrust, le grandi regolamentazioni economiche nate in quel periodo hanno dato uno sbocco positivo alla rabbia. Le risposte oggi sono diverse, il modello è lontano nel tempo, ma la sfida resta la stessa. Trovare la risposta, senza eludere la domanda

Salvini non è finito

In Italia si parla di Salvini come se fosse politicamente finito. Concorda?
Salvini non è finito. Per lui si apre inevitabilmente un grande spazio politico. Speriamo che, in prospettiva, sia troppo indebolito per sfruttarlo. Però è chiaro che quello spazio c’è, è uno spazio di rabbia e rancore e il rischio che la nuova coalizione di governo venga presentata unita solo dall’interesse di bottega è grande. L’unico vantaggio che abbiamo è che a questo punto non è più Salvini ad avere l’iniziativa, dovrà limitarsi a giocare di risulta, vedremo con quali esiti.

Che cosa dovremmo temere di più?
Io temo la mancanza di preparazione e professionalità del ceto politico del M5S che, in qualunque momento, persino senza un disegno preordinato può provocare delle esplosioni, delle detonazioni, dei cortocircuiti, specie se messa a confronto con una classe dirigente iper-professionalizzata e iper-politica come quella del PD. D’altro canto, temo anche il grigiore di una parte del ceto politico del Partito Democratico. Temo che non abbia la forza di imporre i propri valori e le proprie posizioni nell’ambito di questa alleanza, temo che non lo faccia nel modo in cui va fatto.

Le destre globali hanno studiato a fondo Antonio Gramsci, lo hanno studiato alla loro maniera ma con una visione strategica, soprattutto sul concetto di egemonia. A noi è mancata questa visione strategica e ci siamo fatti egemonizzare dalle idee altrui. Per questo se la nostra risposta ai 5Stelle si ridurrà solo a un onesto professionalismo politico temo che non ce la faremo

Giuliano da Empoli

Come andrebbe fatto, a suo avviso?
Anche usando l’algoritmo, con elementi di comunicazione. Bisognerebbe fare un’operazione-Salvini al contrario. Bisognerebbe che qualcuno riuscisse a egemonizzare questa coalizione con i propri valori e le proprie idee, portandole nella proprie direzione. È brutto dirlo, ma con toni opposti, modalità opposte, valori positivi servirebbe qualcuno con la medesima forza comunicativa di Matteo Salvini.

Le destre globali hanno studiato a fondo Antonio Gramsci, lo hanno studiato alla loro maniera ma con una visione strategica, soprattutto sul concetto di egemonia. A noi è mancata questa visione strategica e ci siamo fatti egemonizzare dalle idee altrui. Per questo se la nostra risposta ai 5Stelle si ridurrà solo a un onesto professionalismo politico temo che non ce la faremo.

L'ospite

Giuliano da Empoli (Parigi, 1973) è presidente del think tank Volta. Con Marsilio ha pubblicato, tra gli altri, Overdose (2002), Fuori controllo (2005), La sindrome di Meucci (2006), Obama. La politica nell’era di Facebook (2008), Contro gli specialisti (2013) e La rabbia e l’algoritmo (2017). Gli ingegneri del caos è stato pubblicato in Francia da JC Lattès ed è in corso di traduzione in diversi paesi.

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