Scenari

Giovanna Melandri: «L’economia sociale è l’argine contro il trumpismo»

Statunitense di nascita, parla la presidente di Human Foundation e di Social Impact Agenda per l’Italia: «È il momento di chiedersi come attrezzare un'opposizione efficace, culturalmente e politicamente. Bisogna difendere, con ancora più grande convinzione, il modello economico sociale europeo sia sul tema degli Esg sia su quello del fact checking sull'informazione»

di Ilaria Dioguardi

Nel suo primo giorno da presidente, Donald Trump ha firmato i primi 50 ordini esecutivi «che sono davvero allarmanti», dice Giovanna Melandri, newyorkese di nascita, presidente Human Foundation e Social impact agenda per l’Italia – Sia. «Del resto, è tutto orribile, ma tutto prevedibile».

Melandri, dopo i proclami e i primi provvedimenti del 47esimo presidente Usa, la sua parte americana cosa prova?

La mia parte americana soffre, mi sanguina il cuore. Philip Roth, 20 anni fa, scriveva un libro, Il complotto contro l’America, sul rischio dispotico del continente. Adesso c’è veramente il rischio che questa grande democrazia si stia trasformando in qualcosa d’altro. Trump ha firmato questi primi 50 ordini esecutivi, mai così tanti nello stesso giorno dell’insediamento. Questa prova muscolare non ci deve stupire. Sono i primi passi di una svolta che, penso, si possa definire autoritaria. Comprendono, peraltro, un aspetto che non tanti stanno dicendo.

Quale aspetto?

Comprendono la revoca di un’ottantina di ordini esecutivi firmati da Joe Biden. La continuità amministrativa tra una presidenza e l’altra, con il passaggio dei dossier, delle consegne non ha mai avuto una dimensione così di rottura come in questo caso. Nella liturgia istituzionale americana Trump ha rotto ogni liturgia. L’aveva già fatto nel primo mandato, quando non aveva accolto alla Casa Bianca il presidente Biden, eletto dopo di lui, rifiutando il passaggio di consegne.

Uno degli effetti dell’elezione di Trump è il disimpegno, dichiarato nelle ultime settimane, da molti fondi Esg.

Sì, ad esempio, dall’alleanza Climate Action 100+ e da Net-Zero Banking Alliance – Nzba. L’ultimo è BlackRock, ma non è il solo, è una lunga lista (VITA ne ha parlato QUI). C’è questo allineamento all’ondata culturale sia dei miliardari della infosfera che dei grandi gestori di patrimoni finanziari immensi. Penso che l’America sia anche altro, voglio sperare che alcuni di questi processi siano già stati integrati nelle scelte economiche imprenditoriali, anche finanziarie, di molti fondi, di molti soggetti, di molte imprese. Quando i brand, sia sugli aspetti ambientali, sia sulla Esg, sia sul green, sia sulla diversity si posizionano in maniera “esibizionista” come diversity green friendly, e con la stessa velocità poi cambiano idea, sono figurine di marketing, non sono strategie vere.

Giovanna Melandri

Ci sono volumi e volumi di letteratura, di studi, di indagini che dimostrano che, quando le politiche per l’inclusione e le politiche Esg sono fatte seriamente, quando aumentano inclusione e sostenibilità, incrementano sviluppo economico e competitività delle aziende. Cioè sono fattori di dinamismo, di crescita, di efficacia produttiva. Tra 18 mesi ci sono le Middle election, le elezioni di metà mandato. Quel vantaggio molto piccolo, di pochi congressmen, che il partito di Trump ha al Congresso, potrebbe essere ribaltato. Già questo ridurrebbe questa cavalcata autoritaria negli Stati Uniti. C’è un fattore su cui penso che bisognerebbe contare e su cui bisognerebbe costruire delle alleanze strategiche.

Quale?

Penso a quelle aziende e a quei pezzi dell’economia che hanno già scelto, che hanno fatto sul serio, che non hanno considerato né la sostenibilità ambientale né l’inclusione sociale una figurina di marketing ma un elemento strategico di sviluppo. Quelli sono i presidi che contrastano e, naturalmente, quella è l’Europa.

Da questo punto di vista, secondo lei cosa deve fare l’Europa?

L’Europa deve difendere, con ancora più grande convinzione, il modello economico sociale europeo sia per quanto riguarda il tema degli Esg sia per quello del fact checking sull’informazione. Negli ultimi cinque-sei anni, l’Europa ha segnato un percorso serio perché è l’unico teatro del mondo in cui la finanza Esg è stata regolata. Larry Fink, il patron di BlackRock, ha deciso di uscire dalle coalizioni di Esg. Prima ne era un paladino, ma nessuno, né ieri né oggi, poteva verificare se quello che diceva era vero.

In Europa, invece?

La finanza europea, invece, ha introdotto un quadro regolatorio molto preciso che è la tassonomia e poi il modello di misurazione Sfdr (Sustainable finance disclosure regulation, ndr). È quello su cui lavoriamo con Human Foundation da 15 anni. La stessa cosa vale per la diversity, in Europa è regolamentata come un fattore di inclusione, di crescita e di competitività del settore produttivo. Nel nostro continente siamo dentro l’idea di una società aperta, in cui le diversità fanno ricchezza, non fanno problema. Questo è il modello che dobbiamo difendere e che la vittoria (e queste prime mosse) di Trump rende ancora più importante.

Per quanto riguarda l’IA, sono state revocate le linee guida d’uso di Biden.

Sì, Trump le ha ritenute troppo restrittive, in America ora non esistono più standard obbligatori o test di sicurezza preventivi per i sistemi di intelligenza artificiale. Vorrei sottolineare anche il ritorno alla pena di morte a livello federale, con l’indicazione a tutti i penitenziari di avere sufficienti armi letali: spesso non riescono a eseguire le pene capitali perché non ne hanno abbastanza. Molto importante è anche il ritiro dall’accordo sulla Global minimum tax.

Ci spieghi meglio.

Trump ha promesso di tutelare le aziende statunitensi se all’estero sono soggette a un extra tassazione. Verrebbe da dire che la stessa cosa dovrebbe accadere al contrario. Invece, il presidente vuole mettere dazi. È un’America chiusa, protezionista, sovranista, nazionalista, negazionista, feroce, cattiva. Mi ha commosso molto il sermone della reverenda Mariann Edgar Budde che ha detto al presidente che c’è gente che sta soffrendo, che ci sono figli di famiglie Lgbtqia+ che hanno timore di essere separati dai loro genitori.

Mi sanguina il cuore a pensare al grado di dolore, di violenza inflitti a quei milioni di migranti che il presidente vorrebbe far tornare a casa. Tra il dire e il fare un’operazione del genere ci sono di mezzo forze dell’ordine, violenza, lacerazione di famiglie, dolore, ferite. Tutto questo, ribadisco, con l’equazione che i migranti sono criminali. Intanto, però, alcuni veri criminali vengono graziati. Trump, oltre ai rivoltosi di Capitol Hill, ha concesso la grazia ad una persona che vale la pena citare.

Di chi si tratta?

È Ross Ulbricht, il fondatore di Silk Road. È uno dei noti trafficanti di droghe pesanti sul dark web.

Occorre costruire alleanze strategiche con quei pezzi del mercato, della società, dell’imprenditoria, dei sindacati, delle organizzazioni, del Terzo settore, dei civili che sono già impegnati

Per quanto riguarda il tema dell’impatto ambientale, quanto la preoccupa questo presidente?

Trump nega l’emergenza climatica. Esce dall’accordo di Parigi, in verità l’aveva già fatto nel 2017. Replica un approccio che aveva già avuto. Sul negazionismo climatico, sull’uscita dall’accordo di Parigi, sull’abbandono delle politiche climatiche globali e su questa nuova spinta verso il gas e il petrolio (soprattutto quest’ultimo), ha risposto molto bene Al Gore. Ha pubblicato, un paio di giorni fa, una dichiarazione in cui dice che Trump è un presidente che nega l’emergenza climatica malgrado l’uragano Helen, la California che va in fiamme, i gravissimi effetti che l’emergenza climatica globale sta portando anche lì. Ma la verità è che c’è un pezzo dell’industria dell’apparato produttivo americano che ha già fattorizzato, internalizzato questa scelta. Tra l’altro, il presidente Biden con il piano Ira (Inflation reduction act) aveva sostenuto, sovvenzionato e finanziato moltissime di queste clean green tech, non sarà mica tanto facile per Trump tornare indietro da questo.

E l’idea di Trump di “deportare” milioni di migranti?

È un orrore questa equazione “migranti” uguale “criminali”. Trump proibisce alle agenzie federali di rilasciare documenti ai nati da genitori immigrati negli Stati Uniti. Quest’ordine esecutivo colpirebbe anche i futuri bambini nati da madri presenti nel Paese legalmente, ma temporaneamente. Ma, soprattutto, colpisce alcuni settori produttivi. E io mi aspetto una reazione. Una buona parte dell’agricoltura americana, e delle imprese manifatturiere americane, è dipendente da questa manodopera. L’abisso etico e morale dell’ordine esecutivo che equipara il migrante al criminale mi auguro che verrà, in parte, contrastato dalla realtà economica e produttiva di quel Paese. Poi c’è tutta la questione del confine con il Messico, la dichiarazione dello stato di emergenza, del blocco a tutti i richiedenti asilo, rispetto ai quali straccia qualunque legislazione sui diritti umani.

Bisogna costruire una visione e dei modelli di transizione ambientale, sociale, di sostenibilità e di inclusione pragmatica, possibile, concreta

Trump ha firmato un ordine esecutivo per mettere al bando “l’ideologia gender”, con il riconoscimento solo dei due sessi, femminile e maschile.

Ieri è andato oltre, ha chiuso gli uffici federali Deia (Diversità, Equità, Inclusione e Accessibilità), ha mandato tutti i dipendenti a casa. Dipendenti federali di quello che Trump, peraltro, considera uno dei suoi grandi nemici che è lo Stato federale americano, quello che lui chiama il Deep State, ma che in realtà sono funzionari pubblici che lavorano nei vari uffici; quelli che si sono occupati fino a oggi di diversità nella pubblica amministrazione, nelle scuole, negli ospedali sono messi in congedo. Perché Trump ha chiuso tutti i programmi, la sua portavoce lo ha annunciato ieri.

Del resto, è tutto orribile, ma tutto prevedibile. Bastava leggere il Project 2025. (Presidential transition project, ndr). Il presidente, in campagna elettorale, ha preso le distanze da quel documento ma la prospettiva è chiara. Prima ci sono solo due generi, poi ci spiegheranno quali sono i ruoli da attribuire ai due generi “ammessi” tra virgolette ammessi e poi quali e quante sono le razze, poi il modello sociale. Insomma, è veramente terribile, per non parlare della deportazione.

Secondo lei, cosa è il momento di fare ora?

Credo che sia veramente il momento di chiedersi come, culturalmente e politicamente, attrezzare un’opposizione efficace. Non c’è da prendere nulla sottogamba. Piuttosto c’è da reagire, da costruire una proposta politica, culturale, etica. Bisogna costruire una visione e dei modelli di transizione ambientale, sociale, di sostenibilità e di inclusione pragmatica, possibile, concreta. Guai a contrapporre all’ideologia un’altra ideologia, ma valori ai disvalori. Mai contrapporre al negazionismo (per esempio nell’ambito climatico) un’ideologia astratta.

Occorre costruire alleanze strategiche con quei pezzi del mercato, della società, dell’imprenditoria, dei sindacati, delle organizzazioni, del Terzo settore, dei civili che sono già impegnati. Questo deve suonare, secondo me, come monito anche per noi in Europa dove il primo compito oggi (nostro e di tutti i democratici) è difendere il modello economico sociale europeo. Non è il momento di fermarsi, di arretrare di fronte a questo ciclo politico americano che, dal mio punto di vista, è portatore di tanti disvalori.

L’America è un Paese che ha tanti checks and balances. Questi 18 mesi per il Partito Democratico devono servire per rimettersi in sesto. Provare, in alcuni degli swing States, a recuperare il proprio parlamentare, il proprio congressman è molto importante: già avere una maggioranza ribaltata al Congresso cambierebbe tutto. Questa ondata di ordini esecutivi dimostra anche la consapevolezza che molte di queste decisioni devono essere deliberate dal Congresso, dove hanno una maggioranza ma è molto risicata.

In apertura, foto LaPresse. La foto dell’intervistata è dell’ufficio stampa Human Foundation

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