Welfare

Giovani volontari all’estero. Partiamo partiamo!

Trend. Vivere la globalizzazione, non parlarne

di Emanuela Citterio

Chiara ha timidi occhi scuri. Andrea ha 28 anni e negli ultimi otto ha vissuto quasi sempre fuori dall?Italia. Paola, 30 anni, ha lasciato un lavoro sicuro per realizzare un sogno. Hanno storie diverse, non si conoscono, ma sono tutti giovani e raccontano come hanno deciso di raccogliere la sfida della globalizzazione. Si sono inventanti progetti e iniziative «perché il cambiamento», dicono, «avviene soltanto quando alla protesta aggiungi scelte che riguardano la tua vita». E madre Teresa parlò Gli occhi scuri di Chiara Doneda sono timidi, ma lo sguardo esprime determinazione quando ti parla dell?India. A soli 23 anni, è la coordinatrice nazionale di Progetto Calcutta, un?associazione gestita da giovani, nata dall?iniziativa di alcuni studenti di medicina e dall?intuizione di una persona particolare. «Tutto è cominciato quando una ragazza dell?università di Milano, Francesca, è andata come volontaria da Madre Teresa», racconta. «Fu lei a dirle che un medico indiano aveva deciso di lavorare per i più poveri nei villaggi intorno a Calcutta e che aveva bisogno di aiuto». Francesca torna e racconta la sua esperienza a compagni di università e amici. Cominciano a partire altri volontari, poi si forma un gruppo che riesce a farsi riconoscere come associazione dall?università e a collegarsi a un?organizzazione mondiale che raccoglie tutte le associazioni di studenti di medicina. Ogni mese partono cinque universitari e viene garantita una rotazione che copre tutto l?anno. Oggi l?associazione riceve 70 richieste al mese da parte di giovani disponibili al volontariato in India. «Siamo ormai una rete globale», dice Chiara, che ha condiviso l?esperienza con la gemella Anna. E gli esami? «Il mese di volontariato in India è prezioso anche per la nostra formazione, anche se l?università non riconosce ancora ufficialmente queste esperienze. Per me è stato come un corso: mi ha fatto crescere dal punto di vista umano e professionale. E mi ha fatto capire che tipo di medico voglio essere». Lasciamo Chiara per incontrare un altro progetto messo in piedi e gestito da giovani. Si chiama Terra e libertà. A rimboccarsi le maniche ci sono i ragazzi dell?Ipsia (Istituto pace e sviluppo delle Acli), che in gruppi partono per la Bosnia e il Kosovo, realtà più vicine rispetto all?India «ma che sembrano lontanissime nell?attuale modello di globalizzazione», sottolinea Paola Villa, 29 anni, coordinatrice dei progetti. I primi volontari sono partiti per la Bosnia nel 1992 per portare aiuti umanitari, poi si sono accorti che non bastava e hanno deciso di dare un contributo alla convivenza fra le etnie organizzando attività ricreative con i bambini. Dal ?92 al ?98 sono stati 2.500 i volontari coinvolti, quasi tutti giovani fra i 20 e i 30 anni. Nel ?99 è iniziata l?esperienza in Kosovo. Per partecipare i ragazzi dell?Ipsia si autotassano e mettono a disposizione le vacanze estive. Alcuni partono per tre settimane, altri per periodi più lunghi. Paola ha deciso di fare il salto, e ha vissuto per due anni in Kosovo. Ora lavora a tempo pieno alle Acli al progetto Terra e libertà. Sulla strada che da un?esperienza limitata nel tempo porta a cambiamenti radicali di vita ritroviamo anche Andrea Pagliarani, 28 anni, di Operazione Colomba. Negli ultimi otto anni ha vissuto in Croazia, Kosovo, Cecenia, e in ciascuno di questi Paesi è restato per almeno due anni. Operazione Colomba è un gruppo nato dall?iniziativa di alcuni obiettori di coscienza nel 1992. E quanto a scelte radicali, qui non si scherza: i volontari si mettono in mezzo, letteralmente, nelle situazioni di conflitto, garantendo una presenza stabile in zone dove sono in corso conflitti civili e vengono violati i diritti umani. Alcuni, come Andrea, fanno da punto di riferimento e rimangono a lungo. Lo scopo? Fare da deterrente, attraverso una presenza internazionale, alle violenze e alle violazioni dei diritti umani, e far sapere quello che sta succedendo. Fino a oggi Operazione Colomba ha coinvolto 700 persone, quasi tutte giovani, che hanno vissuto nei punti più caldi del pianeta, compresi Chiapas e Timor est. Oggi Andrea è in partenza per Israele. Il suo impegno a tempo pieno si deve al sostegno dell?Associazione Papa Giovanni XXIII, di cui Operazione Colomba fa parte. Non ha uno stipendio. «Gli amici e la mia famiglia all?inizio mi hanno preso per matto, poi si sono rassegnati», spiega. «Forse un giorno la figura di chi opera per la mediazione nei conflitti verrà riconosciuta dallo Stato. Noi abbiamo scelto di rischiare, e di cominciare ad aprire una strada. Non partiamo per fare gli eroi, ma per farci vicini, nei limiti del possibile, a chi vive la guerra sulla pelle». Da protesta a progetto Lasciamo Andrea ai suoi preparativi per la partenza verso Israele, dove collaborerà con un gruppo di giovani americani che hanno le stesse finalità di Operazione Colomba, e con un?associazione palestinese che opera per la convivenza. Vicino al movimento anti globalizzazione, ma con una prospettiva costruttiva, troviamo Paola Giroldini, 30 anni. È stata a Praga nel 1990 a protestare contro le politiche della Banca mondiale, e ha seguito le contestazioni contro l?attuale modello di globalizzazione sin dalle prime manifestazioni. Prima in un centro sociale a Milano, poi la svolta: insieme a due amici fotografi decide di buttarsi e fonda un?associazione non profit, Specchiodelmondo, con l?intenzione di produrre materiale informativo sul sud del mondo per conto di ong o enti pubblici. Grazie alla sua formazione come animatrice sociale, e alla professionalità dei due fotografi, il progetto decolla. Una ong di Milano commissiona reportage fotografici, e partono alcuni progetti di animazione nelle scuole sui temi dei diritti umani e della mondialità. «Sentivo l?esigenza di tentare una strada diversa, di trasformare la protesta in progettualità», spiega Paola. Anche lei in quanto a scelte drastiche non si tira indietro. Da Milano è andata a vivere in Umbria, non va più nei supermercati a comprare la verdura ma coltiva la terra, e non ha più l?automobile. Gira in bicicletta e in treno. «Sto attenta a quello che consumo e cerco di vivere come desideravo da tempo, in modo più semplice e meno artificiale», racconta. La logica del dare Dalla quiete dell?Umbria torniamo a Milano per incontrare un gruppo di ragazzi di Giovani per un mondo unito, del movimento dei Focolari. Hanno creato un fondo insieme ad altri giovani sparsi in tutto il mondo, mettendoci del proprio e organizzando concerti. «È una specie di globalizzazione delle risorse, anche economiche, basata sulla logica del dare e non dell?avere», spiega Giorgia Bresciani, 28 anni. «Chi ha di più dà a chi ha più bisogno in quel momento, ma non si tratta solo di aiuti unidirezionali, dal Nord al Sud. Anche nei Paesi poveri i giovani si danno da fare per chi ha più bisogno. Nelle favelas, ad esempio, un gruppo di ragazzi brasiliani si è impegnato in un progetto per i bambini di strada. Lo scorso anno gli aiuti per l?Africa sono arrivati dai giovani di un Paese povero, le Filippine». Dall?Albania al Burundi, dal Camerun alla Costa d?Avorio, dalla Romania alla Bulgaria, il fondo ha permesso ai giovani di ricevere borse di studio per formarsi nel proprio Paese e contribuire al suo sviluppo. «Lo scopo non è quello di fare beneficenza», sottolinea Giorgia, «ma di lavorare per una globalizzazione più equa: se qualcuno vive in condizioni di povertà e ingiustizia non possiamo dire di vivere in un mondo unito». Vi è venuta voglia? Per fare come loro In Kosovo con Ipsia e Pl@netnoprofit L’Ipsia propone nei mesi di luglio e agosto campi di animazione in Bosnia e Kosovo. Si parte in gruppo per turni di 10 o 20 giorni. Le attività sono rivolte ai bambini, agli adolescenti, ai disabili e alla popolazione Rom. I volontari italiani daranno una mano organizzando momenti di gioco e laboratori di attività creative e manuali. Info: Acli, tel 02.7723285 www.acli.it/ipsia/volontariato.htm Un’altra associazione di giovani, Pl@netnoprofit, organizza un campo a Rudnik, a 30 km da Mitrovica, per agosto insieme agli Ingegneri senza frontiere. I volontari collaboreranno nell’attivazione di corsi di informatica e nella ristrutturazione di un ambulatorio. Info: tel. 338.8387246 www.planetnoprofit.org Un campo sulle Ande per il Coopi La ong Coopi offre a 10 giovani sopra i 21 anni la possibilità di un campo di lavoro in Bolivia della durata di 21 giorni (dal 20 luglio all’11 agosto). Il viaggio prevede la permanenza di tre settimane a Kami, un villaggio andino a 4000 metri di altezza cui fanno capo circa 40 comunità locali di etnia Quechua e Aymara. Coopi opera a Kami da 15 anni in collaborazione con i missionari saveriani realizzando interventi di miglioramento delle condizioni sanitarie, di formazione nel settore agricolo e di sviluppo delle attività artigianali. Sono previsti incontri di presentazione degli interventi con i coordinatori del progetto e lo svolgimento di attività in stretta collaborazione con la popolazione. Info: Coopi, tel. 02.3085057 Per chi rimane in Italia, tre proposte doc Esistono numerosi campi di lavoro per giovani, sia di cooperazione che naturalistici. Ecco tre possibilità. Per chi è interessato ai Paesi del Sud del mondo, c?è il campo di lavoro per giovani dai 18 anni in su organizzato dal Pime a Busto Arsizio (Va), dal 21 agosto al 1° settembre. In centro Italia, gli Universitari costruttori organizzano un campo in cui ci si rimbocca le maniche per riparare strutture di accoglienza per minori in difficoltà. In Sardegna, l’associazione Specchiodelmondo organizza un campo in cui si partecipa al monitoraggio di alcune specie animali e si contribuisce alla rinascita di un borgo vicino a Iglesias. Info: Pime, tel. 0331.350833 Univ. costruttori, tel. 049.651446 Specchiodelmondo tel. 349.6108432


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