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Giovani, scendono insicurezza e paura in Europa

A dirlo è il “IX Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa” (in allegato), realizzato da Fondazione Unipolis con Demos&Pi e Osservatorio di Pavia che, come spiega il curatore Ilvo Diamanti dell'Università di Urbino: «non sembrano gravati né oppressi dalle paure globali»

di Vittorio Sammarco

Il mondo fa paura, e non solo per guerre, terrorismo e flussi immigratori, definiti dai più una vera e propria “invasione”, ma perché ciò che sta lontano da noi, e che non possiamo descrivere con esattezza determina un “incertezza globale”, che ci mette ansia e non riusciamo a governare.

È quanto emerge dal “IX Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa”, realizzato da Fondazione Unipolis con Demos&Pi e Osservatorio di Pavia (scaricabile in allegato).

Che offre, però, anche qualche segnale positivo proprio con il titolo di quest'anno: “La ricerca della gioventù perduta. Ma c’è un futuro, oltre la paura”. Ossia sono proprio i giovani, sfiduciati sul futuro e su quanto loro riservano le (scarse) possibilità occupazionali e la capacità di realizzare i propri sogni, almeno qui dove sono nati, «non sembrano gravati né oppressi dalle paure globali». Tutti gli indici di insicurezza scendono tra i più giovani, in particolare nella fascia tra i 15 e i 24: «non hanno paura degli altri, degli immigrati», scrive Ilvo Diamanti, docente all'Università di Urbino e curatore della ricerca. E' uno dei segnali positivi dai quali ripartire, affermano i ricercatori, per un Italia che vuole recuperare un senso di civiltà e di convivenza sociale.

Perché se è vero che la disoccupazione, il blocco dell’ascensore sociale e il declino di classe, il rischio di povertà hanno ridimensionato gli altri timori, (“hanno oscurato l’orizzonte delle persone”); le paure emerse negli scorsi anni persistono, ma inquietano di meno che in passato, l’insicurezza economica e politica per prime. L’unica fonte di incertezza che, nel corso degli anni, non mostra segni di cedimento e anzi sale è “il mondo,” l’insicurezza globale, che trae origine al di la delle nostre frontiere, ma riverbera i suoi effetti vicino a noi. Tanto da far diventare gli italiani i più euroscettici di Europa, quelli che vorrebbero abolire Schengen e chiudere le frontiere: “Questo è uno dei dati che più mi fa male, – ha detto nel saluto alla presentazione del Rapporto la presidente della Camera Laura Boldrini – se penso che la nostra è la patria di Altiero Spinelli e di quanti con lui hanno costruito il sogno degli Stati Uniti d'Europa”.

Ma dove e perché nascono queste paure?
Uno dei canali è sicuramente l'impatto pesante e spesso distorsivo che danno dei fenomeni globali i mass media e in particolare la TV (con una certa prevalenza – rilevano i ricercatori dell'Osservatorio di Pavia – dei canali Mediaset su quelli Rai). “Gli indici di insicurezza globale (e non solo) più elevati – scrive nel commentare il rapporto il sociologo – vengono espressi da coloro che guardano la tivù per oltre 4 ore al giorno. Quasi 9 su 10 sono 'spaventati a morte'”. È difficile difendersi quando le catastrofi del mondo entrano “in casa propria”. Con un identikit ben definito: anziani, poco istruiti, donne e soprattutto sole: “Perché la solitudine è un moltiplicatore dell'angoscia. Globale, ma ancor più: economica”, sottolinea con forza Diamanti. Associata, ancora più, ad una grande sfiducia nelle istituzioni, italiane ed Europee. Gli italiani risultano i più sfiduciati d'Europa: “più dei cittadini di ogni altro Paese si sentono insicuri perché non hanno istituzioni a cui affidarsi. Di cui fidarsi”, né Stato né Unione Europea, e per questo chiedono di ripristinare i controlli alle frontiere e – in aggiunta – di rivedere l'Euro, perché una moneta – ribadisce – Diamanti, non può creare identità, tanto più se viene ritenuta responsabile delle proprie difficoltà economiche.

C'è poi un'ulteriore chiave di lettura, di questo trascinamento verso la paura globale: ha ragioni demografiche. È un Paese che invecchia e per la prima volta (dopo il biennio 1917-18, per ovvie ragioni) nel 2015 la popolazione è diminuita, i morti sono più dei nati, e neppure il contributo demografico degli immigrati è riuscito a ridimensionare il fenomeno negativo.

Gli immigrati quindi spaventano, perché una società anziana vive con maggior angoscia la presenza degli altri.

Un Paese che non è fatto per i giovani, ma in cui – per paradosso – si fa fatica a diventare adulti: secondo una gran parte di italiani la giovinezza finisce a 50 anni, declina l'età di mezzo, “perché non riusciamo a conquistare la maturità. A crescere”. E i giovani o restano a casa a lungo, o partono: oltre un terzo pensa di trovare migliori opportunità andando all’estero, quasi altrettanti ritengono che per il futuro bisogna puntare su una migliore e più innovativa istruzione e quasi il 20% propende per avviare nuove attività imprenditoriali in campi tecnologicamente più avanzati. Più in generale, ‘i giovani sono quelli che hanno meno paura’; hanno più fiducia nell’Europa delle persone anziani, sono più aperti agli altri e quindi non vedono nei migranti una minaccia. Insomma, pur con tutte le difficoltà e i problemi, sono assai più fiduciosi nel futuro.

Conclusioni: opportunità e speranze, spazi di cambiamento e di prospettive di miglioramento ci possono essere, quindi, ma bisogna mutare orientamenti, adottare scelte e politiche che guardino al futuro, al lungo periodo e non solo al presente e all’acquisizione dei consensi nell’immediato da parte dei governanti pro-tempore. Diamanti fa un vibrante appello a non cavalcare le paure (attaccando gli “imprenditori politici della paura”), ma provare a costruire le politiche anche su dati di speranza e di positività.

A partire – ad esempio – da alcuni dati importanti come quello che rileva che oltre i tre quarti degli intervistati sono favorevoli agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al 2030, approvati in sede Onu da quasi 200 paesi, che mirano ad abbattere povertà e disuguaglianza, a garantire acqua potabile e istruzione e cultura a tutti, così come ad attuare scelte economiche e produttive che salvaguardino l’ambiente naturale, combattendo il cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del Pianeta.

O anche l'altro aspetto che rileva come il coinvolgimento nelle reti sociali e associative, l'impegno “abbassano la preoccupazione e le paure. Comunque offrono occasioni per contrastarle. Così la stessa insicurezza cambia di segno: la preoccupazione globale diventa un'occasione per mobilitarsi”.

“I giovani – conclude Diamanti – il futuro ce l’hanno. Investire su di loro, rendere il nostro Paese in grado di attrarre i giovani, non solo i nostri, è l’unica soluzione che abbiamo per vincere la paura. E per avere un futuro”.

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