Mondo
Giovani EU ed emigrazione forzata: il video per chi va’ e per chi rimane
La sorpresa: dedicata a tutti quelli che sono lontani
“Finalmente stiamo tornando. Oggi vogliamo regalare un video a tutti quelli che sono dovuti andare via o sono rimasti per lottare per il cambio” così inizia il video che Esther e Jorge, spagnoli di 31 e 34 anni, hanno girato e pubblicato su Youtube. Visto che i numeri pesano, vi scriviamo che ad oggi le visualizzazioni hanno oltrepassato la soglia di 1.400.000. Sono bastate poche ore e il video è rimbalzato di bocca in bocca, tanto che neanche la televisione spagnola è riuscita ad evitarlo. E così il telegionale più importante del paese lo ha trasmesso nelle sue edizioni di punta. Ma a scoppiare non è stato nessun caso, perchè in Europa già tutti sanno: emigrazione & giovani, il binomio perverso della crisi economica. Con il video La sorpresa: dedicata a tutti quelli che sono lontani dicono di “voler denunciare che la migrazione dei giovani europei oggi non è una scelta, che siamo stati costretti a partire, che è necessario cambiare l’attuale sistema economico e finanziario”.
I post al video raccontano le storie di molti altri che sono tra Cina, Canada e Latinoamerica. Nei post si può rintracciare un filo che unisce tutte le storie: dalla crisi economica devono emergere strumenti e pratiche per un cambio. Dobbiamo pensare a un altro modello economico. Tutto non può più ritornare come prima. Ad emergere è uno degli elementi più interessanti della migrazione giovanile contemporanea: la capacità di socializzare l’esperienza migratoria, di entrare in connessione con altri che stanno vivendo le stesse difficoltà, lo sforzo costante di creare reti di appoggio sociale e non più solo familiare. Reti sociali in cui nasce un senso di cura meditato, non alimentato solo da necessità eo bisogni. Un’interdipendenza tra soggettività consapevoli la cui sfida è costruire legami stabili contro la precarizzazione delle esistenze e che appare diversa rispetto al passato perchè diverso è il punto da cui sembra generarsi: la conoscenza delle reciproche fragilità e mancanze. Una socializzazione che assume una connotazione fortemente politica, perchè la maggior parte dei giovani migranti parte dal personale per attivare azioni pubbliche che assumono varie forme: produzione e diffusione di video, scritture collettive in blog, proteste dai differenti paesi di adozione davanti le proprie ambasciate per rendersi visibili anche se sono stati espulsi dal Pil. Azioni politiche in divenire che non chiedeno solo un cambio di rotta alla politica istituzionale, ma ne disarticolano e disattivano il discorso per diventarne autori, perchè consapevoli che “nessuno lo farà al nostro posto”. Con el video “vogliamo regalare un po’di sollievo a tutti quelli che ora sono senza lavoro”, dicono Esther e Jorge, “Non fermiamoci e non autocompatiamoci per la nostra situazione. Cerchiamo soluzioni, mostriamoci coraggiosi, guardiamoli negli occhi e agiamo. Se dobbiamo lasciare il nostro paese lo lascieremo, se dobbiamo riunirci tutti i giorni in una piazza lo faremo. Una frase che ci piace molto nata grazie al movimento degli indignati è: Se non ci lasceranno sognare, noi non li lasceremo dormire”.
Dalla Spagna all’Italia: quelli che vogliono restare Una delle parole più usate per attivare le nuove azioni politiche in divenire è “ri-costituente”. Costruire ma con alla base un antecedente importante espresso in quel “ri”: ripartire, ricostruire, ricostituirsi avendo come punto di riferimento la nostra carta costituzionale. Costruire il nuovo, riconoscendo il valore di una storia di diritti che bisogna continuare a tenere vivi. Sabato 12 ottobre a Roma i giovani che non vogliono emigrare, quelli che sono emigrati, lavoratori, atipici e autonomi, studenti, dottorandi e ricercatori, hanno convocato una manifestazione come “Generazione ri-costiuente”, perchè scrivono: “vogliamo restare in un Paese in cui si possa sperimentare davvero, nella quotidianità delle nostre vite, il brivido di quel pieno sviluppo della persona umana contro il ricatto costante della precarietà, di una effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla vita democratica collettiva”. http://vogliorestare.it/index.php/blog/item/105-12-ottobre-a-roma-generazione-ri-costituente
Postilla dell’autrice In molti affermano che non dobbiamo dimenticare che la migrazione dei giovani europei è una “migrazione privelegiata”. Privilegiata nel senso che si emigra in altri paesi con uno status sociale differente rispetto ai tanti migranti che sono fuggiti dalla fame, dalla guerra e dalla disperazione. Privilegiata perchè i giovani europei non devono rischiare la vita in mare aperto, perchè nella maggior parte dei casi hanno titoli di studio riconosciuti e spendibili. Imprescindibile sottolineare la differenza, ma nel contempo mi domando se oggi ha ancora senso associare alla parola migrazione l’attributo di “privilegiata”. Il privilegio costruisce gerarchie e contrappone mondi e modelli. Continuando a usare l’espressione “migrazione privilegiata” non si rischia di stabilire una gerarchia del dolore, del senso di solutudine, della paura profonda che si spezzi il filo degli affetti a causa delle distanze? Associare l’elemento del privilegio al concetto di migrazione non rischia di essere ingannevole per capire la complessità delle migrazioni contemporanee? non rischia di chiudere rispetto alla necessità di aprire una condivisione o anche solo una vicinanza affettiva tra tutte le esperienze migratorie?
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