Mondo

Giovani e donne: il nuovo volto dei cooperanti

Lo sostiene una ricerca del Ministero degli Affari Esteri

di COOPI - Cooperazione Internazionale

Il 19 agosto sarà la giornata mondiale degli operatori umanitari. COOPI, Ong che lotta contro la povertà dal 1965 e che conta oltre 160 cooperanti attivi in 21 Paesi, ha deciso di pubblicare alcune importanti testimonianze su come in 45 anni è cambiato il mondo del volontariato internazionale.

Sono giovani, la maggior parte donne, preparati e nutrono una passione smisurata per il loro lavoro. Pronti ad affrontare una vita senza comfort e spesso a rinunciare alla sfera privata in nome degli ideali. È questo il nuovo volto dell’operatore umanitario, o per meglio dire, del cooperante, un mestiere che negli ultimi anni ha acquisito grande appeal soprattutto nei giovani che vedono in questo lavoro la perfetta sintesi tra necessità di un’occupazione, perseguimento dei propri ideali e voglia di viaggiare.

I dati parlano chiaro. Una ricerca finanziata recentemente dal Ministero degli Affari Esteri ed elaborata dal network Link 2007 e dall’ong COSV conferma almeno tre trend. I cooperanti sono aumentati: dal 2001 al 2007 l’incremento nel numero degli operatori è stato del 38,9%[1]. Nonostante il numero assoluto di uomini cooperanti sia lievemente superiore a quello delle donne, è interessante notare che l’incremento del genere rosa è stato del 5% tra il 2006 e 2007, mentre è decresciuto del 3% quello maschile. Infine, la fascia d’età più numerosa è quella che va dai 19 ai 35 anni. Dato condizionato dall’istituzione del Servizio Civile Internazionale, programma molto ambito dai giovani neolaureati.

COOPI – Cooperazione Internazionale, Ong fondata nel 1965, ha sperimentato sulla propria pelle la nascita dei primi volontari laici degli anni ‘70 e la loro successiva trasformazione nella figura del moderno cooperante. In occasione della Giornata Mondiale dell’Operatore Umanitario, che si celebra il prossimo 19 agosto, la Ong Italiana ha scelto di raccogliere le testimonianze dei suoi primi volontari per mostrare come è cambiato negli ultimi 45 anni il volto del volontariato internazionale.

“Conobbi COOPI nel ’73 – dichiara Giusi Cancellieri, una delle prime volontarie – . Avevo solo 17 anni. Ero incaricata di scrivere lunghe lettere ai volontari all’estero. La vita in cascina era improntata sulla condivisione. Al mattino lavoravamo e gli stipendi venivano messi in comune per pagare l’affitto, il cibo e tutto il resto. Nel ’77 mio marito ed io seguimmo un corso per partire come volontari e nel ’78 finalmente partimmo per la Sierra Leone, dove abbiamo vissuto per tre anni”.

Giusi Cancellieri si ricorda ancora molto bene come iniziò la sua esperienza di volontaria nei paesi in via di sviluppo. Dopo la legge Pedini del ’66 i giovani avevano la possibilità di scegliere tra il servizio militare e il servizio civile nei paesi in via di sviluppo. Una scelta che ha attirato moltissimi giovani, allora nel pieno del movimento terzomondista. COOPI, grazie al carisma e la volontà di ferro del suo fondatore Padre Barbieri ha contribuito concretamente all’emanazione della legge del ’66.

I tempi corrono, l’economia e la storia aprono nuove epoche, decidono nuovi destini e stili di vita. I paesi in via di sviluppo, deboli nella loro fase post coloniale, non reggono i ritmi dell’occidentalizzazione. La povertà, le malattie, la fame incalzano e le ong decidono di specializzarsi ancora di più per essere in grado di correre parallelamente alla complessità dei tempi moderni. Gli ambiti in cui intervenire si moltiplicano: dall’emergenza alla salute, all’ambiente, ai rifugiati, alla salvaguardia dei diritti umani, all’istruzione. Chi parte per seguire i progetti ha bisogno ora di specifiche competenze: agronomi, ingegneri, architetti, logisti, medici.

Chiara Camozzi, architetto, cooperante di COOPI da diversi anni, dichiara: “Se fossi rimasta in Italia, sicuramente avrei avuto uno sviluppo di carriera diverso, ma è lavorando nella cooperazione che riesco davvero a mettere a frutto le mie capacità, dedicandole anche agli altri.”

Chiara ha da poco concluso la costruzione di 200 case nello slum di Kibera a Nairobi. Ogni casa è dotata di fognature, servizi igienici e cucina. Sarà la comunità a decidere chi avrà la fortuna di abitare nelle nuove infrastrutture.

Come Chiara, anche Claudio Torres lavora in Kenya. Claudio è cileno e lavora con COOPI dal 2007. Il suo obiettivo è quello di acquisire esperienza all’estero per poi applicarla nel suo paese d’origine. A Nairobi ha sviluppato un progetto di agricoltura urbana. In pratica, sfruttando lo spazio verticale vengono piantati 60 semi in sacchi di un metro quadrato ciascuno. Per il suo futuro desidera una famiglia, ma al momento tutto ciò che gli interessa è lottare per la “giustizia sociale”.

Marzia Vigliaroni è una psicologa di 33 anni. Vive da quasi due anni ad Obo nella Repubblica Centrafricana. Marzia è l’unica espatriata. Ciò vuol dire che è l’unica donna bianca in una zona ad alta intensità di conflitto. Il suo compito è quello di occuparsi del recupero psico-sociale degli ex bambini soldato. Nel 2009 il camion di COOPI è stato attaccato da un gruppo di ribelli. Due collaboratori di Marzia sono morti, uno è rimasto gravemente ferito. La soddisfazione più grande che ha avuto fino adesso è quella di aver visto più di 1.000 bambini tornare a scuola dopo le atrocità subite.

Ci vuole coraggio ed una volontà di ferro per vivere ogni giorno in mezzo alla sofferenza, il pericolo e la miseria. Lo sa bene anche Laura Canali che lavora ad Oyam District nel Nord dell’Uganda dal 2008. Laureata in legge, dopo un anno e mezzo di studio legale a Milano, ha deciso di cambiare vita. Ora è la Project Manager di un progetto di recupero delle donne vittime di violenza. Una volta ha dovuto affrontare il caso di violenza sessuale compiuta su una bambina di appena due anni.

Anche se la nuova generazione di cooperanti è più attiva e convinta che mai, essa convive ancora fianco a fianco dei volontari “vecchia scuola” che rappresentano almeno il 16% delle risorse umane impiegate in questo settore.

Il dott. Ambrogio Sangalli è un cooperante storico di COOPI. Ha iniziato a fare il volontario alla fine degli anni ‘70. Fa il ginecologo nell’ospedale di Biella. Attualmente è in aspettativa per curare le donne colpite dalle fistole vescico/retto vaginali in Ciad. La fistola è una grave conseguenza di un parto difficile che non ha avuto assistenza medica.

“In Occidente non esiste questo problema perché i parti vengono assistiti. In Africa invece, e in alcuni paesi in particolare come il Ciad, è un problema serio”, ci illustra Ambrogio.

Età, profilo professionale, genere, obiettivi. La nuova generazione di cooperanti è decisamente variegata. Una cosa sicuramente li accomuna: la determinazione a lavorare concretamente per un mondo migliore. Nessuno di loro spera di salvare il mondo. Molto più semplicemente fanno ciò che sentono è giusto fare in quel preciso istante della loro vita. Per una volta, poche parole ma tanti bei fatti.

 

[1] “Un mestiere difficile 2008: cooperazione internazionale, lavorare con le ong” a cura di Link 2007 e Dialoghi in Cammino


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