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Giorno due: Siamo entrati in zona Sar (ricerca e soccorso)

Continua la rubrica di Daniele Biella, giornalista di Vita a bordo della nave Aquarius dell'ong Sos Mediterranée. «Staremo sulle 50 miglia marine dalla costa libica per il primo giorno di drills (esercitazioni a bordo) poi più vicino, indicativamente fino a 25 miglia, senza andare al limite delle acque territoriali»

di Daniele Biella

Giorno due di navigazione, ovvero 11 settembre 2017, ore 23 circa: l’Aquarius è entrata nella Sar zone, la zona di Ricerca e soccorso in acque internazionali dove negli ultimi anni sono stati compiuti migliaia di salvataggi di persone in viaggio della speranza verso l’Europa.

È con questo pensiero che rientro nella cabina 14, condivisa con Raphael Krafft, reporter parigino 43enne che ha girato ogni angolo del mondo, scenari di guerra compresi, con il microfono della sua radio sempre acceso e ora sta preparando un lungo documentario per la radio pubblica francese.

Entrare in zona Sar significa essere nel luogo in cui passeremo quasi tutta la nostra permanenza in mare: staremo sulle 50 miglia marine dalla costa libica per il primo giorno di drills (esercitazioni a bordo) poi più vicino, indicativamente fino a 25 miglia, senza avvicinarsi al limite delle acque territoriali (come altre ong hanno fatto, fino a luglio 2017), proprio per il cambio di scenario in atto nel Mediterraneo. Soprattutto la preoccupazione è verso il comportamento delle autorità libiche in mare, che ad agosto hanno provocato con spari in aria e poi con minaccia di sequestro della nave di un’altra ong, la Golfo Azzurro di Proactiva Open Arms.

Proprio lunedì 11 settembre 2017, tra l’altro, l’Alto Commissario delle Nazioni unite per i diritti umani ha speso forti parole a difesa delle ong in mare, dopo un agosto in cui oltre a essere minacciate in mare sono state anche messe alla berlina da una parte di politica e opinione pubblica: “Le organizzazioni non governative ora entrano nella Sar zone a loro rischio e pericolo. Chiedo alla Libia, all’Unione europea e ai suoi Stati membri di assicurarsi che le ong non siano danneggiati nei prossimi salvataggi: stanno salvando un gran numero di uomini, donne e bambini. Impedire l’attività di ricerca e soccorso, attaccare i migranti in mare o farli ritornare in luoghi in cui potrebbero essere torturati e abusati, ricordo, costituisce una violazione degli obblighi della Legge del mare e delle leggi internazionali per i diritti umani”, ha detto Zeid Ra'ad Al Hussein nell’apertura della 36ma sessione del Consiglio per I diritti umani dell’Onu.

Parole che in giornata sono state condivise più volte sull’Aquarius e che, ovviamente, hanno ricevuto consenso dato che l’Alto commissario sta parlando proprio dell’equipaggio di Sos Mediterranée, compresa l’equipe medica di Msf a bordo, i marinai e noi giornalisti, in un lunedì dai due volti: piuttosto complicata la mattina per varie persone a causa delle pessime condizioni del mare, con onde fastidiose che si incrociavano data l’influenza di due venti in contemporanea da Nord-ovest e Sud; più sereno il pomeriggio quando, poco alla volta, la situazione è tornata accettabile.


Personalmente, ne ho approfittato per un primo passaggio in sala comandi, alla presenza del capitano della nave, Andrej, lituano (è russo il suo vice, il chief commander, come raccontato nella prima pagina del Diario). Sia lui che Denis, connazionale ufficiale in seconda, mi hanno spiegato per filo e per segno ogni strumento di navigazione, compresi i radar di avvistamento è la ‘scatoletta’ che fa riferimento a Marine traffic, il programma che dice in simultanea la posizione di ogni nave nel mondo. «Non si spegne mai. Succede che a volte si perde il segnale, ma non perché viene spento», mi viene spiegato proprio per farmi capire quanto sia fuorviante una delle recenti accuse alle ong che sosteneva il volontario spegnimento del sensore per non fare sapere le attività in mare. Una volta note tutte le apparecchiature, mi sono messo davanti alla vetrata: è affascinante vedere la distesa del mar Mediterraneo da questa posizione, penso che ci tornerò spesso in questi giorni di navigazione.

Il resto del tempo, in queste ore necessariamente lunghe di navigazione, è dedicato a riflessione e socializzazione: l’equipaggio si sta conoscendo, scambiando esperienze, pensieri su quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni. “Può darsi che in questo periodo, dati i cambiamenti in atto nella gestione dei flussi, non ci siano salvataggi da fare, ma è fondamentale essere pronti”, è la frase più gettonata dagli operatori di Sos Mediterranée, molti dei quali hanno all’attivo, nonostante la giovane età (sono il gruppo in media più giovane, molti sotto I 30 anni), esperienze incredibili di salvataggio testimoniate da molte foto appese alle pareti delle cabine. Spesso mi fermo a guardarli negli occhi, mentre scrutano il mare o sono impegnati nelle esercitazioni. Con alcuni di loro ho iniziato una relazione che so già mi rimarrà dentro una volta tornato a terra: mi riprometto di farveli conoscere a distanza anche su questo diario, nei prossimi giorni.


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