Mondo
Giornata del rifugiato: tutto quello che c’è da sapere
Sono 65,6 milioni i profughi nel mondo, un numero record, il più alto di sempre, ma da dove vengono i rifugiati? Quali sono i Paesi che accolgono di più? Ecco il punto della situazione con le risposte alle domande più frequenti e un glossario per non sbagliare
Sono 65,6 milioni nel mondo le persone da ricordare in questa giornata, tra rifugiati, richiedenti asilo e profughi interni. Una cifra record, superiore alla popolazione dell’Italia, che è aumentata di circa 300mila persone dal 2015 e che dimostra, secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, il fallimento della diplomazia internazionale. “Sembra che il mondo non riesca più a promuovere processi di pace,” ha detto Grandi. “Così i vecchi conflitti continuano ad andare avanti e ne scoppiano di nuovi, entrambi producono sfollati…i profughi sono il simbolo delle guerre che non finiscono mai.”
Le parole
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Rifugiati: un rifugiato è qualcuno che è stato costretto a scappare dalla propria casa e dal proprio Paese per “un timore fondato di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza ad un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche”, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati.
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Richiedenti asilo: è chi ha lasciato il proprio paese d’origine e ha inoltrato una richiesta di asilo in un paese terzo, ma è ancora in attesa di una decisione riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato.
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Sfollati interni: (in inglese, Internally Displaced Persons, o IDPs) sono civili costretti a fuggire da guerre o persecuzioni ma, a differenza dei rifugiati, rimangono nel Paese. Secondo l’Unhcr, sono tra le persone più vulnerabili al mondo, poiché “gli sfollati interni hanno abbandonato la propria casa per ragioni simili a quelle dei rifugiati, ma rimangono sotto la protezione del loro governo, anche quando quel governo costituisce la causa stessa del loro sfollamento”.
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Apolide: Non hanno una nazionalità riconosciuta e non appartengono a nessun Paese. Solitamente si tratta di minoranze. La mancanza di un’identificazione – un certificato di cittadinanza – li esclude dall’accesso a servizi governativi importanti, tra cui l’assistenza medica, l’educazione e il lavoro.
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Ritornati in patria: in inglese (returnees). Sono ex rifugiati che ritornano nei paesi o nelle regioni d’origine dopo un periodo d’esilio. Secondo l’Unhcr, hanno bisogno di un sostegno e assistenza alla reintegrazione per garantire la possibilità di ricostruirsi una vita a casa propria.
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Profugo: un termine generico che spesso si usa come sinonimo di rifugiato, ma che, a differenza di questo, non ha una connotazione giuridica.
I numeri
I rifugiati secondo l’Unhcr sarebbero 22,5 milioni, di questi circa la metà sono minorenni. I profughi interni sono 40,3 milioni e i richiedenti asilo 2,8 milioni. 65,6 milioni di rifugiati e sfollati è il più alto numero di sempre, una media di 20 persone al minuto costretta a lasciare la propria casa.
Un dato sconvolgente secondo Oxfam, considerando soprattutto che in realtà l’84% di tutti i profughi vivono in paesi in via di sviluppo. Tra i Paesi con il più alto numero di rifugiati: la Siria, dove i rifugiati sono 5,5 milioni, mentre altri 6,3 milioni sono profughi interni, seguita dall’Afghanistan (2,5 milioni) e dal Sud Sudan (1,4 milioni).
I paesi che ospitano il più alto numero di rifugiati
Al primo posto la Turchia, con 2,9 milioni, seguita da Pakistan, 1,4 milioni, Libano (1 milione), Iran (979,400), Uganda (940,800) ed Etiopia (791,600). Per quanto riguarda i profughi interni, più dei 3/4 di questi, 31 milioni di persone, è concentrato in 10 paesi: Colombia, Siria, Sudan, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Yemen, Nigeria, Sud Sudan, Ucraina e Afghanistan.
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