Provate a fare senza
La giornata di un celiaco se l’Aic non fosse mai esistita
Continua il nostro viaggio nella terra dei senza. Come sarebbe la quotidianità dei pazienti se non esistesse l’Associazione italiana Celiachia? Non avrebbero la certezza di poter contare su una politica sanitaria all’avanguardia, che oggi prevede un’ampia assistenza alla terapia e al follow up della diagnosi, la loro qualità della vita sarebbe molto inferiore e si troverebbero in un contesto di totale disinformazione

Continua il nostro viaggio nella terra dei senza. L’abbiamo attraversata in un ampio approfondimento sul numero di marzo del nostro magazine. Che cosa significa vivere senza tutto ciò che il Terzo settore mette in campo ogni giorno? Rinunciare al sostegno ai bambini e ai ragazzi con genitori fragili o maltrattanti, all’accoglienza per le donne vittime di violenza, all’aiuto nella gestione della non autosufficienza, alla cultura e alla presenza di personale qualificato quando ci si trova nel sentiero per uscire da una dipendenza. Ci sono ambiti in cui è un’associazione a tenere in piedi un ecosistema di tutele, informazioni e reti fondamentali per un grande numero di persone. È il caso dell’Associazione italiana Celiachia, una realtà nata nel 1979 da un gruppo di genitori, medici e operatori sanitari che si trovavano ad affrontare le prime diagnosi in un contesto di totale assenza di conoscenze su questa patologia. In oltre 45 anni di attività, l’associazione ha contribuito a cambiare l’orizzonte dei pazienti nel momento esatto in cui scoprono la celiachia.
«Senza il lavoro di Aic, le persone celiache che vivono in Italia non avrebbero la certezza di poter contare su una politica sanitaria all’avanguardia, che oggi prevede un’ampia assistenza alla terapia e al follow up della diagnosi», spiega la presidente nazionale Rossella Valmarana. «Incontrerebbero difficoltà quotidiane e la loro qualità della vita sarebbe molto inferiore a quella raggiunta con il supporto dell’associazione». Non solo. «Si troverebbero a vivere in un contesto di totale disinformazione e mancanza di conoscenza sulla patologia».
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