Cultura

Giornalisti in rivolta contro le porno news

La deriva scandalistica dell’informazione fa scoppiare la protesta a Saxa Rubra

di Walter Mariotti

«Ancora lei? Il direttore non c?è». Alla terza telefonata una delle segretarie personali di Giulio Borrelli, l?onnipresente direttore del Tg1, suona già esasperata: «Lo so che sta facendo il suo lavoro. Non voglio dire che il direttore non è qui. C?è, c?è. Ma per adesso non ha potuto risponderle. Che ci vuol fare? È cosa importante, poi?». Per Paolo Frajese abbastanza, al punto da inviare al Cdr de ?l?ammiraglio della notizia? una dolente, ferita lettera di dissenso. Sulla deriva sensazionalistica e godereccia, verso la brutta strada di ?sesso e sangue, cronacaccia e tette? su cui il telegiornale più amato dagli italiani si sarebbe messo da qualche tempo. Nella rincorsa affannosa del primato di audience sugli odiati, amati rivali interni ed esterni.
«Secondo voi», scrive garbatamente Frajese ai colleghi del comitato di redazione, «è normale che in un?ora di ascolto familiare possa andare in onda un servizio come quello che ho visto martedì scorso a Prima? Un?intervista ad un?attrice che ha recitato con Tinto Brass: anche volendo sorvolare sulle immagini (mi dicono che alla televisione italiana, pubblica e privata, seni e glutei siano ormai cosa normale), il sonoro ci esponeva il pensiero dell?intervistata sul pudore. L?insieme era un bell?esempio di quello che il servizio pubblico, e in particolare il Tg1, ritiene sia giusto offrire all?attenzione delle adolescenti italiane e delle loro famiglie». Raggiunto sul telefonino a Parigi, il grande inviato di Stato si svela come un vecchio gentiluomo, il giornalista d?altri tempi di cui si narrano vicende. Rifiuta garbatamente di entrare nel merito della vicenda, non chiosa l?intervista di Yuliya Mayarchuk, stellina hard prescelta dal regista de ?La chiave?. «Mi scusi, ma non voglio e non posso dire niente all?esterno», risponde. «La notizia è vera, ho scritto una lettera al Cdr perché mi sembrava mio dovere sottolineare alcuni punti. Ma la mia linea è sempre stata quella del silenzio verso l?esterno, dell?estrema lealtà nei confronti dell?Azienda. Quindi mi perdoni, ma non posso fornirle nessun elemento ulteriore. Quello che avevo da dire l?ho scritto ai miei colleghi». Di cose, la lettera di Frajese, ne dice infatti a bizzeffe. Per esempio dice «l?incapacità della direzione del Tg1 di evitare simili, ripetute scivolate, se addirittura non le stimola»; accusa il nuovo corso dell?informazione di stato «senza più valori», che non tutela «la dignità del servizio pubblico e dei giornalisti del Tg1», un servizio pubblico che dunque «rinnega la sua essenza, che non è più al servizio del cittadino ma si limita a stuzzicarne i gusti presunti per un pugno di spettatori in più».
Quanti minuti del Tg1 «sono sprecati per non-notizie», conclude Frajese, francescano ma virile, «quanti servizi del Tg1 meglio starebbero in un piccolo giornale di provincia? E troppe cose sono banalizzate, mercificate, perfino uno straordinario avvenimento come il pellegrinaggio del Papa in Terrasanta diventa occasione per un salottino tv». Borrelli ancora non richiama, ma per fortuna in Rai non tutti sono come lui. Roberto Natale, il segretario dell?Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai, è un fulmine di guerra. «Siamo di fronte a una vera e propria deriva, che non ci piace affatto. Non è soltanto un problema di centimetri di pelle, ma di vere e proprie non-notizie». Natale è consapevole dell?esigenza di stare sul mercato, ma «il punto vero è in che modo debba essere intesa la concorrenza da parte di un autorevole servizio pubblico. Anche perché non è affatto vero che la logica sensazionalista porti sempre e comunque agli ascolti, anzi, spesso è proprio il contrario». Timori condivisi da Jader Jacobelli, presidente della consulta qualità della Rai. Jacobelli è «sinceramente preoccupato del reale atteggiamento del telegiornale, di una tendenza cioè alla stimolazione del sensazionalismo ereditata dalla carta stampata e che non va bene, in generale e tantomeno per un servizio giornalistico pubblico». Chiamato in causa dalla missiva del corrispondente da Parigi, anche il comitato di redazione del telegiornale è intervenuto con un comunicato, dissentendo fermamente dalla linea borrelliana (vedi box a fianco).
E Borrelli? Chissà cosa ne pensa il megadirettore che un tempo fu anche capo sindacalista? «Non conosco la lettera di Frajese», risponde finalmente libero dai mille impegni, «anche perché il Cdr non mi ha fatto vedere niente. Mi sembra però che si tratti di un caso specifico, che devo verificare ma che, sinceramente, non mi sembra faccia testo». Borrelli è tranquillo, forte del fantomatico IQS, un futuribile sistema di rilevamento della qualità che lo metterebbe al sicuro da qualunque critica. «Ripeto, il caso specifico può anche esserci stato, non ho elementi per dirlo e per fortuna ognuno può dire ciò che vuole in Rai. Ma se vogliamo parlare della qualità devi venire a trovarci, a vedere come lavoriamo noi e su cosa ci basiamo». Il Borrelli nazionale userebbe infatti, «parametri scientifici, tecniche matematiche complicate. Anche quando ci fu da cambiare la scenografia c?erano molte remore da parte della redazione. Ma noi lo facemmo con rilevazioni moderne che alla fine piacquero. Molto all?88 per cento, poco al 12 e per niente allo 0, 04. Mi capirà, quindi».
Certo, io capisco, o almeno mi pare. Ma Frajese, il Cdr del Tg1, l?Usigrai, Natale, Jacobelli e alcuni milioni di spettatori capiranno? Capiranno i quasi 65 mila italiani che si sono presi la briga di telefonare al numero Rai, spendendo anche del denaro, per dire che non sono soddisfatti della qualità dei programmi? Secondo la stessa Rai, infatti, su 58 utenti che chiamano per dire la loro, 39 sono scontenti. «Noi siamo tranquilli, ripeto», conclude sbrigativo l?ex sindacalista, oggi direttore. «Mi sembrano polemiche da anni Ottanta, reliquie di un vecchio giornalismo. Quando noi frequentiamo un altro ambiente, noi siamo su un altro pianeta». Il pianeta delle tette di Stato?

Il sindacato dei giornalisti: «Troppo lo spazio sottratto alle notizie vere»
Il CdR del Tg1, sollecitato da una lettera di Paolo Frajese, dissente dalla linea editoriale della rubrica ?Prima? e dello stesso telegiornale che propone sempre più spesso temi frivoli e non degni della migliore tradizione del servizio pubblico. Ma l?imbarazzo per l?intervista alla pornostar – ultima di una serie di servizi all?insegna della superficialità trasmessi quotidianamente – è condiviso da moltissimi giornalisti della Rai che vedono innanzitutto la loro professionalità mortificata e resa inutile se le richieste dei direttori sono di non annoiare e far divertire a ogni costo: pena – dicono loro troncando ogni discussione con la parte critica e propositiva delle redazioni – uscire dal mercato, perdere la sfida con la concorrenza e ?il posto di lavoro e lo stipendio?. La Commissione diritti degli utenti dell?Usigrai ha sempre visto la questione dalla parte dei telespettatori: è chiaro che l?immagine della donna-oggetto, che passa spesso nei rotocalchi e nei ?finali? dei tg, offende almeno due vaste porzioni di pubblico: le donne e i minori, che sono in prevalenza davanti agli schermi quando va in onda la rubrica ?Prima?. Che fine fanno i principi enunciati dalla carta dei doveri e degli obblighi diffusa con grande solennità dalla Rai? E le autocritiche espresse qualche giorno fa da un autorevole esponente del CdA dell?azienda? Il dibattito riaccesosi proprio di recente sul ?troppo nudo in tv? deve comunque arricchirsi di un dato di fatto: anche tra i giornalisti e i lavoratori della tv, cioè tra gli autori dei ?misfatti?, c?è una larga parte di persone che crede che non si possa più andare avanti così e che la pensa esattamente come i settori della società civile che protestano contro il disagio. La Commissione diritti degli utenti intende farsi promotrice di un incontro tra tutte le componenti che dai loro differenti angoli visuali sono concordi nel contestare la volgarità praticata in nome della ?necessità della concorrenza? e nel richiedere la qualità che gli spettatori meritano e che gli operatori della tv sanno e vogliono produrre.

La Commissione diritti utenti dell?Usigrai

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