Filantropia

Giornalismo indipendente: la «terza via» per un’informazione di qualità

Per Patrice Schneider, chief strategy officer Media Development Investiment Fund, l'autonomia economica è cruciale per un'informazione libera in un'epoca segnata da sfide globali e dall'avvento dell'intelligenza artificiali. L’Mdif è un’organizzazione che supporta testate giornalistiche in tutto il mondo, offrendo una strada alternativa ai finanziamenti tradizionali. Un modello che piace anche alla presidente di Assifero Stefania Mancini

di Francesco Crippa

In una foto d'archivio, da LaPresse, le rotative del quotidiano Axel Springer.

Essere indipendenti da un punto di vista finanziario per essere indipendenti da un punto di vista editoriale. È questa la ricetta per un giornalismo di qualità in grado di avere un impatto sulla società senza pregiudicare pluralismo e imparzialità delineta da Patrice Schneider, chief strategy officer del Media Development Investiment Fund – Mdif

Intervenuto a Milano al Simposio 2025 delle Fondazioni di famiglia di Assifero, l’associazione degli enti filantropici italiani, Schneider ha illustrato la «terza via» di finanziamento dei media, che non si fonda sul mercato né sui fondi pubblici, che l’Mdif propone dalla sua fondazione nel 1995. Nato su iniziativa del giornalista serbo Saša Vučinić e di quello statunitense Stuart Auerbach, l’Mdif  fornisce finanziamenti sotto forma di debito e capitale proprio, supportati da consulenze strategiche, a media indipendenti in Paesi dove l’accesso a notizie affidabili è minacciato. In 30 anni, ha erogato oltre 320 milioni di dollari a favore di 154 realtà in 48 paesi diversi. 

Per la presidente di Assifero Stefania Mancini, si tratta di una visione importante anche per l’Italia, dove l’Mdif non opera. Anche noi, ha detto Mancini, «conosciamo e sentiamo l’esigenza di una maggiore trasparenza e di un linguaggio editoriale diverso». Per questo, in un contesto come quello delle fondazioni private e di famiglia, è fondamentale avviare una riflessione di questo tipo in modo tale da «contribuire ad una migliore società, una società basata sul valore imprescindibile della trasparenza».

Origini franco-canadesi, Patrice Schneider ha iniziato la sua carriera come giornalista negli anni Ottanta, facendo il report di guerra nell’Asia centrale. Dal 2002 è entrato a far parte del’Mdif. A margine del Simposio ha riflettuto con Vita riguardo al mondo dell’informazione.

Patrice Schneider, a livello globale la libertà di stampa è sotto attacco?

Per rispondere devo fare una premessa. Dal mio punto di vista, bisogna considerare tre cose. La prima è che il giornalismo, come molte altre istituzioni, è sotto attacco da tempo. Sono anni che vive un calo di fiducia e credibilità, in tutto il mondo. Il secondo punto riguarda l’intelligenza artificiale, che cambierà il modo di fare e fruire informazione. La terza è che ci sarà un nuovo ordine mondiale. Tutto questo avrà un impatto sulla libertà di stampa che credo sarà negativo, sarà più facile limitarla.

In questo scenario, in che modo il giornalismo può continuare ad avere un impatto sulla società?

In chimica esiste una teoria, dovuta al defunto premio Nobel Ilya Prigogine, secondo cui delle “piccole isole di coerenza in un mare di caos” possono portare a un ordine superiore. Ecco, dobbiamo mantenere delle piccole isole di coerenza all’interno del mondo dell’informazione. Tutto questo può essere fatto rendendo il giornalismo finanziariamente indipendente, il che è la missione del Media Development Investiment Fund. Essere finanziariamente indipendenti significa essere editorialmente indipendenti, che, a sua volta, vuol dire essere più forti. 

Patrice Schneider interviene al Simposio 2025 di Assifero alla Fondazione Rovati di Milano

Al giorno d’oggi, però, è sempre più difficile esserlo.

Il mondo dell’informazione si è sempre retto su due pilastri: il mercato e i fondi pubblici. Secondo noi esiste una terza via, meno profittevole del mercato ma che permette a un giornale di slegarsi dai fondi pubblici e quindi dal governo. Risultando, quindi, più libero di dire quello che vuole. L’Mdif, a discapito del nome, non è un fondo di investimento. Siamo un ente no profit e prestiamo capitali accessibili a soggetti indipendenti garantendo un ritorno più basso rispetto a quello che offre il mercato, ma più alto in termini di impatto sociale.

Quale può essere il ruolo del giornalismo nel nuovo ordine mondiale a cui ha fatto riferimento e che lei vede come negativo?

Oggi tante persone ritengono che si stia erodendo lo spazio per la libertà di espressione, ma io non sono d’accordo. La libertà di espressione c’è, il problema vero è un altro: la “militirazzazione” della parola, cioè la sua strumentalizzazione violenta. Come giornalisti, dobbiamo salvare il giornalismo da questa deriva, che però passa da altri canali come i social media, come dimostra la rielezione di Donald Trump.

L’intelligenza artificiale cambierà il mondo dell’informazione. È una minaccia o un’opportunità?

Dipende. Penso che, finora, i media abbiano guardato all’intelligenza artificiale come a uno strumento per abbattere i costi, ma dovrebbero interrogarci in maniera diversa. Dovremmo provare a capire in che modo l’IA cambierà il modo di consumare informazione e non solo a quale sarà il suo impatto sulla produzione di informazione. E anche su questo ci sono delle riflessioni da fare, perché la differenza la fa la domanda che l’uomo rivolge all’IA. Se la domanda è fatta male, si avrà una risposta sbagliate e una informazione non di qualità.

In apertura: una foto d’archivio, da LaPresse, le rotative del quotidiano Axel Springer (foto di Frana Leo Kirch)

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