Politica

Giorgio Guerrini: «La riforma Fornero? Ecco come cambiarla»

L'ex numero uno di Confartigianato: «Abbassare il cuneo fiscale e decontribuzione per chi assume i giovani, queste le mie priorità». E sul welfare: «Quello aziendale è la strada giusta, ma non si limiti alle assicurazioni»

di Stefano Arduini

«Me lo hanno chiesto e io ho accettato con entusiasmo, in questi dieci anni di rappresentanza ho capito che per incidere veramente bisogna farlo da dentro la politica», così Giorgio Guerrini, ex numero uno di Confartigiananto spiega la scelta di candidarsi alla Camera (Lombardia 1, Toscana e Umbria) con l’Udc imparentato con Scelta civica di Monti.

Perché proprio Casini e non direttamente Monti, come ha fatto la maggioranza dei suoi colleghi provenienti dalla società civile?
Innanzitutto per coerenza rispetto alla mia storia e a quella della vecchia Democrazia cristiana, tradizione a cui sono stato e tutt’ora mi sento molto vicino. Nel simbolo dell’Udc ci sono ancora la croce e lo scudo, e questo per me conta. Poi perché non credo a una politica senza partito, senza congressi e senza terminali sui territori. Il partito Udc sarà molto utile a Monti. Ne sono certo.

Veniamo ai contenuti. Vita e il suo comitato editoriale hanno elaborato un manifesto elettorale ribattezzato “Cambiare l’Italia”. Cosa ne pensa e quali sono le sue priorità?
In questi dieci anni solo due paesi sono cresciuti meno dell’Italia: Haiti e il Burundi. Le priorità sono il lavoro e la crescita. Occorre rendere attrattivi gli investimenti stranieri in Italia e dare una prospettiva di sviluppo alle aziende. In questo senso il primo provvedimento da prendere è la defiscalizzazione e la decontribuzione per almeno due anni a favore delle aziende che assumo giovani e l’abbassamento del cuneo fiscale per liberare risorse a favore dei lavoratori.

Come rileviamo nel nostro Manifesto la riforma del lavoro Fornero-Monti è andata esattamente nella direzione opposta…
E infatti quella norma come sostengo da mesi ben prima della campagna elettorale ha bisogno di una seria manutenzione. Il contratto di apprendistato, per esempio. L’idea di puntarci era corretta, ma occorre che dal punto di vista fiscale sia attrattivo, altrimenti è inutile. La riforma Fornero va verificata e mi auguro che numeri alla mano, anche chi come la Cgil ha premuto in una certa direzione, si riveda.

Dove pensa di trovare le risorse necessarie?
L’abbassamento della pressione fiscale di per sé genera risorse che se  re-inserite nel ciclo produttivo allargano la base imponibile, già nel medio periodo. Dopo  di che occorrono da una parte una seria operazione di contrasto al lavoro nero e all’evasione fiscale e dall’altra che le amministrazioni pubbliche tornino a concentrarsi sulle infrastrutture territoriali e lo Stato allunghi la possibilità di detrarre al 50% le spese per l’efficienza energetico e le ristrutturazioni.

Venerdì il nuovo numero del nostro mensile esce con dieci pagine di inchiesta sul welfare aziendale. Lei crede che questa sia la strada giusta per creare un nuovo stato sociale in Italia?
Ne sono assolutamente convinto. Lo Stato da solo non ce la può più fare. I contratti territoriali vanno incrementati lungo questi tre assi: sanità integrativa, sostegno alle famiglie e sostegno al reddito.

Quindi non solo assicurazioni…
Certo. Io nutro molte aspettative rispetto alla mutualità territoriale. Aziende e lavoratori mettono in un fondo una quota dei loro proventi e con quelle risorse si vanno a sostenere l'occupazione dei giovani, in particolare se con famiglia e figli, e delle persone che hanno perso il lavoro.

 

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