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Gioco d’azzardo: un decreto destinato a durare

Venerdì dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri il decreto legislativo sul riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici. Un provvedimento complesso, che segnerà per molti anni il settore e il mercato dell'azzardo legale in Italia. Nel bene e nel male

di Marco Dotti

 

Mentre regioni e comuni continuano a varare e migliorare provvedimenti di contrasto a un fenomeno che, sui territori, appare di immediata evidenza per il suo disvalore economico e sociale, venerdì prossimo sul tavolo del Consiglio dei Ministri arriverà un provvedimento che, se approvato (ma già si parla di uno slittamento di sei-otto mesi), non solo razionalizzerà l'intero settore dei giochi, ma imporrà alle stesse regioni e comuni di adeguarvisi "ai fini di coerenza e unitarietà della disciplina del gioco".

Locale o centrale: questo è il dilemma

Già questo fatto, di primo acchito, ai più maliziosi tra noi (compreso chi scrive), potrebbe apparire come l'ennesima declinazione di quel "principio-Richelieu" ("Io, Stato centralista, decido, voi vi adeguate, ma i cocci sono vostri") che faceva storcere il naso anche al padre nobile del federalismo italiano, Carlo Cattaneo.

Nel decreto è infatti prevista l'esplicita "riserva dello Stato" e una norma prevede che regioni e comuni si astengano dall' "introdurre misure o assumere azioni idonee a vanificare  l'unitarietà del quadro regolatorio nazionale di fonte primaria in materia di giochi pubblici".

Da un altro punto di vista, però, un provvedimento di "riordino" potrebbe anche far sue proprio quelle istanze che dai territori sono venute con più forza, in questi anni e rendere di fatto obsolete le normative regionali e i provvedimenti comunali. 

Giudizi netti, per ora, è comunque difficile esprimerne, anhe perché il provvedimento è in fase di "limatura". Qualcosa, però, va detto.

Due nodi critici

Inutile negare infatti che i nodi critici siano due:

1) scomparirebbe il tema delle distanze dai luoghi sensibili, previste da normative regionali e da molti regolamenti comunali al fine di installare macchinette o aprire sale gioco o scommesse; 

2) nessun potere verrebbe concesso ai sindaci in tema di decisione sull'apertura o meno di sale gioco.

Ai comuni verrebbe impedito di intevenire in tema di regolamentazione delle distanze, dell'orario di apertura e nell'applicazione di quelle misure di "arredo urbano tali da impedire totalmente la riconoscibilità dei punti di offerta di gioco". In sostanza: i regolamenti edilizi no slot disincentivanti andrebbero riscritti secondo coerenza col decreto. 

Da parte sua, lo Stato rinucia invece a parte del gettito proponendo come compensazione agli enti locali una normativa che si vorrebbe più coerente e restrittiva.

Una riforma di lungo periodo

Questi i punti critici del "decreto legislativo recante il riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici ai sensi dell'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23".

Con una premessa: la bozza preparata in via XX settembre non sarà l'ennesima "riformetta": è stata scritta per durare e dispiegare i propri effetti negli anni. Quindi, con quello che verrà prissimamente approvato dal Governo dovremo fare i conti molto a lungo.

Ridurre le macchine, accorciare la filiera

Il decreto mirerebbe a ridurre l'offerta di azzardo, modificare la tassazione e, soprattutto, accorciare la filiera oggi composta da Stato-concessionario-gestore-esercente intervenendo sia sulle machinette, sia sui luoghi. Ovviamente, a rimetterci di più sarebber gli ultimi due tasselli della filiera. Un sacrificio che comunque non sembra dispiacere ai concessionari, che vedrebbero rafforzata la loro posizione (e in linea teorica anche la responsabilità, in termini di controllo e sicurezza).

Oggi, in Italia, va ricordato che le slot machines operanti sono circa 350mila, distribuite in 98mila e 500 locali. A queste si aggiungono 51mila vlt, in poco meno di 5mila sale gioco appositamente dedicate.

Secondo le stime dei tecnici del Ministero dell'Economia e delle Finanze. col riordino previsto dal decreto le slot machines sul territorio italiano si ridurrebbero a circa 280mila, con 15mila locali in meno tra bar e sale dedicate, conseguenza della stretta sulle licenze. Si prevede anche una progressiva sostituzione delle macchine Awp (le slot da bar, per capirci), con mini-Vlt (più simili alle videolotteries da sala gioco) con tracciabilità del denaro e una stretta sulle vincite (payout)..

Luoghi da bonificare

Il taglio, però, riguarderebbe il canale distributivo dei "non specializzati" (locali diversi da sale gioco, bingo o scommesse: in sostanza alberghi, edicole, pizzerie) che vedrebbero ridursi di 6mila unità quei punti di sfondamento nel quotidiano – come  le edicole o le lavanderie – che oggi preoccupano non poco per la capillarità e la pervasività dell'offerta di azzardo.

Ne risulterebbero così favoriti luoghi come sale bingo, sale vlt, agenzie di scommesse e le cosiddette "gaming hall" (su cui torneremo in un prossimo articolo).

Verrebbe a tal fine introdotto un limite dimensionale per il locale che, stando a oggi, si sarebbe orientati a configurare così: ogni 7 metri quadri per ogni slot, con un tetto di 6 slot machines in ogni locale. Il "contingentamento" entrerebbe a pieno regime nella prima metà del 2017.  Le machine verrebbero poi collocate in apposite salette, con controlli più stringenti sull'età di chi vi accede. 

 

 

 

 

 

 

 

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