Dopo tanto tempo, sabato 30 maggio, con il lancio spaziale dello Space X, mi sono rimesso a guardare le stelle.
Tutto grazie al coraggio, e alla follia, di un imprenditore sudafricano, naturalizzato statunitense, che ha realizzato un’impresa storica che in Italia è passata in secondo piano.
Su Elon Musk si può dire molto. Ha ispirato un super eroe, ad esempio, o creato startup che in un modo o nell’altro hanno rivoluzionato il mercato ma la cosa più interessante su di lui è che, come ogni (vero) eroe, ha fallito numerose volte. Rialzandosi sempre.
Sull’innovazione e la visione organizzativa, Musk è stato sempre stato un riferimento per me, un po’ come Eric Ries per le Lean startup (già ampiamente citate in questo blog). Ho visto tanti suoi interventi e testimonianze sui “rischi” che deve assumersi un imprenditore per portare avanti le sue idee e nonostante i grandi proclami, quello che mi ha colpito, più di tutti gli altri, è stato un’intervista con uno youtuber semi sconosciuto che ha realizzato per raccontare del suo Starship, il rocket gigantesco che dovrebbe portarci in un futuro (più o meno lontano) a viaggiare nello spazio.
In quell’occasione, diversamente dalle altre interviste, non fu bollato come un pazzo ed emerse con grande semplicità la sua visione organizzativa. Vi consiglio di guardare questa intervista www.youtube.com/watch?v=cIQ36Kt7UVg.
Coraggio di fallire a capacità di investire su un futuro incerto ed instabile, basandosi sul talento delle persone che sono al nostro fianco, sono due degli elementi che emergono da quella chiacchierata e anche se non ha nulla di sensazionale nella forma, è stato bello non sentire per una volta le critiche di giornalisti che si concentrano solo sugli aspetti di marketing e comunicativi di un personaggio molto più complesso di come viene dipinto.
E’ un venditore puro, vero, e di difetti ne ha molti (chi di noi non ne ha?) ma se si approfondisce il lato più imprenditoriale c’è solo da imparare da lui.
Forse siamo stati troppo abituati, durante i nostri studi a rispondere in modo sensato e “giusto” a domande che magari non lo erano affatto e semplicemente reagiamo a banali stimoli esterni, con un contenuto che molte volte diventa "difensivo" o "diluito".
Per questo motivo sono stato ancora più felice quando alle ore 21,22 (ora italiana) del 30 maggio 2020 sono state spazzate via moltissime domande inutili fatte in questi anni. Quando ho visto il razzo Falcon 9 con la capsula Dragon, in cui erano presenti Robert Behnken e Douglas Hurley, alzarsi senza problemi nel cielo ho pensato che nella vita così come nella propria attività imprenditoriale possiamo fare davvero tutto e alcuni dei più grandi limiti che abbiamo sono la paura di fallire e la rincorsa ad essere dei geni veloci.
Non ho mai creduto all'idea romantica del Genio. Ho sempre valutato in modo positivo la lenta incubazione di idee e talenti, reputandola il modo migliore per raggiungere un risultato stabile.
L’evento al quale abbiamo assistito, infatti, è frutto di una lenta incubazione durata anni e non è un successo storico solamente perché dall’8 luglio 2011 (dallo shuttle Atlantis per intenerci) è la prima volta che si ritorna a “volare” in Florida ma per la rivoluzione di un settore che in pochi riuscivano solo ad immaginare.
Pensiamo, infatti, che a 9 minuti dal lancio, il razzo Falcon 9 è atterrato sulla piattaforma galleggiante al largo della Florida e ha dimostrato con successo la riutilizzabilità del vettore, fatto che abbassa di molto i costi delle missioni, facendo diventare lo spazio POP.
E’ una storia di eccellenza ma nel campo aerospaziale, di esperienze innovative e dirompenti, abbiamo moltissimi casi di successo anche noi.
Guardate questi di D-Orbit, start up nata da Luca Rossettini e Renato Panesi, due ingegneri aerospaziali italiani che si sono incontrati proprio nella Silicon Valley grazie a una borsa di studio Fulbright, che contribuisce a rendere lo spazio un ambiente sostenibile ed evitare che le ricadute dell’innovazione tecnologica spaziale abbiano impatti disastrosi per la società,.
Hanno creato una sorta di "pulitore dei rottami spaziali" e sono stati premiati alla Red Herring Top 100 Global Competition, per essere tra le 100 aziende al mondo più innovative e promettenti. O pensiamo la tecnologia “collaborativa” di AsterAvia.
Anche queste storie sono contornate da difficoltà, cadute e balzi in avanti. La logica è sempre quella. Un prodotto sbagliato riflette un’organizzazione sbagliata.
Quando si parla di innovazione, anche in altri settori, è sempre un problema di organizzazione e questo l’ho imparato sulla mia pelle da imprenditore.
Possiamo sbagliare la persona o magari l’attività affidata ad un collaboratore ma in genere il problema è sempre nell’organizzazione. Anche quando giocavo a basket poteva accadere che la squadra di cui facevo parte non funzionava bene perché non eravamo organizzati. Magari succedeva che ci mettevamo tutti a tirare dal perimetro dei 3 punti (per chi non conosce il basket, un tiro dal "perimetro" vale di più rispetto ad un canestro fatto da vicino ma richiede abilità specifiche come rapidità e precisione) anche se la nostra peculiarità era quella di giocare spalle a canestro e dare la palla ai nostri "pivot" che erano lenti e fisici.
Visione, organizzazione e valorizzazione dei talenti erano l'unico modo per vincere le partite.
La complessità deve portare ad una semplicità finale. Se ci metti troppo tempo a “disegnare” la struttura organizzativa di un prodotto o di un servizio c’è un problema.
In questo modo la domanda che dovremmo porci, prima di avviare qualsiasi progetto personale o imprenditoriale, non è quella che molte volte ci ripetiamo nella testa "falliremo o avremo successo?". Bensì, la domanda più appropriata sarebbe "quella roba ha senso oppure no?".
Ottimizzo qualcosa che non dovrebbe esserci? Socrate ci ha insegnato tutto quello di cui avremo bisogno. Tutti noi possiamo dire cazzate (anche Musk o altri guru dell'innovazione) ma non dobbiamo focalizzarci semplicemente sulle risposte da dare alle persone ma, soprattutto in questo periodo di cambiamento, dovremmo ripensare alle domande stesse che ci poniamo o che ci vengono fatte.
Spero che in futuro personaggi come Musk, siano meno sottovalutati. Guide che non devono essere celebrate come santoni ma come apripista di percorsi che non sono ancora battuti e che spero saranno ricordati per la loro capacità di rischiare per idee in cui credevano realmente e sulle quali hanno lavorato giorno dopo giorno.
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