Famiglia

Gino e i suoi fratelli

È il nome dell'eroe di In Exitu,il più famoso dramma scritto da Testori.Un ragazzo calpestato dal mondo, diventato un simbolo.

di Giuseppe Frangi

L?Arialda e la Gilda del Mac Mahon; Dante Pessina e lo Scarozzante; Rigoldi Gino e la mater Strangosciàs. Quando Giovanni Testori sceglieva i personaggi per i suoi romanzi rivolgeva sempre lo sguardo verso le periferie: periferie in senso topografico, ma anche periferie in senso umano e psicologico. La storia di Testori è una storia per molti versi eccezionale: l?amore per la realtà ha segnato anche i suoi testi più drammaticamente visionari. L?attenzione all?altro ha caratterizzato i suoi interventi civili, sulle colonne del Corriere della Sera. Eppure questo atteggiamento così «politicamente corretto» ha sempre sollevato montagne di polemiche e gli ha procurato schiere di nemici. Perché? Qual è lo scandalo di cui Testori s?è fatto testimone? Lombardo di tempra manzonian-caravaggesca, Testori ha incarnato la figura di intellettuale radicalmente libero, irriducibile a ogni schematismo culturale. In poche parole intellettuale né pacificato, né pacificante. Normale quindi che la sua fantasia andasse a cercare creature a lui sorelle: uomini e donne inquiete e consapevoli delle colpe proprie, come delle ingiustizie subite. Uomini e donne appartenenti a ceti subalterni non solo in senso sociologico, ma in senso anche psicologico e esistenziale. Persone non tranquille perché la terra trema sotto i loro piedi, materialmente e spiritualmente.
Per approfondire questo scandalo di cui lo scrittore milanese si é fatto portatore con le sue opere, l?Associazione Giovanni Testori e ?Vita? hanno organizzato una giornata di studio e di incontri. La giornata è stata indetta con il Comune di Varese, il Centro Gulliver, la Regione Lombardia (sabato 15 maggio a Varese, nel Salone Estense del Palazzo comunale con inizio alle 10,30) e vuole essere un?occasione per aprire una breccia nel conformismo in cui tanta cultura sembra cullarsi. La mattinata dunque è dedicata a Testori, con interventi, tra gli altri di Raboni, presidente dell?Associazione Testori, Doninelli, Fofi e di Walter Siti che tenterà un parallelo con Pasolini. Il pomeriggio invece prevede incontri dal vivo, alcune di quelle esperienze in atto che, venendo dal mondo dei marginali, hanno saputo imporsi per la loro intensità e per la loro grande qualità. Esperienze per lo più teatrali, ma non solo. Ci sarà Antonio Tarantino, il più importante scrittore di teatro rivelatosi in questi anni, una vita travagliata alle spalle che si riflette in testi corrosivi e dolorosi sulla realtà sociale di oggi. Poi verranno Franco Scaldati, Enzo Toma (due grandi realtà teatrali del Sud), Enzo Moscato (uno stralcio del suo contributo è pubblicato in anteprima in questa pagina), Donatella Massimila e Vincenzo Andraus. A chiudere la giornata è stato chiamato l?ultimo volto della marginalità: gli immigrati. Un poeta e uno scrittore venuti da lontano, che oggi scrivono in italiano, ma dentro le cui parole pesa una realtà, che per tanti versi è sorella della realtà gridata da Testori. E in fondo nelle loro parole riecheggia quel grido di Rigoldi Gino, il protagonista di In Exitu, il più testoriano di tutti i personaggi di Testori: «Qualcuno esiste quaggiù, che s?incontri? Oggidì. Cotidie. Di noi. Di voi…». Conclusione della giornata a Milano con un evento importante e singolare: la prima nazionale di Cos?è l?amore, un testo di Franco Branciaroli, che racconta una storia drammatica e appassionante di una comunità di tossicodipendenti. Appuntamento al Teatro dell?Arte di Milano.

L?arte è differenza
Una parola ferita – una parola non cicatrizzata, che sanguina ancora – è difficile, mi dico, che possa essere dimenticata o rimossa in chi la ospita. In chi gli ha dato un giorno, asilo, nella fragile/ferma speranza non d?aiutarla a guarire, sanarsi, farsi uguale tra gli uguali in salute, ma, al contrario, a tenere fermo, inarrestabile il valore di perdita, d?emorragia, di morbente differenza che cola, che piaga, infetta, suppura, divora, distrugge, in mezzo agli onnipresenti segni d?equilibrio e volontà, ottimismo ed efficienza, buonismo e sorrisi imperturbabili da scheletri ambulanti, che, da ogni sito, sedicente culturale, ci circondano oggi. Io, Testori, non l?ho mai conosciuto, purtroppo. Ma non è stato indispensabile, credo, perché quando l?ho letto, quando l?ho annusato in quel suo ilare moribondare di lingue e gesti, ininvitabili a qualsiasi banchetto patofobico alla Asl, penso che mi si è trattenuto dentro e, trattenendolo, l?ho rispettato e conservato nella sua differenza da me, pur sparpagliandomelo dovunque nel cuore e nella memoria, così come ci sparpagliamo, in cuore e memoria, le ceneri di tutti nostri cari Assenti. Questo, penso, è ciò che un corpo ferito – una scrittura, un?anima, una voce, toccate dalla propria «passio dissolvendi» del banale e dell?ovvietà – fa quando si trapianta, misteriosamente, in un altro a sé simile, già ferito o suscettibile di ricevere gli stessi marchi aperti, le stesse lacerazioni, verso lo sconfino, permanente e ignoto, di ciò che i riduttori e i chiosatori chiamano, chissà perché, Teatro. drammaturgo

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