Cultura

Gianluca Vialli, un campione con i valori dell’oratorio nelle gambe e nel cuore

Vialli ha esordito nella squadra dell’oratorio di Grumello (Cr), e i primi successi li ha ottenuti proprio nei tornei del Csi. Associazione di cui ha incarnato i valori dentro e fuori dal campo e a cui è rimasto legato fino all’ultimo, partecipando a incontri di formazione del Csi di Cremona

di Luca Cereda

Gianluca Vialli era nato all’ospedale Maggiore di Cremona il 9 luglio 1964, «era il quinto fratello di una famiglia di origini trentine. Gianluca da bambino giocava un po’ ovunque al pallone, nel cortile del condominio di Cremona, nel cortile dell’oratorio Cristo Re che in quello di San Bartolomeo a Grumello, dove passava molti mesi all'anno. Giocava a calcio sia sul campo da pallone, che con le piccole porte che creava il sostegno del canestro sul campo da basket», ricorda Antonio Maria Caffi, presidente club Unione Sportiva San Bartolomeo di Grumello nel cremonese che fece esordire Vialli e per anni formatore del Csi di Cremona.

In un volumetto che festeggiava i 40 anni di sport in oratorio al Cristo Re (1959-1999), Vialli aveva voluto raccontare: «La vita in oratorio è stato qualcosa di particolare che tanti come me porteranno sempre nei propri ricordi». Eppure con il Cristo Re non giocò mai. «Ero troppo piccolo, allora c'era solo una squadra Allievi e io per questioni di età non potevo ancora giocare – ricordava Gianluca -. Il mio primo tesseramento fu all’Unione Sportiva San Bartolomeo di Grumello, poi passai subito al Pizzighettone».

Vialli amava giocare a qualsiasi sport, sempre in oratorio, dal basket ai tavoli da ping pong, «erano partitelle che disputavamo tanto per divertirci, ma il suo chiodo fisso era il calcio», ricorda Caffi.

L’oratorio Vialli lo frequentava parecchio e ad un incontro organizzato per la formazione del Csi di Cremona, ricorda il presidente Claudio Ardigò, aveva detto che «i tornei di calcio organizzati da don Angelo alla parrocchia di Cristo Re erano seri e fantastici. Vialli aveva raccontato che il coadiutore ne aveva istituito uno per i giovani, riservato ai bambini sotto i tredici anni e uno che noi chiamavamo 'degli adulti' cioè per chi aveva più di tredici anni. La vittoria a quello dei bambini era una delle medaglie a cui teneva di più, più di quella della Champions». È lo stesso Gianluca Vialli a dire quanto fossero importanti quei tornei, per lo sport, ma soprattutto per i valori che l’oratorio gli aveva lasciato in dote: «Erano una cosa molto seria – dice Vialli – Avevamo le maglie, c'erano gli arbitri. Non si scherzava, insomma. Ma poi oltre al calcio giocavamo a tanti altri giochi come le gare di tiro alla fune o alle figurine con gli scambi per completare i nostri album», diceva Vialli al ritiro del premio Agrumello 2022 di Grumello, riconoscimento a cui era stato insignito anche suo nonno 40 anni prima.

«Ho ancora in mente quell'immagine di noi bambini assiepati davanti al cancello dell'oratorio, ad aspettare le tre e mezza – testimonia Antonio Maria Caffi -: l'orario di apertura. Poi si apriva il cancello e tutti noi correvamo dentro per accaparrarci i palloni: chi riusciva a prenderne uno era sicuro di giocare subito e poteva fare la squadra. Che tempi al San Bartolomeo, con i suoi fratelli e Gianluca che correva in campo con i suoi riccioloni che andavano dappertutto».

A 13 anni il suo professore di lettere, Franco Cistriani, si accorse del suo talento e lo portò al Pizzighettone. Subito dopo è entrato nelle fila della Cremonese, dove con i grigiorossi ha raggiunto la promozione prima in B e poi in A. «In famiglia mi hanno spronato a studiare – scrive Vialli nel suo libro -: ho frequentato l’istituto per geometri solo per quattro anni, poi ho scelto di completare il percorso, riuscendo a diplomarmi a 27 anni. Noi calciatori siamo abbastanza ignoranti, ma va detto che molti sono costretti ad andarsene da casa molto presto. Io posso dirmi fortunato, almeno nell’uso dei congiuntivi. Sono orgoglioso di essere cremonese. Oggi la vecchia casa di Grumello che fu di mio nonno è la mia base italiana. Ci porto spesso le mie figlie perché capiscano da dove arriva il papà».

Gianluca Vialli ha voluto ricordare i suoi inizi, con un fax trasmesso alla festa dei 60 anni del Csi di Cremona, da Londra – dove allora giocava e allenava -: «Ricordo ancora con affetto e nostalgia quando tanti e tanti anni fa, credo fosse nel 1975, ho fatto parte della vostra grande famiglia di sportivi, giocando per la mia prima vera squadra, l’Unione Sportiva San Bartolomeo di Grumello Cremonese». Vialli ha incarnato per tutta la carriera il concetto appreso in oratorio che a vincere è la squadra che mette il noi sempre prima dell’io «e lo dimostrava – aggiunge Claudio Ardigò – raccontando nei corsi di formazione per i giovani allenaotri del Csi, non dei suoi successi, ma dei momenti difficili avuti in carriera. È in quelli che si trova, diceva, la voglia di riscatto che porta a raggiungere con passione e umiltà piccoli e grandi successi. Questo era d’impatto per i ragazzi che sentivano questo da un campione che aveva vinto tutto a calcio»

L’ultimo trionfo del Vialli uomo di sport risale alla sera dell'11 luglio 2021. Un anno e mezzo fa l'abbraccio sul prato di Wembley fra lui, capodelegazione della nazionale, e il ct e amico di sempre sul campo e fuori Roberto Mancini dopo il trionfo azzurro in finale contro l'Inghilterra ai Campionati europei. Lì, proprio a Londra, la Capitale che gli aveva dato il successo anche nell'inedito ruolo di giocatore-allenatore e dove aveva conosciuto la donna della sua vita decidendo al volo di andare ad abitare proprio all'ombra del Big Ben.

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