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Gian Andrea Franchi: «Continueremo ad aiutare i migranti. La solidarietà non è reato»

Concluse le indagini preliminari su Gian Andrea Franchi, vicepresidente di Linea d’Ombra ODV, accusato di favoreggiamento del soggiorno di migranti clandestini a scopo di lucro. Oggi ad essere indagata è anche Lorena Fornasir, presidente dell’associazione che regala cibo, scarpe e vestiti ai ragazzi che riescono a passare il Game, i volontari curano le ferite dei loro piedi. La solidarietà ancora una volta è considerata reato

di Anna Spena

Era l’alba dello scorso 23 febbraio quando la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, sede dell’associazione Linea d’Ombra ODV. Il motivo della perquisizione? La ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento del soggiorno di migranti clandestini. Facciamo un passo indietro: siamo a Trieste, la città italiana dove fisicamente finisce la Rotta Balcanica. Lorena, 68 anni, psicoterapeuta, e suo marito Gian Andrea, 85 anni, professore di filosofia in pensione sono due attivisti che hanno messo in piedi un piccolo presidio medico all’esterno della Stazione di Trieste per offrire prima assistenza ai migranti che passano il confine con la Croazia ma che sul corpo portano i segni delle torture. Sono lì, “dove bisogna stare”, dicono, tutti i pomeriggi ad accogliere i ragazzi, con il “carrettino verde” della cura dove Lorena tiene le garze, i cerotti, il disinfettante, qualche medicina di base. Il carrettino è il simbolo del suo lavoro e degli altri volontari di Linea d’Ombra che sulle panchine di Piazza della Libertà, così come negli squat bosniaci, le strutture abbandonate dove vivono i migranti, medicano i piedi dei ragazzi. Lorena e Gian Andrea sono due essere umani speciali. Sono stati molte volte in Bosnia. Caricano la macchina di medicine, sacchi a pelo e scarpe. All’inizio agivano come singoli, poi si sono costituiti a come associazione di volontariato: Linea d’Ombra odv, nata nel settembre del 2019. Da oltre 5 mesi Gian Andrea è indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’hanno associato a un passeur, un “traghettatore” di uomini. Gian Andrea è per la magistratura un possibile trafficante. Ma l’unica cosa che “favoreggia" è la solidarietà. La questura basandosi su un aiuto effettivo di assistenza e ospitalità, dato nel luglio del 2019 a una famiglia iraniana, composta da padre, madre e due bambini, l’ha collegato ad una rete di sfruttatori che avrebbe prima e dopo il suo intervento, approfittato della famiglia profuga. Non esiste una prova ma solo l’insinuazione che, essendo stata questa famiglia contattata e usata da alcuni trafficanti, Gian Andrea avrebbe potuto non solo esserne a conoscenza ma trarne addirittura un suo personale profitto. «Il mio impegno con i migranti vuol essere politico, e non solo umanitario», dice Gian Andrea. «L’impegno umanitario è un impegno che si limita a lenire la sofferenza senza tentar d’intervenire sulle cause che la producono. Impegno politico, nell’attuale situazione storica, è prima di tutto resistenza nei confronti di un’organizzazione della vita sociale basata sullo sfruttamento degli uomini e della natura portato al limite della devastazione». Cosa è successo in 5 mesi? Le indagini passate dal tribunale di Trieste a quello di Bologna e hanno inserito nella lista degli indagati anche Lorena Fornasier.

Sono passati 5 mesi da quando la polizia ha fatto irruzione nella vostra abitazione privata alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento della permanenza clandestina di migranti. Cosa è cambiato in questi mesi?
Dopo l’accusa di favoreggiamento della permanenza clandestina di migranti a scopo di lucro in concorso con una “cellula triestina” di passeur, composta di decine di persone, “con le aggravanti ad effetto speciale del concorso di tre o più persone e dell'uso di documenti contraffatti, con l'ulteriore aggravante d'aver commesso il fatto al fine di trarre profitto, l’inchiesta è passata dal tribunale di Trieste al tribunale di Bologna”. Ora anche Lorena, che era rimasta fuori dall’inchiesta triestina, è a pieno titolo indagata. Che dire? Il pm di Bologna ha sposato interamente l’accusa del pm triestino, aggiungendovi appunto anche Lorena e il reato di permanenza illegale. Che l’accusa contrasti in maniera grottesca con il profilo personale e l’attività quotidiana di Lorena e mia, che si svolge in luogo pubblico, sotto gli occhi di tutti – e anche con il nostro ulteriore intervento immediatamente successivo al rilascio della famiglia iraniana dalla Questura, dopo che erano stati fermati alla Stazione, è rimasto del tutto indifferente al meccanismo accusatorio. È perfettamente ovvio dedurre da questo comportamento che negli inquirenti domina una volontà politica e non una semplice e rigorosa verifica di fatti e comportamenti: la volontà politica di colpire esemplarmente due persone – e indirettamente chi collabora con loro – che si occupano ogni giorno di costruire situazioni di solidarietà e di rispetto nei confronti di persone che rischiano la vita – e anche muoiono – per raggiungere luoghi in cui ritengono di poter vivere dignitosamente. Ma noi continuiamo con il nostro impegno.

Quanto queste accuse, che non hanno nessuna aderenza con la realtà, hanno influito sulla vostra vita privata e sull'attività di volontariato di Linea d’Ombra?
Ma innanzitutto bisogna ricordare che l’evento per cui siamo indagati risale al luglio del 2019, Linea d’Ombra nasce a settembre dello stesso anno. In teoria l’indagine non riguarda l’associazione, ma di fatto finisce con il coinvolgerla. Perché non si può prescindere dal fatto che io e Lorena siamo fondatori e ricopriamo io la carica di vicepresidente e lei di presidente. Fino ad oggi abbiamo continuato a fare quello che facciamo tutti i giorni: andare in piazza per aiutare i migranti, abbiamo continuato anche ad andare in Bosnia.

Perché questo accanimento contro la solidarietà?
É una cosa diffusa da parte delle autorità. In tanti che si occupano di questioni migratorie sono stati denunciati, quindi non è un fatto strano. Nell’attuale situazione storica, è fondamentale resistere nei confronti di un’organizzazione della vita sociale basata sullo sfruttamento degli uomini e della natura portato al limite della devastazione (come la pandemia ci mostra). Noi lavoriamo anche per costruire punti di socialità solidale che possano costantemente allargarsi e approfondirsi. La macchina del fango che si è messa in atto vuole gettare non tanto sulla mia persona ma su un lavoro collettivo di solidarietà.

La vostra presenza in Piazza a Trieste è fondamentale, così come i viaggi in Bosnia e la relazione con gli attivisti nel Cantone di Una Sana dove sono concentrati i migranti. Qual è la situazione adesso?
La Rotta, dopo un’interruzione dei primi mesi dell’anno, adesso si è riaperta con una certa fluidità. Fino a dieci giorni fa arrivavano anche 50 persone al giorno, adesso il numero è diminuito. Non possiamo prevedere come andranno i flussi. Ma noi continueremo sempre ad andare in piazza.

Su Gofundme è attiva una raccolta fondi per coprire le spese legali che dovrà affrontare Gian Andrea. Qui la raccolta firme per l'autodenuncia in solidariteà.

Foto di apertura: Giana Andrea e Lorena durante il viaggio a Maljevac

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