Sostenibilità
Ghiaccio Bollente: nelle mani dell’uomo il pianeta si squaglia
Nuovo Report WWF sulla riduzione delle aree fredde del pianeta e gli effetti su specie animali e popolazioni: dai poli alle nevi alpine il ghiaggio si scioglie per il riscaldamento globale
Il nostro pianeta si sta scaldando, troppo e troppo in fretta. Il sistema di raffreddamento rappresentato dai ghiacci di Artide e Antartide, dai ghiacciai alpini come Himalaya, Alpi, Patagonia, Alaska e altri si sta rompendo a causa del riscaldamento globale.
Una visione planetaria sulla riduzione dei ghiacci dei pianeta (la Terra è coperta per il 40% da ghiacci e manti nevosi) e i suoi effetti su specie animali e uomo la si trova nel Report “Ghiaccio bollente” del WWF che si basa sulle più recenti evidenze scientifiche, segnala la preoccupante riduzione delle zone polari dove l’aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata nel resto del globo.
Il tasso di decrescita dell’estensione della superficie ghiacciata marina nell’Artico, secondo il quinto rapporto dell’IPCC, è tra il 3,5 e il 4,1% per ogni decennio. La massima estensione raggiunta nel marzo 2015 è stata di 14.280 milioni di km quadrati, la più bassa delle estensioni invernali mai registrate dalle rilevazioni satellitari. La calotta artica si sta riducendo in maniera drastica e se il riscaldamento globale dovesse continuare con il trend attuale gli esperti prevedono che prima della metà del secolo il mare Artico sarà praticamente privo di ghiacci nei mesi estivi.
Anche il continente di ghiaccio, l’Antartide, si è riscaldato di circa 3°C negli ultimi 50 anni: in questo arco di tempo l’87% dei suoi ghiacciai si sono ritirati e ben 9 piattaforme di ghiaccio hanno subito un significativo collasso.
C’è un “terzo polo” freddo della Terra, ovvero, i ghiacciai cosiddetti “alpini” (Alpi e Himalaya, Patagonia, Alaska, ma anche Caucaso e Urali Kilimangiaro e Ruwenzori in Africa, ecc.) che vede una riduzione fino al 75%, in particolare quelli sotto ai 3000 metri.
Dal ghiaccio del pianeta dipendono risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli Oceani, emissioni di gas serra. Lo scenario peggiore per l’IPCC al 2100 prevede un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri. Le ripercussioni sulle società umane sarebbero enormi. Attualmente il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere del mondo entro i 100 km dalla costa.
I cosiddetti ghiacciai alpini sono il serbatoio di acqua dolce durante le stagioni estive e secche risultando fondamentali per agricoltura e industria. Basti pensare che secondo il report saranno 2 miliardi le persone che soffriranno per la scarsità di acqua dovuta alla perdita dei ghiacci alpini asiatici (un quarto della popolazione attuale): 7 grandi fiumi sono infatti alimentati dai ghiacciai himalayani tra cui Brahmaputra, Gange, Indo, Mekong. Il 95% dell’agricoltura è alimentata dai ghiacciai del Karakorum mentre in India il 65% dell’agricoltura è collegata ai ghiacciai dell’Himalaya.
Gli effetti dello scioglimento dei ghiacci potrebbe farsi sentire anche sul clima dei Paesi europei che si affacciano sull’Atlantico, compresi quelli del nord: il nastro trasportatore naturale degli oceani, di cui fa parte la corrente del Golfo (che nasce nel Golfo del Messico), ha consentito a Gran Bretagna, Irlanda, Francia, e paesi scandinavi di godere di un clima mite nonostante la latitudine: la composizione salina degli oceani per effetto della fusione dei ghiacci polari rischia di rompere questa pompa di calore. Inoltre si potrebbe rompere l’equilibrio per i 4 milioni di abitanti indigeni (tra cui le piccole popolazioni di Inuit, Yupik e Sami) che hanno sempre vissuto in maniera integrata e sostenibile nella difficilissima regione artica.
Per non parlare delle moltissime città che potrebbero essere sommerse per l'innalzamento dei mari e gli eventi estremi, in particolare quelle costiere. Tra le grandi città a rischio ci sono Miami, New York, Shangai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d'Egitto. Il 70% delle coste del mondo subirà forti modificazioni rischiando di venire sommerso. Anche numerose isole del Pacifico sono minacciate dall’aumento del livello dei mari e alcune sono destinate a scomparire per sempre. Due isole nell’arcipelago del Kiribati sono già sommerse e altre zone insulari, come Tuvalu o Samoa, stanno già soffrendo per i livelli di salinità presenti nell’acqua potabile.
Le Maldive, nell’Oceano Indiano, potrebbero essere inondate entro 30 anni: 3 isole dell’arcipelago (su un totale di 280 isole inabitate) sono state evacuate. La nuova capitale, Hulhumale, è stata costruita su una barriera artificiale: quando sarà completata nel 2020 sarà il rifugio per circa metà della popolazione attuale, 340mila abitanti.
Il ghiaccio è di vitale importanza anche per la sopravvivenza di tantissime specie: dalle enormi balene agli orsi polari. Nelle aree fredde del pianeta vivono oltre 67 mammiferi terrestri, 35 marini, 21mila specie di animali, piante e funghi sono la diversità biologica dei ghiacci della Terra. Senza ghiaccio nel 2050 i due terzi degli orsi polari potrebbero scomparire. In Antartide stessa sorte potrebbe capitare al 75% della popolazione di pinguino di Adelia. In Alaska i trichechi, per l’assottigliamento del ghiaccio marino artico, si ammassano sulle coste russe con assembramenti di 3.500 animali.
La pernice bianca, nelle vette alpine, risente dell’aumento di temperature e dei ghiacciai frammentati. I fenicotteri cileni (Phoenicoparrus andinus e P. jamesi) soffrono per il calo del livello di acqua dolce dei laghi andini. Sul Kilimangiaro, dove l’effetto serra si sente già in maniera cospicua sui ghiacciai oltre i 5000 metri, potrebbe venire colpita anche la straordinaria foresta pluviale.
«Lo scioglimento dei ghiacci della Terra riguarda animali cui siamo molto affezionati, ma riguarda molto vicino anche gli esseri umani: la lettura del quadro d’insieme è impressionante», dichiara il WWF per il quale il 2015 è un anno cruciale per le decisioni che la comunità internazionale dovrà prendere, a partire dal Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (New York 25-27 settembre) e la COP21 di Parigi sul Cambiamento Climatico.
Per il WWF del resto «uscire dai combustibili fossili, a partire dal carbone, deve essere l’obiettivo ineludibile dell’intera umanità, è la condizione per cercare di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e scongiurare gli scenari più catastrofici. Conosciamo i rischi, grazie alle ricerche scientifiche e, purtroppo, anche dalle osservazioni sul campo nel lavoro che come WWF svolgiamo tutti i giorni». Il WWF conclude con una esortazione: «Oggi possiamo agire, oggi dobbiamo agire: abbiamo le alternative ai combustibili fossili pronte, sono fonti rinnovabili e pulite; insieme all’uso razionale ed efficiente di energia e materiali, possiamo farcela e offrire a tutti nuove opportunità».
Nel video il racconto delle attività dei ricercatori del WWF impegnati sul campo in Artico, dove il WWF è attivo dal 1992 nella cosiddetta “Last Ice Area” composta da ghiacci perenni, per la tutela degli orsi polari.
Online WWF Italia ha dato il via a una campagna sul clima per scoprire qui
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