Non profit

Gheddafi show, atto II

Proseguono le calde gionate romane del rais libico. Ieri fuoco e fulmini alla Sapienza

di Stefano Arduini

«L’America è come Bin Laden», dice Gheddafi all’università della Sapienza a Roma, in un discorso pieno di provocazioni. Imbarazzo da parte del governo italiano. È questo il tema portante sui giornali di oggi.




“Gheddafi: America come Bin Laden”, titola il CORRIERE DELLA SERA. Il Colonnello a Roma ha paragonato l’attacco americano su Tripoli nell’86. Scontri fuori dalla Sapienza per la presenza del leader libico. La comunità ebraica rifiuta l’incontro. Dalla prima pagina parte anche il racconto del discorso all’Università firmato da Gian Antonio Stella, “Il popolo, le sedie e la democrazia”: «Il mondo occidentale dovrebbe seguire l’esempio dell’Italia: chiedere scusa e restituire quello che ha preso. Questo vuole dai grandi del G8: Avete pompato tanti soldi nelle banche? Pompateli in Africa. Luigi Frati (il rettore, ndr.) gongola, annuisce, consente». «I dittatori? – continua Gheddafi nel pezzo di Stella -Non ci sono dittatori in  Africa…La dittatura c’è quando una classe sta sopra un’altra. Se sono tutti poveri…Il massimo però arriva quando gli chiedono che cosa pensa delle democrazie e quando in Libia, finalmente, ci saranno libere elezioni. Risposta: la democrazia è una parola araba che è stata letta in latino. Ma come non viene dal greco demos (popolo) e kratos (potere) come studiamo da secoli? No, demos in arabo vuol dire popolo e crazi vuol dire sedia . Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie…L’alternanza del potere vuol dire che c’è gente che si prende e si trasmette il potere fra di loro. Se ci fosse democrazia non ci sarebbe un’alternanza di potere. La democrazia significa che il popolo che detiene il potere. Come fa a consegnarlo a uno?». Frattini commenta imbarazzato: “«Non siamo d’accordo su tutto»”.
Il CORRIERE propone anche una lettera con foto di Maria Imperatore “la mia foto sul petto”. La Imperatore spiega che la foto esibita dal rais che rappresentava l’eroe libico anti-italiano le ha richiamato alla memoria un’altra foto «altrettanto significativa». L’immagine in effetti ritrae un gruppo di persone che sbarca da una nave. Sono gli italiani che 40 anni fa se ne sono andati da Tripoli dopo la confisca dei loro beni decisa da Gheddafi: «Avevo perso tutto: non solo la casa, le cose, gli amici, la spiaggia, i luoghi spensierati della mia gioventù ma mi sentivo violata addirittura nella mia intimità…Ma questo gli italiani, i deputati, i membri del governo, le nostre giovani ministre lo hanno mai saputo?»   

“Gheddafi: gli Usa come Bin Laden” è il titolo in prima con cui LA REPUBBLICA prosegue il racconto della visita del Colonnello (l’apertura è però dedicata al Parlamento: “Intercettazioni, sì alla legge. Napolitano: esaminerò il testo”). Durissimo il titolo dell’editoriale di Francesco Merlo, “Se la diplomazia diventa uno show”, che parte in prima e prosegue a pagina 37: «Non è possibile che la diplomazia italiana non prepari e non governi una visita di Stato, non ne contenga gli eccessi pittoreschi, non concordi forme e contenuti degli interventi. Non è possibile che la diplomazia italiana spinga l’accattonaggio di Stato sino a lodare gli estremismi di Gheddafi» è l’attacco. La cronaca della giornata del leader libico a Roma è alle pagine 6,7,9. Davanti ai senatori, poi all’università e al Campidoglio, il colonnello ha snocciolato le sue convinzioni. Dall’elogio alla dittatura («se uno ha un progetto utile per il paese e la gente lo segue, non vedo qual è il problema») alla posizione sul terrorismo: «Nel 1986 l’America si comportò come Bin Laden» (il riferimento è al bombardamento deciso da Reagan su Tripoli e Bengasi). Forse il peggio è andato in scena alla Sapienza, dove il rettore in nome della libertà di parola ha fatto in modo che Gheddafi parlasse e non potessero fare altrettanto gli studenti dell’Onda. Tra l’altro, annota Vincenzo Nigro, dopo che il colonnello ha difeso il suo paese in tema di rispetto delle donne, un professore ha detto «di apprezzare molto le sue guardie del corpo donne. Ma mia moglie è in sala e non posso dire di più. Gheddafi allora invita tre delle sue amazzoni sul proscenio e le fa sfilare per la platea e per il magnifico rettore». Magnifico?
Sulle dichiarazioni “americane” del libico, due interviste parallele: all’ex ambasciatore statunitense a Roma, Reginad Batholomew (“Solo frasi demagogiche l’America deve ignorarlo”: «è da 40 anni che si comporta in modo eccentrico») e a Giulio Andreotti (“Qualche affermazione dura in un discorso molto saggio”: molto realpolitik, il divo Giulio sostiene che «la Libia è un paese con il quale abbiamo molta più necessità di trovare linee concordi che accentuare le divisioni»).

Inquietante foto (come del resto tutte le foto del Colonnello…) di Gheddafi in prima pagina sotto la testata del SOLE24ORE, che dedica alla visita del leader libico tutta la pagina 7. “Gheddafi: Usa come Bin Laden” è il titolo all’interno, che sottolinea come la passerella romana di questi giorni «si sia trasformata in un’eccezionale vetrina mediatica non si sa quanto gradita a Washington» anche perché le sua parole sul terrorismo hanno destato «dubbi e preoccupazioni». Di spalla, intervista a Danilo Zolo, docente di filosofia del diritto internazionale a Firenze, appena tornato dalla Libia. Secondo l’esperto nel paese di Gheddafi «i migranti in arrivo da Sud finiscono in veri e propri lager peggiori di quelli costruiti nel 1931 durante l’occupazione»; per lui Gheddafi «è un despota» intriso di «odio razziale» contro i neri che arrivano da Sudan e Niger. In taglio basso anche il SOLE non sfugge al colore e traccia un identikit delle 40 «amazzoni», le donne della guardia scelta di Gheddafi che hanno calamitato molti sguardi in quel di Roma, secondo il SOLE anche quello del rettore della Sapienza Luigi Frati.

“Il grande show di Gheddafi” è il titolo di apertura de LA STAMPA, che dedica alla visita del leader libico anche le pagine 2-3 e 5. Segnalo il retroscena di Maurizio Molinari sul cotè americano della faccenda: “Ora Obama vuole capire Berlusconi”: Le dichiarazioni di Muhammar Gheddafi sul parallelo fra gli Stati Uniti e Osama bin Laden irrompono nella preparazione della visita di Silvio Berlusconi a Washington, spingono gli sherpa della Casa Bianca a modificare l’agenda dei colloqui di lunedì e rafforzano la richiesta di Barack Obama di avere mezz’ora di colloquio a tu per tu con il presidente del Consiglio, al fine di poterlo conoscere meglio. (…) nelle comunicazioni intercorse fra Via Veneto e Foggy Bottom i termini adoperati sono stati «pazzesco» e «incredibile» che descrivono la sorpresa tanto per lo show del leader libico quanto per il fatto che l’Italia si è trasformata nel suo palcoscenico europeo ‘grazie ad una visita che poteva essere più breve’» Secondo Molinari Obama vuole «parlare con franchezza a Berlusconi sui temi che più hanno fatto ombra alle relazioni negli ultimi mesi: dal tentativo italiano di avere un solitario ruolo di mediazione nei rapporti di Washington con Mosca e Teheran fino alle frasi del premier contro la multiculturalità e sul fatto di essere il leader politicamente più esperto del G8». Anche il Buongiorno di Gramellini è dedicato a Gheddafi, “Libertà (di far quel che gli va)”: «Un briciolo di riconoscenza in più ce la saremmo aspettata. Se non per il nostro pentimento, per l’assoluta mancanza di colonna vertebrale con cui abbiamo accolto le sue comparsate. È arrivato con la foto di un martire incollata sulla giacca come un rimorso e nessuno ha fiatato. Al Senato ha inneggiato a piazzale Loreto e paragonato gli Usa di Reagan a Bin Laden, e lì almeno Frattini si è dissociato. Poi è andato alla Sapienza, dove non lasciarono parlare il Papa, e invece a lui hanno permesso di dire, senza contraddittorio, che i libri di storia sono pieni di falsità e che un giorno anche noi, forse, conosceremo la democrazia».

“Giù le mani dall’America” è questo il titolo dell’editoriale firmato da Vittorio Macioce che IL GIORNALE dedica agli interventi di Gheddafi, ieri. Mentre in prima un breve titolo richiama agli articoli nelle pagine interne sulla visita del capo di stato libico. «L’America è un’idea di libertà. Al Qaida una setta di assassini. L’ospite è qui  non abbassa mai lo sguardo (…) Gheddafi vuole che il mondo chieda scusa. Tutti. L’Italia e l’America. Tutti tranne Al Qaida. Loro, i terroristi vanno capiti. L’uomo che chiama libertà il terrore ora è nostro ospite, in questa città eterna, che ha visto passare milioni di ex nemici, qualcuno da sconfitto, tanti da conquistatori, alcuni accolti con un segno di pace. Gheddafi è tra questi. Gli affari con lui sono buoni. Il gas ci serve e poi guarda le nostre coste, vecchi colabrodi dove passa di tutto. Lo sa l’Italia e lo sa Gheddafi. Il patto del Mediterraneo è una firma saggia. Ma Gheddafi non può chiedere di più. Non possiamo rinnegare l’America. L’ospite, dicono, è sacro. Ma fino a che punto? (…)» Nella chiusa dell’articolo Macioche fa un parallelo tra il colonnello e gli studenti dell’Onda che lo contestano: «È quasi un paradosso. L’ospite parla e fuori gli studenti dell’Onda buttano bottiglie e vernice sui poliziotti (…) Ma se si parlassero almeno su una cosa sarebbero d’accordo: tutte quelle parole contro l’America (…) Tutti e due, per qualche strano motivo, pensano che la libertà di Jefferson e Tocqueville sia fasulla. La vera, gridano loro, è quella della tribù e del deserto. Quella del popolo contro l’individuo. Quella dove i terroristi sono eroi. Liberi di pensare tutto questo. Ma a casa loro».

Un articolo di Stefano Liberti de IL MANIFESTO pone l’accento sul discorso di Muammar Gheddafi a La Sapienza di Roma dove il leader libico è stato duramente contestato. La situazione è precipitata velocemente perchè la platea si è dimostrata intransigente e non ha fatto sconti al dittatore. Scomode le domande degli studenti, fumose le risposte del leader africano. Alla domanda di un ragazzo che chiedeva «quali diritti garantisce la Libia agli immigrati che vengono respinti dall’Italia» risponde con un assurdo «Quali diritti? Quali immigrati?» un uomo dell’entourage di Gheddafi. Sempre riguardo all’immigrazione è stato chiesto al dittatore libico di rispondere alle accuse di Amnesty International secondo cui stupri e violenze nei campi di accoglienza siano all’ordine del giorno. Ma la platea studentesca non si ferma qui: tante le domande anche sulla libertà in Libia in particolare «quando libere elezioni nel paese africano?». Pian piano la situazione è andata scaldandosi, sopratutto perchè è stato spento il microfono durante un intervento di un’appartenente all’Onda studentesca. Il rettore Luigi Frati ha capito che la situazione stava precipitando e ai primi fischi a chiuso l’assemblea.

Niente titolo di apertura da AVVENIRE per Gheddafi. “La discussa visita del leader libico. Gheddafi contro gli Usa. E per l’immigrazione chiede tanti miliardi”. L’articolo è un condensato del Gheddafi-pensiero emerso nei discorsi romani. In particolare due i temi caldi: terrorismo e democrazia («Il partitismo è un aborto della democrazia»). Un articolo racconta l’incontro alla Sapienza con la contestazione degli studenti dell’Onda. «L’america non vuole la libertà dei popoli, ma colonizzare il globo terrestre. Washington voleva uccidermi perché non volevo sottomettermi».

Gli Usa, gli stati occidentali, il sistema partitico italiano e le responsabilità occidentali nei confronti del terrorismo. Sono i temi del discorso di Gheddafi analizzati dall’articolo d’approfondimento di ITALIA OGGI pubblicato nella sezione Primo Piano. L’unico commento dei politici italiani ripreso da ITALIA OGGI è quello di Frattini:« Non siamo di certo d’accordo su tutto con il colonnello Gheddafi».
Da Palazzo Giustiniani alla Sapienza. Secondo ITALIA OGGI si è trattato di un discorso diverso, ma la vena polemica era la stessa soprattutto quando Gheddafi «ha chiesto ai leader del G8 di riconoscere di aver rapinato le risorse dell’Africa e di aver schiavizzato la popolazione». Sempre riferendosi al discorso alla Sapienza «Tra le note positive», scrive il quotidiano, « per la distensione dei rapporti, Gheddafi ha anche rivendicato l’abbandono volontario alle armi atomiche» e la promessa:«Garantiremo un flusso continuo di petrolio e gas verso l’Italia».



E inoltre sui giornali di oggi:


ISRAELE
CORRIERE DELLA SERA – “«Netanyahu dirà sì ai due Stati»”, lo anticipa il quotidiano Haaretz in previsione del discorso che il premier israeliano terrà all’università di Bar Ilan. «Netanyahu dovrebbe pronunciare la formula che gli Usa esigono: due popoli, due Stati, aggiungendo che quello palestinese potrà sedere all’Onu, ma smilitarizzato e controllato ai confini da Israele e Giordania».



VOLONTARIATO
CORRIERE DELLA SERA – Parte dalla prima pagina la denuncia di Eugenio Francesco Borghetti: “«Ho 70anni, non fatemi sentire inutile»”. L’ingegnere pensionato dice al CORRIERE: «Volevo fare il volontario, mi hanno escluso perché ho 70 anni. Ma è possibile?». «E mi è vietato anche di donare il sangue». Il giornale lo presenta quasi con un superman: alla tv «preferisce macinare chilometri in bici e andarsene in palestra: nella gara di flessioni il nipote ventenne si ferma a 17, lui raggiunge la trentina». Insomma un uomo ancora in piena forma con tanta voglia di rendersi utile. «Il primo tentativo quello di diventare donatore:vado all’Avis  e mi rispondono che oltre i 60 anni il sangue non è più buono…ma analizzatelo almeno dico io, cos’è diventato, vino?». Poi il corso da volontario alla Protezione civile: «Ottengo l’attestato. Lo spedisco per propormi in diversi posti, ma nessuno mi risponde».  Il pensionato si lamenta e il CORRIERE calca la mano. Un modesto suggerimento da Vita.it, signor Borghetti: faccia un colpo di telefono a Auser e Sodalitas, poi ci dica che cosa le hanno risposto.  


MIGRANTI
LA REPUBBLICA – “E ora gli immigrati tornano a casa «Grazie Italia, ma non ci servi più»”. La crisi più della legge, sostiene Vladimiro Polchi, che riferisce alcuni casi di migranti che, rimasti senza lavoro o con uno stipendio troppo basso, hanno deciso di far rientro nel loro paese d’origine. Migranti stabili, con il permesso di soggiorno. Secondo le stime Uil, circa 142mila lavoratori stranieri resteranno senza lavoro nel 2009. Pesanti conseguenze anche sul piano delle rimesse: dai 777 milioni del 2006 si è scesi, nel 2008, a 704.



IRAN
IL SOLE 24 ORE – Fondo di Alberto Negri sulle elezioni in Iran, “Guerra e pace, referendum a Teheran”: la tesi è chiara, «se Ahmadinejad fosse battuto da Moussavi, sarebbe la prima volta che in presidente in carica viene sconfitto dalle urne», e forse anche per questo mai come quest’anno l’attenzione del mondo è concentrata lì, nel paese più «strategico» del Medio Oriente, in cui gli ayatollah non fanno mistero di volere l’atomica tanto quanto il presidente in carica. «Ma ci sono due buone notizie», scrive Negri. «la prima è che tutti sono aperti al negoziato con Washington», la seconda «il silenzio americano sulle elezioni», una scelta che rivela la volontà di Obama di non bruciare nessun candidato moderato con il «bacio della morte». Oggi si saprà che se è veramente in corso una «rivoluzione di velluto», guidata dai giovani, che potrà cambiare gli scenari geopolitici di tutto il mondo.



COOPERAZIONE
AVVENIRE – Intervista al ministro Frattini sul G8 per lo sviluppo: “Sos dal Sud del mondo. Migliorare la governance degli aiuti”. Sugli strumenti concreti per alimentare lo sviluppo: «Oggi i money transfer chiedono il 10% per trasferire i soldi in patria. Il G8 proporrà una riduzione al 5% in cinque anni che libererà 13 miliardi di dollari. Gli Stati G8 possono condizionare il rinnovo della concessione alla riduzione dell’aggio sulle rimesse».

LA STAMPA – La denuncia di One, l’organizzazione di Geldof e Bono “Italia e Francia tradiscono l’Africa”: «Italia e Francia non rispettano l’impegno contro la povertà africana preso al G8 di Gleneagles nel 2005 e con la loro inadempienza rischiano di vanificare gli sforzi degli altri governi. Il duro j’accuse segue la presentazione del nuovo rapporto di One, l’organizzazione guidata da Bono Vox e Bob Geldof che si occupa dello sviluppo del continente nero, secondo il quale negli ultimi quattro anni gli otto Paesi più industrializzati hanno raccolto appena sette miliardi di dollari, un terzo dei fondi garantiti entro la fine del 2010. A zavorrare il decollo del partenariato è «l’ingiustificabile ritardo» di Roma e Parigi, «responsabili dell’80 % degli aiuti mancati». Intervista a Bob Geldof, che definisce vergognosa la posizione dell’Italia e si appella a Berlusconi.



MINORI
AVVENIRE – In occasione della giornata sullo Sfruttamento minorile intervista al ministro Sacconi, che è intervenuto a una Conferenza promossa da Telefono Azzurro. Il ministro ha annunciato un’importante collaborazione con Telefono Azzurro, «perché il nostro lavoro ispettivo ha bisogno di sensori privilegiati». Palo Pennesi direttore generale dell’Attività ispettiva del ministero ha denunciato  che un minore su due è stato trovato in condizioni di irregolarità. Il tasso di occupazione irregolare dei minori è passato dal 42% al 75% negli ultimi mesi».



LEGA
LA STAMPA – Pag.13 “La Lega faro degli immigrati. Nel quartiere torinese multetnico di San Salvario assiste gli stranieri”.  La storia dell’Ufficio rapporti sociali messo in piedi dal Carroccio nel cuore del quartiere. «Volevamo dare una mano a chi rimane senza luce o gas, non trova una casa, non sa montare il decoder o compilare una dichiarazione dei redditi. E a chi non sa come ottenere la carta di soggiorno», racconta Luigi Sinatora, che si è inventato quell’ufficio. Risultato: «Oltre 16 mila pratiche all’anno, senza chiedere un euro. E il 60-70 per cento per gli stranieri». E la Lega che nel quartiere passa dal 3 al 12 per cento: «Offrono consulenze gratuite. Hanno partorito un sistema di welfare parallelo e gratuito: dalle dichiarazioni dei redditi ai contributi per l’affitto; dal registro automobili alle convenzioni con carrozzieri e meccanici ai corsi di guida sicura. «Gli stranieri non sanno dove andare. Non conoscono la lingua. Noi aiutiamo tutti», racconta Luigi, «purché abbiano volontà d’integrarsi e rispettare le regole». «Non chiedono niente e ti danno una mano. Quando cercavo una casa in affitto mi hanno aiutato a redigere il contratto», spiega Mohammed El Sayed, macellaio egiziano.



TERRORISMO
IL GIORNALE – Annunciate in prima da due titoli “Erano già pronte le nuove Br Volevano fare una strage al G8” e “I verbali delle telefonate «Un brigatista muore brigatista perché la lotta non finisce mai»” due pagine dedicate al blitz antiterrorismo che ha portato a sei arresti. I neobrigatisti stavano lavorando per preparare un attentato alla Maddalena in occasione del vertice del G8.


AFRICA
ITALIA OGGI – Se per Gheddafi i paesi occidentali hanno sfruttato l’Africa, l’Italia ha posto la questione Africa, come una delle priorità nell’agenda del prossimo G8 all’Aquila. Lo sostiene Mario Lettieri, ex sottosegretario all’economia  nel governo Prodi e l’economista Paolo Raimondi, in una articolo intitolato “Al G8 dell’Aquila si parlerà anche della questione Africa”.
«In alcuni incontri preparatori organizzati dal “Consortium for Africa”» scrivono Lettieri e Raimondi, «che vede oltre al G8 anche l’Unione Africana e la Banca Africana di Sviluppo, il governo italiano ha sottolineato che pianificare lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà nei paesi meno avanzati è una nostra priorità centrale e che occorre sviluppare dei meccanismi finanziari privati che aiutino l’Africa a inserirsi nell’economia globale. E’ tempo di passare dalle enunciazioni di principio a fatti concreti».

GIUSTIZIA
IL MANIFESTO – “Silenzio non si indaga più” è il titolo eloquente dedicato all’approvazione della Camera alla legge Alfano. Il dato più sconcertante per Stefano Milani, che firma l’articolo, è la presenza di 21 voti dei 318 che hanno concorso all’approvazione, che arrivano sicuramente dagli scranni del centro sinistra. Sconcerto da parte dell’Associazione nazionale magistrati e dall’Anfp (Associazione nazionale forze di polizia). Una sola la preoccupazione: «i delinquenti non verrano più scoperti e puniti». Il ddl è un bavaglio non solo per i magistrati ma anche per i giornalisti: è vietata infatti la pubblicazione anche parziale di atti, non più secretati, fino al termine dell’udienza preliminare. Sarà possibile solo proporne un riassunto. Per quanto riguarda le intercettazioni invece la pubblicazione è vietata fino alla fine delle indagini preliminari.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA