Non profit

Gheddafi, ricatto all’Europa

5 miliardi di euro l'anno per bloccare l'immigrazione africana

di Franco Bomprezzi

Ancora lui, e questa volta non è solo folclore, o parodia di fede islamica: Muammar Gheddafi da Roma, accanto a Silvio Berlusconi, e citandone il consenso, chiede all’Europa cinque miliardi di euro all’anno per frenare l’immigrazione clandestina. Una sparata che gli fa conquistare per il secondo giorno consecutivo i titoli di apertura dei giornali italiani.

“Gheddafi a Roma provoca l’Europa”, così il CORRIERE DELLA SERA apre l’edizione di oggi. E nel sommario del titolo di apertura la frase choc del leader libico: “Alla Libia 5 miliardi l’anno o sarete invasi dagli immigrati e diventerete l’Africa”. Nell’occhiello: “Show anche sulle donne e il colonialismo. Scontro politico. Il Cavaliere: sbaglia chi critica l’amicizia con Tripoli”. Il quotidiano milanese dedica le prime quattro pagine alla visita di Muammar Gheddafi a Roma. Molto critico l’editoriale di Franco Venturini, già dal titolo: “Oltre il limite”. Scrive l’editorialista di esteri: “Tutto «folclore», tutte stranezze di un leader che è sempre stato diverso? Chi vuole crederlo lo creda. Ma a noi pare di rivedere semplicemente il Gheddafi di sempre, quello pre-Trattato con l’Italia, quello che ha sempre tenuto la corda tesa per ricompattare il suo fronte interno e ha sempre monetizzato gli interessi altrui. Se necessario con un non troppo velato ricatto, come accade nei confronti di una Europa che conosce bene, e affronta male, la questione dell’immigrazione clandestina. E non finiscono qui, le grandi questioni che la visita del leader libico ha sollevato e che fanno da contraltare alle nostre convenienze economico- energetiche. Gheddafi si fa predisporre una platea in fiore per auspicare che l’Islam diventi la religione dell’Europa. Concetto per nulla scandaloso, dal momento che ognuno è libero di auspicare il trionfo anche planetario della propria religione. Ma Gheddafi il suo proselitismo lo fa a Roma, capitale della cristianità”. Alle pagine 2 e 3 il racconto, ricco di foto, della giornata romana, fra parata, discorsi ufficiali, incontri d’affari (il vero tornaconto dell’Italia). Interessante a pagina 5 il pezzo di Goffredo Buccini sulla visita alla mostra sul nostro passato coloniale: “E il rais riscrisse la Storia «Italiani maestri di Hitler»”. “Farsa e dramma giocano a rimpiattino tutto il giorno – scrive Buccini – nell’incredibile copione della visita gheddafiana. «Gli storici dicono che il maresciallo Graziani è stato il maestro di Hitler per i campi di concentramento e l’Olocausto. Lo stesso sistema è stato usato contro i libici. Nei campi morivano cinquanta libici al giorno, donne, uomini, bambini», tuonerà in serata il Rais tra danzatori folk e galoppate di cavalli berberi, nella caserma Salvo d’Acquisto dei carabinieri. Incomincia a maneggiare direttamente la Storia e i suoi orrori già sotto il grande tendone dell’Accademia che ospita la mostra, palcoscenico pomeridiano del lunedì dei cari leader, Muhammar e Silvio, di nuovo insieme, ma stavolta gelati dalle troppe polemiche: dunque, niente baciamano del nostro premier al dittatore, Berlusconi è terreo e forse di pessimo umore mentre arriva su una macchinetta da golfista con il partner libico accanto e Letta seduto vicino all’autista, per scoprire una targa che in arabo augura all’Accademia di essere un ponte culturale con noi. L’augurio del Colonnello agli europei, lanciato tramite le sue discepole romane («Ha detto convertitevi all’Islam», svelavano l’altro ieri le più ardite) ha lasciato strascichi pesanti, anche nel Pdl in tanti l’hanno presa maluccio”.

“Gheddafi-show, è scontro”, il quotidiano LA REPUBBLICA non usa mezzi termini e apre in prima pagina con l’ennesimo “siparietto” del leader libico in visita in Italia. I servizi continuano poi a pagina 2 e 3, mentre a pagina 4 viene pubblicata la testimonianza di una ragazza infiltratasi fra quelle 200 che hanno assistito alla seconda lectio magistralis sull’Islam di Gheddafi. Cronaca della giornata all’insegna del “venite, venite, siori, venite”: duri attacchi da parte della Lega, che oggi titola su LA PADANIA “L’Europa sia cristiana”, ma con alcuni distinguo (come il sindaco di Verona Flavio Tosi che afferma: «Gheddafi è un animale politico eccezionale. Ha i soldi, ha il petrolio e fa splendidamente l’interesse della sua nazione. Tocca a noi fare il nostro interesse. Il punto è questo»). Altri attacchi al governo per aver avvallato un comportamento a dir poco disinvolto del Muammar libico sono venuti dall’opposizione, ma anche dai finiani per cui l’Italia è stata ridotta a Disneyland del Colonnello. Salato, invece, il commento di Gad Lerner che negli ultimi tempi non risparmia più nessuno dalle colonne di Repubblica. Titolo del pezzo “La velina islamica”: «Nonostante gli oltre quarant’anni ininterrotti al potere, in fondo Muammar Gheddafi resta pur sempre meno anziano rispetto al nostro presidente del consiglio. Hanno in comune la maschera patetica di chi insegue la longevità con camuffamenti giovanilistici. Da questo punto di vista, sono leader intercambiabili. Se oggi Berlusconi minimizza di fronte allo squallore dei raduni di giovani femmine italiane sottomesse, che Gheddafi non oserebbe mai convocare in un santuario di preghiera islamica, e si limita a definirli “folklore”, non è solo per imbarazzo diplomatico. Lui che per anni ha esercitato un indubbio potere seduttivo sulla maggioranza delle donne italiane, soffre di una vera e propria mutilazione culturale: vittima del suo stesso anacronismo, gli è preclusa la sensibilità necessaria anche solo a figurarsi le donne al di fuori di una dimensione subalterna. Gli verrebbe più facile parlare arabo che notare un evidente problema nazionale come la dignità femminile calpestata.» Vale la pena segnalare, infine, oltre alla immaginifica richiesta di Gheddafi di avere 5 miliardi di euro da parte dell’Ue per bloccare il flusso immigrati verso il Vecchio continente, l’articolo di Alessandra Longo “Cavalli berberi, ministri manager. Il rais elogia le lacrime di Silvio” a pagina 3. Un servizio – più di moda che di cronaca – con griffe e marchi in primo piano, ma che forse ha il pregio di farci assaporare l’insostenibile leggerezza del potere più di molti altri resoconti stenografici. Last but not least: la testimonianza di Sara Grattoggi, infiltrata fra le 200 veline islamiche che, fra banalità e spettacolini, ci dà un vero e proprio scoop (purtroppo annegato nel pezzo): «Dopo l’introduzione, il Colonnello si concede una parentesi sull’attualità, prendendo le distanze dalla condanna a morte dell’iraniana Sakineh Mohammadi Ashtiani e sottolineando come “il Corano non preveda la lapidazione”». Vaglielo a spiegare ora a Mahmud Ahmadinejad, presidente dell’Iran e fanatico islamico.

Anche oggi Ghedafi è la foto di copertina del GIORNALE che titola “Gheddafi? Per la sinistra era un fratello”. È Felice Manti che scrive: «Oggi l’opposizione processa Berlusconi per gli incontri con il Colonnello. Eppure solo poco tempo fa il leader libico diceva che “Prodi è un fratello” e “ D’Alema un amico”». Nel suo pezzo  annovera le «dichiarazioni d’amore che i democratici non ricordano». La realpolitik è la zavorra che fa scendere dalla spettacolarità della visita di Gheddafi e Livio Caputo scrive: «La Libia ci ha consentito di ridurre di quasi il 90%  l’arrivo dei clandestini dall’Africa. I soldi pagati per i danni, veri o supposti,  inflitti dal colonialismo italiano ritorneranno  sottoforma di commesse a imprese italiane. Gheddafi ha finito da tempo di appoggiare il terrorismo, che pur facendo del proselitismo da operetta  combatte seriamente i fondamentalisti e che ha rinunciato alle armi nucleari, biologiche e chimiche per riacquistare la  rispettabilità internazionale. Poi la stoccatina arriva: «Se fosse un po’meno ingombrante, un po’meno esibizionista,  e magari diradasse le sue visite, sarebbe meglio, ma è comunque preferibile quando fa i suoi show romani che quando ci ricattava un giorno sì e l’altro anche».  Finiani e IdV sono i fronti opposti al Governo che si sono fatti sentire e vedere per manifestare la loro critica verso l’asse Gheddafi- Berlusconi. Così IL GIORNALE mette in risalto il folklore (quanto quello del Colonello) della protesta, con tanto di tenda e laurea horroris causa al leader libico.

IL MANIFESTO titola ironicamente “Siamo a cavallo” sotto ad una foto del leader libico in compagnia di Berlusconi. «Infornata di hostess, lezione di Corano, parata di destrieri e poi sotto la tenda arriva l’ospite: Gheddafi e Berlusconi insieme per mezz’ora. Show di indignazione di centrosinistra e finiani («basta pagliacciate»), replica del ministro Frattini: “Non capite gli interessi dell’Italia”». Nell’editoriale, Giampaolo Calchi Novati, dopo aver sottolineato come «quattro visite in un anno sono tante. Anche tenendo conto che due dei viaggi di Gheddafi a Roma fra il giugno 2009 e oggi sono avvenuti in un contesto multilaterale, restano comunque più di quanto contemplino i parametri di una diplomazia ordinaria» si chiede se si tratti di «luna di miele o intreccio diabolico?». Molto divertente la vignetta di Vauro che ritrae Berlusconi colpito da una piccola moschea (che ricorda la statuetta del Duomo di Milano). la frase che completa il disegno è “Dal Duomo alla moschea”. All’interno Valentino Parlato, fondatore del quotidiano, racconta la sua infanzia a Tripoli in “Così, a 16 anni in Libia, sono diventato comunista”. 

Richiamo in prima per Gheddafi sul SOLE 24 ORE, con focus sul lato affaristico della vicenda: “Gheddafi: con le aziende italiane altre commesse nella difesa”. Nicoletta Picchio, a pagina 16, fa due conti sulla partita economica in corso, al di là del folklore: «Non ci sono sul piatto solo i 1.700 chilometri dell’autostrada sulla costa libica, un business da oltre 5 miliardi di euro per le imprese di costruzione italiane. Il leader libico ha confermato la volontà di attrarre investimenti italiani. I contratti nel settore della difesa dovrebbero riguardare richieste di forniture nei confronti di Finmeccanica e Fincantieri. Un business che dovrebbe essere approfondito presto, forse già a fine settembre, dai ministri della Difesa dei due Paesi, e che si aggiunge a quello di trasporti ed energia: solo l’Eni ha già annunciato investimenti in Libia per 25 miliardi di dollari. Il giro d’affari potenziale dopo il pre-accordo siglato l’anno scorso da Finmeccanica con i fondi sovrani libici Libyan Investment Authority e la Libya Africa Investment Portfolio, per dare vita ad una joint venture nei settori dell’aerospazio, elettronica, trasporti ed energia per operare in Libia, Africa e Medio Oriente è stimato in 20 miliardi di euro». 

“Gheddafi a Roma: affari e provocazioni” titola AVVENIRE, il quotidiano cattolico, che alla visita del rais in Italia dedica tre pagine all’interno e l’editoriale di Marco Tarquinio. Parlando di “incresciosa messa in scena” l’editorialista critica il proselitismo del colonnello: «Nella tollerante e pluralista Italia, in questo nostro Paese di profonde e vive radici cristiane e capace di una positiva laicità, nella Roma cattolica, Gheddafi ha potuto fare deliberato spettacolo di “proselitismo” (anche grazie a un tg pubblico incredibilmente servizievole e disposto a far spiegare alle otto di sera della domenica che il colonnello ha esercitato il “dovere” di “ogni musulmano: convertire” gli altri. Non sappiamo in quanti altri Paesi tutto questo avrebbe avuto luogo o, in ogni caso, avrebbe avuto spropositata (e stolida) eco. Probabilmente è stato un boomerang, una dimostrazione di quanto possano confondersi perfino in certo islam giudicato non (più) estremista piano politico e piano religioso». Nei servizi all’interno, il gesuita padre Samir Khalil avverte in un’intervista che “Gheddafi va preso sul serio” e dichiara: «Starei attento a liquidare le sue parole come una boutade» sottolineando che entro il 2050 un quarto della popolazione europea sarà islamica e che mentre l’islam diventa sempre più propagandistico e intollerante, dilaga l’indifferentismo religioso e il cristianesimo vene spesso deriso e osteggiato. Una pagina è dedicata invece all’intreccio affari e politica della due giorni romana con il gotha della finanza e dell’impresa italiane a cena con il “comandante” libico e Berlusconi che non accetta recriminazioni e afferma: « quella con Gheddafi è “un’amicizia che serve a tutti”. Chi critica questo accordo è fermo al passato». Infine a pagina 6 le reazioni dei tanti politici italiani in rivolta per i messaggi ambigui lanciati dal colonnello, con critiche anche all’interno del Pdl e il durissimo attacco della fondazione Fare Futuro che parla di pagliacciate in una “Italia ridotta a Disneyland”.

Tra hostess e minacce all’Europa. Sono i confini degli articoli dedicati al rais libico dalla STAMPA che apre con «Gheddafi minaccia l’Europa. “Può diventare come l’Africa”. “Per fermare l’immigrazione datemi cinque miliardi”». L’articolo per prosegue poi alle pagine 2 e 3 raccontando la seconda giornata del leader libico a Roma dove trovano spazio le critiche che arrivano pure dal centro-destra dai finiani «Gheddafi ha fatto dell’Italia la sua Disneyland» per non parlare dell’opposizione «”un’umiliazione per l’Italia” è la valutazione di Franceschini, come di Pezzotta, di Bersani, come di Paola Concia, di numerosi esponenti dell’Udc». La risposta di Frattini: «L’opposizione non ha a cuore gli interessi dell’Italia». Insomma il mondo degli affari plaude mentre «la politica è entrata in fibrillazione». Nelle stesse pagine trovano spazio un’intervista a Giorgia Meloni richiamata in prima pagina dal titolo «Che fastidio quell’appello alle ragazze», mentre il catenaccio dell’articolo è dedicato al ragionamento del ministro alla Gioventù: «l’Europa perderebbe l’identità se no fosse più cristiana», come un commento firmato da Maurizio Lupi e Mario Mauro che scrivono: «Caro direttore, acta est fabula. Dopo due giorni di Gheddafi-show verrebbe voglia di gridare ai quattro venti il celebre motto dell’imperatore Cesare Augusto: “Signori e signori, lo spettacolo è finito” (…)» i due esponenti del Pdl continuano «(…) è ancora opportuno offrire il nostro Paese come palcoscenico per gli spettacoli del rais? (…) Le frasi di Gheddafi sono un pericolo proprio per il fatto che non ne avvertiamo la gravità (…)» e il fatto che nei paesi musulmani sarebbe impossibile un reciproco atteggiamento osservano: «Cosa accadrebbe se, non un politico cristiano, ma un qualsiasi cristiano facesse certe affermazioni? Verrebbe perseguito dalla legge (…)» e concludono: «Non dobbiamo mettere in atto una crociata identitaria. Quello che è realmente importante è l’amore per il destino del popolo che ha bisogno di essere libero dal potere».

E inoltre sui giornali di oggi:

WELFARE
IL SOLE 24 ORE – “La crisi spinge la spesa sociale”. I dati della relazione del ministero dell’Economia sul 2009 fanno emergere che il grosso della spesa sociale va alle soluzioni emergenziali ( 1 miliardo di cassa integrazione) e che quindi, «depurata dalle voci «emergenziali », dunque, la spesa “sociale”  del nostro paese sarebbe ancora più lontana dalle migliori  medie europee». «Il confronto, in questo caso, è basato solo sulle voci propriamente  destinate a “famiglia” e “maternità”, e mostra che l’Italia  dedica al tema l’1,2% del Pil contro una media europea del 2%; nel 2009 i primi dati indicano  un miglioramento leggero, che porta questo sforzo economico  all’1,4% del prodotto (che nel frattempo ha subito una flessione)  ma non riesce a far agguantare  il livello medio dell’Unione».

SCUOLA E DISABILI
CORRIERE DELLA SERA – Pezzo inchiesta di Gian Antonio Stella che parte dalla prima e riempie pagina 9: “I furbetti del sostegno che truffano sui disabili”. La fonte è un interessante e documentatissimo dossier della rivista “Tuttoscuola”, autorevole pubblicazione nota a docenti e operatori scolastici. In sostanza la scoperta che il posto di insegnante di sostegno, spesso non qualificato, è un’ottima scorciatoia, specialmente al Sud, per entrare di ruolo nel mondo della scuola. Nulla a che vedere, ovviamente, con il sacrosanto diritto a una buona integrazione scolastica, come spiega bene Stella.

SANITA’
LA REPUBBLICA – Hanno paura delle richieste di risarcimento, ritengono i loro ospedali organizzati male, non si sentono abbastanza competenti per affrontare il parto naturale. E così fanno spostare la donna in sala operatoria, chiamano l’anestesista e impugnano il bisturi. In Italia si fanno un’infinità di cesarei. Troppi: l’Oms chiede che non superino il 15% del totale delle nascite (un limite che starebbe per salire di 10 punti) ma da noi sfiorano il 38%. Di media, perché al Sud la situazione è ancora peggiore. La Campania è al 60, la Sicilia è al 52. L’allarme su dati difficili da scalfire, ormai da anni, è arrivato ieri dal ministro Ferruccio Fazio, a Messina per il caso del litigio di due medici di fronte a una donna in condizioni critiche: “La proliferazione di questi interventi può essere dovuta anche a forme di non trasparenza. Ho già parlato della necessità di non lucrare nel settore della sanità”, ha commentato.

LA STAMPA – Due pagine sono dedicate al caso di Messina e alla bufera che sta imperversando sull’ospedale messinese e in generale su tutta la sanità, ci sono le scuse del ministro Fazio, ma per LA STAMPA è anche l’occasione per presentare un ampio dossier su «La folle corsa al cesareo. Lo sceglie quasi il 40% delle donne, al sud si arriva al 60. Fazio inaccettabile». Insomma, «Qualcosa non funziona nel sistema e l’Istituto superiore di sanità sta provando da mesi a emanare le nuove direttive guida che dovrebbero sostituire quelle in vigore che risalgono a dieci anni fa (…) I problemi da risolvere sono molti, le soluzioni non facili», si legge dopo un elenco di cifre e dati che partono dalla media Ocse di cesarei (il 25 per cento) e quella italiana di 38 con punte oltre il 60 % in Campania. In un box poi si parla del test che in Svezia, Belgio e Norvegia stabilisce se è necessario il cesareo o no.

AMBIENTE
IL SOLE 24 ORE – “Panel Onu bocciato a metà”. «Dalle stelle del Premio Nobel  per la Pace alle stalle di un vero e proprio processo alla sua attendibilità. E tutto nel giro di soli tre anni. L’Intergovernmental panel on climate change delle  Nazioni Unite, meglio noto come Ipcc, è finito sotto inchiesta  dopo la scoperta di alcuni marchiani errori nel suo monumentale  rapporto del 2007. Ieri il comitato di esperti incaricato di svolgere un’indagine sulla condotta scientifica dell’Ipcc ha emesso il suo verdetto. Le conclusioni del rapporto non vengono messe in discussione, ma il panel di 2.500 scienziati di tutto il mondo, chiamato a fornire  all’Onu indicazioni sul futuro del  clima, dovrà essere “profondamente riformato”».  Il rapporto mette in luce alcune inadeguatezze, alcune mancanze, ma «non mette in dubbio le previsioni sul riscaldamento planetario  che, al contrario,  vengono definite “fondamentalmente  corrette”. Adesso non c’è che attendere le decisioni  sulla riforma dell’Ipcc e sulle sorti del suo presidente. Dopodiché il network planetario  di climatologi dovrà tornare presto al lavoro».

LA STAMPA – «Nuota sottozero per salvare il pianeta» è il titolo della grande foto in prima pagina che illustra la performance di un inglese di 41 anni che si tuffa dagli iceberg per denunciare le emergenze ambientali. Il tutto viene poi raccontato a pagina 25 dove si sottolinea che l’uomo, non nuovo a questo genere di imprese, ne sta preparando di nuove. Da notare che l’ultima impresa è di due anni fa, mentre il tuffo nell’artico è del luglio 2007.

PAPA
IL GIORNALE – Annuncio del libro intervista di Benedetto XVI realizzato dal giornalista tedesco Peter Seewald, che grazie ai dialoghi con l’allora cardinale Ratzinger ritrovò la fede. Il titolo per il momento è “Luce del mondo”.  Andrea Tornielli annuncia che la pubblicazione sarà pronta  fra un anno e racconta del precedente: “Varcare le soglie della speranza “, dialoghi dello scrittore Messori  con Papa Wojtyla, uscito nel 1994.

ISLAM
IL SOLE 24 ORE – Riflessione di Khaled Fouad Allam, dal titolo “Islam europeo rivisto e corretto”, sui giovani islamici e il radicalismo, che riguarda anche l’Europa, dove si assiste «a un duplice fenomeno: la dimensione urbana  non produce più società, e interi quartieri si rinchiudono nella dimensione  comunitarista; così gruppi di giovani si impadroniscono dell’islam, lo strutturano  a loro modo investendo la loro violenza  in una dimensione religiosa.   Così l’urbanità postmoderna si coniuga  con nuove forme d’identità religiosa, e l’islam diviene una specie di Weltanschauung per chi combatte su tutti i fronti del mondo, dall’Afghanistan alla Somalia. Questi giovani borderline sanno bene che fanno parte di una cultura perdente, e che il cammino dell’emancipazione femminile è irreversibile anche nel mondo  islamico. La loro violenza è proporzionale  ai cambiamenti in corso, anche se con molta difficoltà, in quella cultura.  La crescita di questi movimenti e di queste nuove forme di violenza è un segnale  anche per l’Occidente: il fatto di trovare nei gruppi di combattenti shebab dei giovani musulmani che provengono da paesi occidentali ci deve interrogare  sulla questione dell’integrazione. Perché integrazione non significa solo riconoscimento  di un’identità specifica, ma anche condivisione dei valori che sono  all’origine dell’Occidente, vale a dire libertà ed eguaglianza. Lo sfaldarsi della coesione sociale è quindi una minaccia per l’Europa: un vasto programma di  educazione dovrebbe aiutare a prevenire queste nuove forme di violenza che esplodono nelle zone di conflitto nel mondo. In particolare la costruzione  di un islam europeo potrebbe aiutare a definire dei modelli virtuosi di comportamento affinché questi shebab  che partono anche dall’Europa possano  allontanarsi dalla violenza».

KOSOVO
AVVENIRE – Un reportage dal Kosovo a pagina 3 parla dei timori per la sicurezza dei monasteri privi di tutela internazionale per il graduale passaggio sotto il controllo della polizia locale come ulteriore motivo di tensione tra comunità serba e albanese dopo l’indipendenza. A spaventare gli ortodossi è il ritorno del nazionalismo musulmano e la debolezza della giustizia. In una intervista, lo scrittore Predrag Matvejevic avverte che “ammettere le stragi sarebbe il primo passo per il dialogo”. 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA