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Gerusalemme, prove di Intifada

"Giornata della rabbia" mentre sale la tensione fra Israele e Usa

di Franco Bomprezzi

Prove tecniche di Intifada, Gerusalemme si infiamma ancora: ieri “giornata della rabbia” in versione palestinese, e guerriglia con i poliziotti di Israele. Sullo sfondo i contrasti in via di superamento diplomatico fra Israele e Stati Uniti, un argomento molto importante sui giornali di tutto il mondo, e che in Italia trova meno spazio nelle prime pagine, travolte dallo scontro mediatico-politico-giudiziario. Ecco come i giornali hanno seguito la vicenda mediorientale.

In una prima pagina dominata dallo scontro politico-giudiziario, il CORRIERE DELLA SERA riserva alla giornata della rabbia l’ultima colonna di spalla, con il commento di Antonio Ferrari: “L’ombra di una terza Intifada palestinese”. I fatti sono raccontati alle pagine 14 e 15. Quaranta feriti e una sessantina di arresti ieri a Gerusalemme negli scontri fra palestinesi e forze dell’ordine israeliane. Le proteste, durate molte ore, hanno interessato la zona Est e la Città Vecchia. Racconta Francesco Battistini: “Annunciati da una settimana, i disordini sono stati preparati con cura, Decine di professionisti della guerriglia urbana di qua, tremila poliziotti di là. Il pretesto: l’ingresso dei rotoli della Torah nella sinagoga Hurva, restaurata per la terza volta, a 400 metri dal muro del Pianto….da sempre il tempio ebraico più caro agli askenaziti ma per i musulmani è d’una vicinanza intollerabile alla moschea di Al Aqsa”. Ma in realtà è la risposta alla politica di Netanyahu. “Ovvero alla querelle aperta, soprattutto fra le diplomazie, sulle nuove case che il governo vuole costruire a Gerusalemme Est”. Hillary Clinton intanto getta acqua sul fuoco: “Non c’è crisi con Israele – dice il segretario di Stato americano – il nostro legame è forte e indistruttibile. E totale il nostro impegno per la sicurezza di Israele”. Netanyahu la prossima settimana volerà negli Stati Uniti: “tutti gli attori (Obama, Bibi, Abu Mazen) sono troppo deboli per sopportare una nuova Intifada”. E Paolo Valentino, corrispondente da Washington del CORRIERE, analizza le reazioni negli Usa: “Usa-Israele, rapporto in crisi «Ma può essere una svolta»”. Valentino cita il Washington Post: «E’ vero che la crisi è stata avviata da una provocazione di Gerusalemme, ma Obama rischia di ripetere l’errore del suo primo anno: bacchettare Israele produce una retorica ancora più dura a Gerusalemme, mentre spinge i palestinesi e gli altri leader arabi ad alzare la posta in gioco invece di sedersi al tavolo negoziale”.

Fotonotiza in prima su LA REPUBBLICA, taglio medio, sulla situazione in Medio Oriente. Al centro, gli scontri a Gerusalemme scoppiati per protestare contro l’espansione ebraica a est di Gerusalemme e l’inaugurazione di una sinagoga restaurata. Tale da giustificare la proclamazione di una “Giornata della collera”. Servizi dai corrispondenti Federico Rampini e Alberto Stabile (pagina 16 e 17). Commento a pagina 35 di Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes, che non usa mezzi termini: «Ormai gli Stati Uniti non fanno più paura a nessuno». Un giudizio severo che, però, trova riscontro nella crisi Israele-USA scoppiata all’annuncio di 1600 nuovi insediamenti a Gerusalemme Est proprio da parte di Israele, in concomitanza con la visita di Joe Biden, vicepresidente a stelle e a strisce, in Terrasanta. Un affronto che si trascina da settimane e che secondo diversi analisti rappresenta il punto più basso raggiunto nel rapporto fra la superpotenza e il governo di Netanyahu. E proprio quest’ultimo sembra essere la chiave di lettura di tutta la vicenda: attuale numero uno della politica israeliana, forte e determinato contro le aperture di Obama verso il mondo arabo (il riferimento esplicito è al noto discorso de Il Cairo, in cui il presidente ha parlato di un «nuovo inizio»), ma anche debole al suo interno, nell’impossibilità cioè ad esempio, di impedire il piano di insediamento di nuove abitazioni a est della città eterna. In tutto questo c’e’ un metodo – sottolinea sempre Caracciolo: «prima il consenso di chi vota, poi tutto il resto». Federico Rampini da New York conferma l’analisi e aggiorna la situazione in attesa dell’appuntamento della prossima settimana, quando Netanyahu sarà negli Usa per l’annuale e consueto incontro della Aipac, l’American Public Affairs Committee. Intanto da Washington piovono critiche e suggerimenti verso il presidente, reo di aver “frainteso” lo sgarbo di Israele nei confronti di Biden e di averlo eccessivamente ingigantito. Sgarbo che ha dato il “la” – segnala Stabile a pagina 16 – agli scontri avvenuti ieri nella città vecchia: 40 arresti e diversi feriti in quello che alcuni commentatori hanno chiamato «l’inizio della terza intifada». Ma soprattutto il segno che parte della politica araba ha intenzione di inserirsi nella ferita aperta che separa ogni giorno di più Washington e Gerusalemme. Una ferita talmente profonda che «ha spinto ieri l’inviato di Obama, il senatore George Mitchell, a rinviare il viaggio che avrebbe dovuto portarlo in Israele per tentare di riallacciare i fili del dialogo». I motivi del rinvio? «Problemi logistici» dicono dalla Casa Bianca.

“Lampi di intifada” è il titolo della fotonotizia che IL SOLE 24 ORE dedica alla questione palestinese in prima. Il pezzo di cronaca, una spalla, è a pagina 10. Però al Medio Oriente è dedicato anche un articolo a pagina 16, di Mark Perry, analista americano, dal titolo “Duello all’ombra tra Obama e Israele – Rapporto segreto del generale Petraeus al Pentagono: Tel Aviv fa il gioco dei nemici”.  Il rapporto del comandante mette in luce che  «tra i leader arabi è crescente la sensazione che gli Stati Uniti siano del tutto incapaci di opporsi a Israele (…) che l’intransigenza d’Israele nel conflitto israelo-palestinese ha danneggiato e compromesso l’autorevolezza degli Stati Uniti nella regione e che lo stesso George Mitchell (l’emissario statunitense per il Medio Oriente, ndr) era – come ha riferito senza mezzi termini più tardi anche una fonte di alto grado del Pentagono – “troppo vecchio, troppo lento, troppo in ritardo”. (…) Non deve stupire pertanto ciò che Biden ha riferito a Netanyahu e che riflette l’importanza che l’amministrazione Usa ha attribuito al briefing di Petraeus: “La situazione sta iniziando a farsi pericolosa per noi. Ciò che fate voi israeliani mette a repentaglio la sicurezza delle nostre truppe che combattono in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Mette in pericolo noi e la pace nella regione”.

Nessun cenno in prima pagina de IL GIORNALE sul Medio Oriente, la cronaca è a pagina 15, sotto il titolo “Su Israele l’ombra di una nuova intifada”. La sintesi dell’articolo è che «per la prima volta dopo tre anni Hamas e Fatah sono nuovamente d’accordo e insieme ringraziano l’intransigenza di Netanyahu e quella di Obama». L’analisi è affidata a Fiamma Nirenstein, con un titolo che addossa la colpa del crescendo agli Usa: “Obama detesta Netanyahu e sta creando problemi agli israeliani”. La tesi della Nirenstein è che Obama «aspettasse all’angolo Netanyahu , per allontanare la politica americana da quella israeliana». Se infatti «era legittimo rimarcare lo scarso tempismo del governo israeliano», la veemenza della reazione degli Usa è stata «esagerata». Obama in sostanza ha offerto a Abu Mazen «un ramo altissimo su cui asserragliarsi. E non calcola che quando si dice Gerusalemme si rischia di mettere a fuoco tutta l’area».

Fotonotizia e lancio in prima, tagli basso, su IL MANIFESTO, per gli scontri in Medio Oriente, in occasione della Giornata della Collera proclamata da Hamas. “Mitchell non va in Israele” questo il taglio dell’articolo di Michelangelo Cocco a pagina 8. Il quotidiano comunista punta sulla mancata visita dell’inviato americano in terra israeliana e sottolinea, di spalla, come il duello ora si sposti negli Stati Uniti. Qui rappresentanti del governo di Netanyahu ed establishment di Obama si incontreranno presso l’annuale incontro della Aipac, l’American Public Affairs Comitee che si terrà a Washington la prossima settimana. Sala quindi la tensione fra gli eterni amici, prima con l’annuncio di nuovi insediamenti proprio nel momento in cui Joe Biden si trovava in visita a Gerusalemme, poi con la decisione di non perseguire nessuno dei punti suggeriti dagli Usa per proseguire sul processo di pace.

In contrasto con il titolo in prima pagina, che parla di “incubo Intifada sul Medio Oriente”, l’editoriale su AVVENIRE di Fulvio Scaglione comincia proprio dicendo che «non siamo alla vigilia di una terza intifada». Lo dicono «da punti di vista diversi ma parimenti autorevoli» padre Pierbattista Pizzaballa, custode della Terra santa, e il capo della polizia di Israele, Dudi Cohen. Il problema è «la favola intransigente in cui israeliani e palestinesi trasformano le proprie ragioni», muovendosi – gli uni e gli altri – «come se non ci fosse futuro». Gli israeliani paiono convinti che «milioni di palestinesi traslocheranno in massa sulla Luna, visto che per loro escludono tutto», mentre i palestinesi «credono che Israele un giorno sparirà, a dispetto di tutto, anche del fatto che ormai ci credono solo loro». All’interno, oltre alla cronaca, un’intervista a Janiki Cingoli: «Dopo il passo falso di Netanyahu con gli Usa, i palestinesi cercano di avvantaggiarsi. C’è un salto di qualità, che poi si mantenga sul terreno dell’Intifada bianca o si tramuti in qualcosa di più violento, non è prevedibile».

“Un giorno d’Intifada a Gerusalemme”. LA STAMPA si occupa di quanto successo ieri a Gerusalemme Est e in Cisgiordania in una pagina di Esteri all’interno dell’edizione di oggi. L’articolo di cronaca parla delle “micce” che hanno acceso le violenze nelle ultime settimane: la decisione israeliana di includere fra i tesori del patrimonio storico e culturale ebraico anche la Tomba dei Patriarchi di Hebron e la Tomba dei Patriarchi di Hebron e la Tomba di Rachele a Betlemme, luoghi di culto sia per gli ebrei sia per i musulmani; l’inaugurazione nel rione ebraico della Città Vecchia della sinagoga “Hurvah” che topograficamente sovrasta la spianata delle moschee. Nel clima di polarizzazione – scrive LA STAMPA – si è inserito l’annuncio dell’estensione del rione ebraico ortodosso di Ramat Shlomo, durante la visita del vicepresidente Usa Joe Biden. «In un terreno così impregnato di materiale infiammabile, le parole d’ordine eversive sono state subito tradotte in atti violenti». In un pezzo di commento, Elena Lowenthal spiega la vicenda della sinagoga “Hurvah” (il nome in ebraico significa “rovina”): «Non si trova affatto, come è stato detto, nella Gerusalemme Est o nella zona araba, ma è da sempre il simbolo del quartiere ebraico entro la Città Vecchia di Gerusalemme, e della sua ininterrotta continuità storica». È «la più antica sinagoga giunta fino a noi» scrive Lowenthal, intesa come una semplice “casa” di preghiera, riunione, e soprattutto studio. Hamas ha indetto la «giornata della rabbia» per protestare contro la «consacrazione» della sinagoga, ma precisa ancora Elena Lowenthal, c’è un equivoco: la parola «consacrazione» per gli ebrei in questo caso non indica nulla di particolarmente rituale, si tratta solo di una «inaugurazione»: la sinagoga non è affatto un luogo santo, l’unico per gli ebrei era il Tempio distrutto dai romani nel 70 d.C.

E inoltre sui giornali di oggi: 

TALK SHOW
LA STAMPA – “La serrata del signor Tv”. Editoriale del vicedirettore Massimo Gramellini su Silvio Berlusconi e il paradosso dell’«uomo che ha insegnato a tutti come si parla in Tv» che impone il «silenzio della Tv», appoggiandosi a «una legge demenziale come la par condicio». Il risultato è che «a dieci giorni dalle elezioni la politica riempie i teatri e irrompe sul web, ritorna al passato e va nel futuro, ma diserta malinconicamente il presente: la televisione».

REPUBBLICA – Apertura in prima per l’inchiesta che vede indagato il premier per presunte pressioni alle autorità garanti sul servizio televisivo pubblico. “Rai, nelle telefonate spunta Letta”: ben 7 pagine dedicate all’indagine ed editoriale di Edmondo Berselli. Lo stop ai talk show sul servizio pubblico è quindi definitivo, ma scoppia il fuoco amico: a prenderci sotto Paolo Garimberti e Sergio Zavoli, entrambi favorevoli alla riapertura dei talk show ed entrambi di area centro sinistra. L’uno rimprovera all’altro di rimbalzarsi la responsabilità della scelta. E il tutto in un clima letteralmente infuocato in cui il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, accusa il Csm di violare la Costituzione; dove il conduttore di Anno Zero, Michele Santoro, depone presso la procura di Trani e dichiara di volersi costituire parte civile contro le pressioni governative verso la propria trasmissione; mentre Giovanni Floris comincia un tour in tutta Italia per intervistare i candidati alle regionali, ma questa volta – visto il niet di mamma Rai verso Ballarò & Co – lo fa grazie alle troupe di Repubblica TV e Repubblica.it; e sullo sfondo le intercettazioni raccolte dal pm di Trani, che fanno da canovaccio per l’ennesimo conflitto fra Berlusconi e magistratura durato ormai da vent’anni. Attore non protagonista, solo per oggi: Gianni Letta.

GIORNALI
ITALIA OGGI – I dati sulla diffusione dei principali quotidiani italiani vedono tutti in calo, a cominciare dal Sole 24 Ore che segna un –19,6% e Corriere della Sera a –18,5% tranne il Giornale (+6%) e Avvenire (+0,3%, che però in valori assoluti significa 310 copie in più). Il titolo è proprio sulla tenuta di Avvenire, nonostante l’aumento del prezzo di venti centesimi. È l’occasione anche per dire che Dino Boffo ricomincia dai francobolli: compare infatti tra i membri della nuova consulta filatelica nazionale voluta da Scajola.

BOOM DELLE SETTE
CORRIERE DELLA SERA – Sulla scia della notizia dell’arresto a Roma del capo di una setta “new age” con quasi mille adepti, accusato di violenze su bimbe e madri, il CORRIERE dedica  a pag.13 il focus di oggi al fenomeno delle sette in Italia: “Un milione e mezzo di vittime in Italia”, circa 500 le sette religiose, in maggioranza al Nord, le tecniche per fare cadere l’adepto nella rete. Il criminologo Francesco Bruno, intervistato da Maria Antonietta Calabrò, ricordando come nel 1981 sia stato abolito il reato di plagio, propone una legge contro la “bomba d’amore”.

STALKING
AVVENIRE – A un anno dall’entrata in vigore della legge sullo stalking (23 febbraio 2009), ci sono state 5mila denunce e 942 arresti. Fa 15 casi accertati e 2,7 arresti al giorno: le questure sono sommerse. Spesso basta “l’ammonimento” per convincere il responsabile a desistere. Il sociologo Maurizio Fiasco lamenta un buco nella prevenzione, anche per tutti quegli atteggiamenti che non sono ancora stalking ma sono comunque fastidiosi o per controllare l’effettivo  rispetto del divieto di avvicinamento: ovvero un «modello di sicurezza diffuso, quartiere per quartiere, con i poliziotti di quartiere». Laura Volpini invece, psicologa, teme che si finisca per gridare “allo stalking” per qualsiasi vicenda, con il nuovo reato invocato a sproposito. Mentre spunta lo stalking telematico, soprattutto su facebook.

GOOGLE
LA STAMPA – “Google beffa Pechino: Giù il muro della censura”. Da ieri in Cina materiali e immagini censurati dal governo, tra cui le foto della repressione dell’ 89 in piazza Tienanmen, sono accessibili tramite Google. Non si sa come sia riuscito il motore di ricerca a «non mutare le operazioni» come ha dichiarato il portavoce Scott Rubin riuscendo tuttavia ad evadere i filtri della censura. Google potrebbe aver deciso di lasciare la Cina, e la cosa avrebbe un duro impatto su aziende cinesi come China Mobile Ldt che garantisce l’accesso dai cellulari a mappe e motore di ricerca proprio grazie a un’intesa con Google. Il governo cinese parla come se il divorzio fosse già avvenuto e ostenta tranquillità. A guadagnare dalla fuoriuscita di Google sarà soprattutto Baidu, il motore di ricerca cinese che controlla già il 60% del mercato.

IMMIGRAZIONE
AVVENIRE – In arrivo una nuova testata tra le free press distribuite a Milano. Si chiama Mixa, oggi è un giornale online ma da maggio sarà distribuito gratuitamente nella versione mensile. Nasce come luogo di confronto per i nuovi italiani, i protagonisti di una Milano multietnica. Diretto da Ginevra Battistini già prevede di arrivare, dopo Milano, a Bologna e Torino. La cooperativa di giornalisti che lo edita si chiama Cartacanta.

CSR
IL SOLE 24 ORE – Uno dei commenti di pagina 14 è dedicato all’intervento di ieri del Cardinale Tarcisio Bertone in Confindustria. Il titolo è “L’impresa etica vince sui mercati”. Bertone ha detto che «fare impresa è una cosa buona – crea benessere e coesione sociale – ma non bisogna mai dimenticare che è solo un mezzo, il fine ultimo è l’uomo. Quindi ecco che rispunta l’etica come prisma attraverso cui filtrare l’azione imprenditoriale. Parole di infinita saggezza, ma che poi vanno declinate nella dura pratica quotidiana, nella battaglia sacrosanta della competitività. Marcegaglia – che ha portato per la prima volta un primo ministro vaticano dentro la sede nazionale della Confindustria – ha ribadito senza equivoci che la strada è la creazione di valore per tutti gli stakeholders, i soggetti che contribuiscono alla vita aziendale: non solo gli azionisti, ma i dipendenti, i fornitori, i clienti, l’ambiente. Battere questa strada non è solo una cosa che sa di buono, ma, assicura la presidente degli industriali italiani, “c’è convenienza economica”».

FONDAZIONI
ITALIA OGGI – La presentazione di Generazione Italia, la nuova creatura di Fini, è l’occasione per Giampiero di Santo per fare il punto sul «proliferare» di fondazioni, think tank e giornali dentro il Pdl, «dove in omaggio al nome del partito tutti si sentono liberi di andare per conto proprio». Mentre la fondazione di Montezemolo, invitando all’astensionismo, per Di Santo «spaventa Berlusconi».

ALLARME ACQUA
IL MANIFESTO – Ultima pagina dedicata alla privatizzazione dell’acqua a Roma e provincia. “Carissima acqua”, a firma di Andrea Palladino: storie, problemi e sorprendenti bollette da quando l’acqua di Roma è stata privatizzata ed è ora gestita dalla multinazionale Acea. In breve il quotidiano lancia la manifestazione del 20 marzo prossimo in cui si invita alla mobilitazione nazionale in favore dell’acqua pubblica a Roma. Mentre di spalla Alberto Lucarelli analizza la situazione e ipotizza il sostegno a un referendum per contrastare la privatizzazione dell’acqua e abrogare il decreto Ronchi licenziato lo scorso 18 novembre.

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