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Gerusalemme ascolta il Papa

La prima giornata in Israele di Benedetto XVI domina le prime pagine dei giornali

di Franco Bomprezzi

Il forte richiamo contro il negazionismo della Shoah, l’omaggio al museo dell’Olocausto, l’appello per una «pace giusta con i Palestinesi». Le parole del Papa, le reazioni, i commenti sulla storica visita in Terrasanta.

 

«Nessuno neghi l’Olocausto», le parole del Papa in visita al memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme danno il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Il presidente israeliano Shimon Peres ha abbracciato il Pontefice definendolo «promotore di pace». Ma le polemiche – riporta in prima pagina il quotidiano di De Bortoli – non sono mancate: «Non c’è stato nessun accenno ai tedeschi o ai nazisti, né una parola di rimpianto, non ho sentito la partecipazione al dolore», ha detto il presidente del Memoriale. I servizi alle pagine 2 e 3. Gian Guido Vecchi nel suo resoconto però parla di un Benedetto XVI «poche volte apparso così commosso», che ha ricordato «i milioni di ebrei» uccisi «nell’orrenda tragedia della Shoah»: «Possano le loro sofferenze non essere mai negate sminuite o dimenticate! Mai più un simile orrore possa disonorare ancora l’umanità». A pag 3 il pezzo sulle reazioni a firma Francesco Battistini: “Shoah, i rabbini divisi sul discorso del Pontefice”. Il più deluso è Meir Lau, 72 anni, presidente del Museo dell’Olocausto: «Il discorso all’aeroporto è stato superbo, ma a Yad Vashem no. È mancato qualcosa. Non ho sentito le parole “mi spiace, mi scuso”, questo è certo. Ha usato la parola “uccisi”, anziché “assassinati”  e c’è una bella differenza». Diversa la posizione di Adam Ferziger, studioso dell’ebraismo all’università di Bar-Ilan: «La Shoah è un argomento delicato. Avesse usato parole per chiedere perdono, sarebbe stato un evento drammatico. È già importante che Benedetto XVI sia venuto qui: dopo di lui, l’omaggio a Yad Vashem diventerà una tradizione per ogni Papa».

«Ratzinger non ha conquistato i cuori, o almeno non tutti»: può essere sintetizzato con questa frase il bilancio che Marco Politi, su LA REPUBBLICA, fa della prima giornata israeliana della visita pastorale di Benedetto XVI. Il titolo dà rilievo al fatto che il Papa ha definito la Shoa «orrenda tragedia» e ha nominato, sì, l’antisemitismo, chiamando a combatterlo ovunque si ripresenti, ma fin dall’occhiello però si dà spazio alle critiche di chi dice che Benedetto XVI avrebbe dovuto chiedere pubbliche scuse, come fece Giovanni Paolo II, accennare qualcosa sul suo essere tedesco e condannare tutti i negazionisti. Ma Dan Landsberg, uno dei sopravvissuti presenti, dice: «Con la visita del Papa, così rispettosa, si è chiuso un cerchio. Si è fatta pace tra noi e la Chiesa cattolica». Gad Lerner commenta positivamente l’avvio dell’«impervio cammino» di Ratzinger nel dialogo interreligioso, fatto non da sentimenti, come per Wojtila, ma «teorico, dunque più arduo».

In prima pagina su IL SOLE 24ORE una bellissima foto delle mani del papa che stanno per stringere quelle di Simon Peres all’arrivo in Israele. L’articolo di Carlo Marroni nota che «Ratzinger non è un papa da abbracci, come Wojtyla, ma di certo quella allo Yad Vashem è stata un cerimonia molto sentita» con la presenza «non scontata» di sopravvissuti ai campi di sterminio che hanno trovato il coraggio di presentarsi davanti al «papa tedesco». Quanto al contenuto politico della visita, Benedetto XVI ha ribadito la posizione della Chiesa che è favorevole a una «pace giusta» tra israeliani e palestinesi con la prospettiva di due stati con confini certi.

IL GIORNALE un richiamo  in prima pagina  riprende le parole del Papa «Non negare la Shoa. Mai più un simile orrore» per annunciare i servizi alle pagine 8 e 9. Le parole del Papa, sono «da recepire con soddisfazione perché chiariscono tante cose dopo le tensioni del recente passato» ha detto il rabbino Giuseppe Laras, presidente dell’assemblea rabbinica italiana intervistato da Alberto Giannoni.». L’analisi della giornata a Gerusalemme è affidata a Segre che descrive « il pellegrinaggio di Benedetto XVI imbarazzato, ma sincero»  e rivela che «Benedetto  nella sua vista non ha visto  la sua effigie stracciata sui pannelli di benvenuto lungo la strada di Tel Aviv o l’assenza nel giardino presidenziale degli israeliani che contano, fra questi i deputati assenti per protestare  contro il passato militare di Ratzinger, le sue condanne per l’operazione Gaza,  per il contrasto all’uso dei preservativi».

LA STAMPA dedica al viaggio del papa le prime 5 pagine. L’editoriale di Vittorio Emanuele Parsi si intitola “La sana religione”. Secondo Parsi è importante che Benedetto XVI abbia voluto, «ancora sull’aereo che lo conduceva ad Amman, ricordare che si muoveva nella sua veste di leader spirituale di una grande religione e non in quella di capo politico». In un Medioriente dove «la politicizzazione della religione e la deriva religiosa del discorso politico sembrano semmai essere la nuova tendenza» si tratta di una presa di posizione importante. A pag. 2-3 Aldo Baquis intervista il rabbino Meir Israel Lau, presidente dello Yad Vashem: «Lau dice di aver trovato il discorso di Ratzinger “molto bello, in parte commovente, eppure lacunoso… Ho il timore che in parte si sia persa una occasione”. Il Papa, rileva, si è astenuto dal menzionare esplicitamente i tedeschi e i nazisti: “Non ho nemmeno avvertito una aperta partecipazione al nostro dolore, tanto meno una richiesta di perdono”. Altra intervista, a pgina 5 a Pierbattista Pizzaballa, custode di TerraSanta, che accoglie favorevolmente la proposta lanciata dallo scrittore Abraham B. Yehoshua che ha suggerito un ruolo di mediazione nel conflitto israelo-palestinese da parte del Papa e dei cristiani_«I cristiani sono un ponte di pace, una risorsa inesplorata, una minoranza finora marginale in politica ma capace, se guidata nella sua azione dalla Santa Sede, di mediare nel conflitto israelo-palestinese», dice Pizzaballa. «L’esigua minoranza della nostra presenza – avverte – non deve diventare timore della scomparsa dei cristiani dalla Terra Santa. La nostra sfida maggiore è non limitarci a subire le difficili situazioni in cui viviamo, ma inserirci in esse con atteggiamento attivo e critico».

“Memoria e pace” titola AVVENIRE in prima. “Il papa allo Yad vashem: l’antisemitismo rialza la sua ripugnante testa. Mai negare, sminuire o dimenticare il grido e i nomi di chi patì la Shoah”. In Israele le reazioni sono state contrastanti: ai forti apprezzamenti si sono aggiunte anche voci di dissenso. Ne parla Giorgio Bernardelli in una colonna a pagina 3: Le critiche arrivano soprattutto dalla destra religiosa: Eli Yshai, leadel dello Shas, ha accusato il papa di aver «fallito nel contrastare i vecchi e i nuovi negatori della Shoah». Parole «sconcertanti», dice Bernardelli, che «sono figlie dei tanti veleni circolati sulla stampa israeliana alla vigilia di questa visita». Termina augurandosi che oggi i giornali «aiutino i loro lettori a capire chi è davvero l’uomo che in questi giorni hanno davanti». Molto diversa la valutazione che viene Shmuel Hadas, primo ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, secondo cui Benedetto XVI non poteva iniziare meglio la sua visita di pace e di dice convinto che «al di là di alcune posizioni marginali, la maggior parte dei miei connazionali sia colpita in modo positivo.

“«Mai più la negazione della Shoah». Ma evita di citare i nazisti tedeschi.” Questo il richiamo in prima pagina de IL MANIFESTO per la visita del Papa in Israele. Sempre in prima all’argomento è dedicato l’editoriale firmato da Zvi Schuldner “Il papa e il muro”. Si legge: «(…) Un papa controverso, che sembra portare la chiesa verso un passato più che conservatore, che ha fatto tornare nella chiesa Williamson e i suoi simili, inizia il suo viaggio in Israele dallo Yaf Vashem. Ma l’importante sarebbe sapere se oltre ai simboli e alle dichiarazioni questa chiesa sia realmente disposta a trarre lezioni dal passato (…) Il papa chiama i cristiani a restare nel paese. Arriverà a Betlemme in elicottero e non avrà quindi il piacere di un incontro diretto con il muro dell’odio che rende un inferno la vita dei palestinesi (…) È arrivata l’ora che papi e presidenti, ambasciatori e dignitari assortiti smettano di parlare inutilmente e dicano se sono realmente disposti a fare qualcosa di serio in favore della pace (…)». A pagina 9 interamente dedicata all’evento accanto alla cronaca della visita allo Yad Vashem, l’articolo di spalla parla della delusione dei cattolici della Striscia “Israele e Abu Mazen vietano Gaza al papa”. A parlare è padre Manuel Musallam, già parroco di Gaza City per 14 anni «I palestinesi cattolici di Gaza adesso sperano di poter incontrare il papa a Betlemme. Soltanto ieri però Israele ha cominciato a distribuire una parte dei permessi che consentono di raggiungere la Cisgiordania. “da stamattina – riferiva ieri il nuovo parroco di Gaza Jorge Hernandez – siamo in fila al valico di Eretz per entrare in Israele. E finalmente pochi minuti fa, sono riuscito a passare assieme a due suore di Madre Teresa con passaporto straniero… rischiamo di essere i soli cristiani di Gaza presenti. Finora non sono stati concessi i 250 permessi che il governo israeliano ci aveva promesso».


E inoltre sui giornali di oggi:

 

PAKISTAN

IL SOLE 24ORE – Interessante esperimento (pienamente riuscito, su di me) di Moisès Naìm, direttore di Foreign Policy, che intitola un articolo in prima pagina “Sesso, Clooney e Berlusconi”, ma dopo le prime righe confessa che il pezzo non parla assolutamente di ciò che è scritto nel titolo, ma della guerra in Pakistan, di cui nessuno parla e di cui nessuno vuole leggere. Il titolo serve solo ad attirare il lettore, sperando che poi abbia voglia di continuare a leggere. Lo stesso esperimento, scrive l’articolista, è stato fatto sul New York Times per parlare del Darfur, ma il titolo era invece su George Clooney e prometteva di rivelare «particolari piccanti» sulla visita dell’attore in Africa. Diverso, ovviamente, il contenuto, che s concentrava invece sui massacri di bambini nella regione sudanese. Qui si parla invece della guerra in Pakistan: un paese con 170 milioni di abitanti dove vivono il maggior numero di musulmani dopo l’Indonesia, e ha la bomba atomica. Da qualche settimana un esercito di talebani ha deciso di rovesciare il govderno e imporre un regime analogo a quello dell’Afghanistan pre-invasione Nato, con la differenza che in questo caso i talebani avrebbero l’atomica. «Interessante, vero?», dice l’articolo, e ha ragione. «La buona notizia», prosegue, «è che i talebani non sconfiggeranno l’esercito pachistano, la cattiva è che nemmeno l’esercito pachistano riuscirà a sconfiggere i talebani». Risultato? Anni di insurrezioni, atti terroristici, instabilità. Interessante, vero?

POLITICA

LA STAMPA – A pag. 13 La Stampa dà ampio conto, con un servizio di Jacopo Iacoboni, di una presa di posizione “pesante” a favore dell’Italia dei Valori di Di Pietro. Claudio Magris ha annunciato che voterà Di Pietro. Il titolo è “Tonino, l’acchiappacervelli”. «Chi l’avrebbe detto anche solo cinque anni fa che il grande esodo dell’intellighenzia dal post-Pci, il partito di intellettuali e popolo, accelerasse così? Umberto Eco ormai è scettico sul Pd, Roberto Saviano ne prende le distanze, ora Magris comunica che, pur non essendo iscritto «a nessun raggruppamento politico, ho deciso stavolta di votare per l’Italia dei Valori che mi sembra un’opposizione al contempo moderata, aliena da ogni estremismo, e ferma». Tra l’altro, un’epigrafe sulle tante accuse di girotondismo, populismo, rozzezza persino grammaticale che di solito vengono rivolte all’ex pm. Un’epigrafe, anche, sulle ultime speranze di egemonia culturale dei democrat. Com’è potuto accadere? E non da un girotondino, non da un Tabucchi, ma dal «gran borghese», dallo studioso di Joseph Roth, un uomo alieno da ogni idea dell’attività intellettuale come accecata militanza, peraltro già senatore della sinistra indipendente».

MIGRANTI

IL MANIFESTO – “Delitto d’asilo” è il titolo in prima sulla foto di due immigrati in barca. “Il Consiglio d’Europa accusa: «Basta respingimenti, l’Italia si fermi». Maroni: «Continueremo», ma è scontro con Malta che respinge motovedetta militare con 69 migranti. Richiamo di Fini: garantire il diritto d’asilo. Franceschini (Pd): squallida strumentalizzazione elettorale, ma Rutelli «apre»” è i riassunto in prima delle due pagine dedicate al tema. In un articolo intitolato “Il ministro Maroni verso una denuncia nelle sedi nazionali e internazionali” riassume i reati commessi dal governo italiano. «(…) Parlare di respingimenti in punta di diritto, non è esatto. Come, d’altronde, non si è trattato di un’espulsione. La “cosa” decisa dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, “non ha alcuna codificazione normativa”, fa notare Gianfranco Schiavone dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione. E l’Asgi non a caso, sta preparando le carte per denunciare il ministro in tutte le sedi competenti, nazionali e internazionali (…) Anche l’associazione papa Giovanni XXIII ha annunciato l’intenzione di “adire le vie legali idonee per contrastare le misure di respingimento”». Nell’elenco delle violazioni: articolo 33 della Convenzione di Ginevra, articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, articolo 4 Protocollo Iv della stessa convenzione, articolo 19 della carta dei diritti fondamentali, come anche l’articolo 12 del testo unico sull’immigrazione (la Bossi Fini)…
 
CORRIERE DELLA SERA – Il CORRIERE intervista il ministro degli esteri Frattini che avverte l’Europa: «Gli immigrati da qui potrebbero fuggire in altri Paesi». Fini intanto difende il diritto d’asilo che «va tutelato». Sul tema il giornale prende posizione con l’editoriale firmato da Sergio Romano e intitolato “Tra ipocrisie e realtà”. Un pezzo che mette all’indice lo spaesamento dell’opposizione del Pd che da una parte con Fassino dichiara che la politica dei respingimenti non è scandalosa e dall’altra con altri esponenti definisce la stessa politica come razzista. Romano: «Un partito che ha governato e si propone di tornare al potere non può limitarsi a sentenziare che le soluzioni del governo sono sbagliate, illegali o immorali». E ancora. «L’accordo con i libici, purchè osservato da Tripoli, è il solo che abbia qualche possibilità di scoraggiare il traffico di carne umana sulle coste del Mediterraneo…Sperare che l’Italia possa difendersi dall’immigrazione clandestina con gli strumenti di cui si servono i Paesi meno vulnerabili è una illusione». Ricorda Romano che “gli Stati uniti adottano verso i profughi cubani (una categoria che dovrebbero trattare con particolare benevolenza) la stessa politica: li accolgono se sono riusciti a sbarcare, li cacciano se vengono fermati in mare».

ABRUZZO

CORRIERE DELLA SERA – Racconta il quotidiano in un pezzo sulla visita di Bertolaso ai parroci abruzzesi: Mai visto il capo della protezione civile così amareggiato. Ce l’ha con i politici: «Mentono sapendo di mentire. E alcuni stanno anche in Parlamento, capito? Ci sono le elezioni alle porte e i terremotati diventano la palestra per le loro polemiche. Giocano sulla pelle della gente…Se non avessi 80mila persone di cui occuparmi manderei tutti al diavolo, è vero». E ancora: «perché dire che non bastano i soldi? E ovvio che i mutui che faremo saranno pagati per i prossimi 30 anni. Quelli per la ricostruzione dell’Umbria e delle Marche li paghiamo ancora oggi e li pagheremo fino al 2018…».    

SCUOLA

ITALIA OGGI – Nella sezione AZIENDA E SCUOLA, il quotidiano dei professionisti dà rilievo alla sperimentazione del progetto CODICI, un’ iniziativa che parte dal Lazio contro il dilagare del bullismo, della febbre del gioco d’azzardo e dell’abuso di alcol. Si tratta di una serie di lezioni in aula con esperti a supporto dei docenti fatto ad hoc per informare e sensibilizzare i giovani sui questi fenomeni. L’obiettivo è che i disagi non si trasformino in devianze. La campagna parte da Latina ed è organizzata dall’Associazione Codici. L’articolo sostiene che i giovani sono sempre più vittima del fascino dei falsi miti. A supporto della tesi, ITALIA OGGi cita anche dei dati:il 20% degli adolescenti gioca abitualmente d’azzardo; il 43% dei giovani che fanno scommesse on line è costituito da studenti; il 26% abusa di alcolici almeno una volta a settimana. Non va sottovalutato il fenomeno delle baby gang. Un fenomeno che l’associazione Codici ha monitorato a Roma individuando i quartieri a rischio. «E’ proprio scuola, strada, bar e locali» scrive Italia Oggi citando la fonte del Sanit ( il forum nazionale della salute) «sono i luoghi dove si registrano di frequenza gli episodi di bullismo» .

ADOZIONI

IL GIORNALE – A pag. 17 pubblica l’identikit della perfetta mamma adottiva sulla scorta del l’ultimo rapporto di Cai.  In sintesi: «Il livello d’istruzione è medio alto: fra le donne che fanno richiesta molte sono professioniste, impiegate o insegnanti. Solo il 13% sono casalinghe. Si alza l’età delle coppie che desiderano un’adozione: 41 anni i mariti, 39 le moglie.  In Lombardia le richieste maggiori 712,  seguono Veneto con 327 e  Toscana 316. Intervista a Patrizia Pellegrino, mamma adottiva di un bambino russo,  «Noi donne al lavoro abbiamo meno tempo per concepire i figli».


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