Mondo

Geopolitica del narcotraffico in America Latina

Il traffico di cocaina produce circa 500 miliardi di dollari di profitti annui e il complesso dell'economia criminale rappresenta circa il 3% del Pil mondiale, e ben il 10% in Italia, con la 'ndrangheta considerata in questo momento una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo, protagonista principale e indiscusso in America Latina

di Filippo Romeo

La criminilità dedita al narcotraffico è, senz’altro, uno dei grandi problemi che dilaniano l’America Latina . Tale fenomeno, infatti, insinuandosi in modo sempre più pernicioso nelle economie in crescita, le corrompe e le destabilizza esponendole alle mire egemoniche delle potenze extra-regionali e, conseguentemente, alterando gli equilibri geopolitici futuri.

Questo è vero se si pensa che il narcotraffico, considerato una nuova forma di potere geopolitico o meglio ancora geoeconomico transnazionale, è in grado di incidere in modo sostanziale tanto nell'economia quanto nella sfera politica essendo in grado di lacerare il tessuto sociale e di generare un rischioso circolo vizioso dove l'economia illegale finisce per diventare indispensabile all'economia nazionale. Tale situazione, che sta incrementando il fenomeno dei "narcostati", "narcocrazie" o peggio ancora "narcodemocrazie", è capace di contagiare non soltanto le economie dei Paesi in via di Sviluppo, ma anche quelle dei Paesi avanzati inquinandone le istituzioni, le strutture della società civile, l'indipendenza dei Governi e delle istituzioni finanziarie.

Per comprendere l'entità del fenomeno basti pensare che il traffico di cocaina produce circa 500 miliardi di dollari di profitti annui e il complesso dell'economia criminale rappresenta circa il 3% del Pil mondiale, e ben il 10% in Italia, con la 'ndrangheta considerata in questo momento una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo, protagonista principale e indiscusso in America Latina. La nuova geomafiosità che si fa sempre maggior strada nelle economie in crescita del subcontinente suscita un crescente allarme per la tenuta di quegli Stati che per la loro estensione, crescita economica e posizione geografica rappresentano dei veri e propri pilastri del continente indiolatino. Tra questi si pensi al Messico che, unitamente a Brasile e Venezuela, oltre ad essere un nuovo attore geopolitico della regione e un protagonista economico del nuovo scenario internazionale, è considerabile uno dei principali centri del narcotraffico mondiale dove ormai da anni è in corso la Prima narco guerra mondiale che conta fra i suoi caduti circa 100.000 persone nell'ultimo decennio. Per capire l'ampiezza del fenomeno è sufficiente riportare la dichiarazione resa nel novembre 2009 dal Direttore del Centro Internazionale di Sviluppo Legale ed Economico Edgardo Buscaglia secondo cui «l'economia Messicana è fortemente condizionata dai cartelli dei narcos, dal momento che oltre il 70% dei vari settori economici è "infiltrato" dalle organizzazioni criminali le cui risorse finanziarie rappresenterebbero il 40% del Pil nazionale».

Messico

Il Messico è diventato l'epicentro dello spaccio negli anni '90 quando, a seguito dell'indebolimento dei colombiani che erano i principali fornitori del mercato statunitense, i messicani hanno smesso di assolvere al ruolo di "muli" (che nel gergo mafioso indicava gli addetti al trasporto) assumendo un ruolo principale nella produzione, nella gestione dei traffici, nella determinazione del prezzo e nella decisione delle rotte. Questo stato di cose ha determinato un notevole cambiamento nel paradigma del traffico degli stupefacenti dovuto principalmente alla posizione geografica che pone lo Stato messicano al confine con gli Stati Uniti (ad oggi il principale consumatore di stupefacenti a cui segue l'UE) da cui transita l'80% della droga proveniente dal centro e sud-america, il 50% della quale per via terrestre anche attraverso tunnel e treni merci.

Con l'avvento degli anni 2000 due fattori determinarono la rottura della Pax Messicana che fino a quel momento aveva retto gli equilibri mafiosi interni. Il primo fu rappresentato dalla fine dei settantuno anni di governo ininterrotto del PRI Partido Revolucionario Istitucional che causò un vuoto di potere politico nei territori e la fine del "relativo" controllo da parte delle forze dell'ordine federali sui gruppi criminali che erano assegnatari di territori ben definiti all'interno dei quali potevano trafficare e realizzare i propri vantaggi illeciti. Il secondo, consistette nel calo di domanda di stupefacenti proveniente dagli Stati Uniti che, cagionando una riduzione nei ricavi, aumentò la concorrenza tra i cartelli. Questi due eventi, come è ovvio, sconvolsero il sistema di alleanze che fino ad allora aveva garantito ai trafficanti la sicurezza dei corridoi e determinò l'affermazione di dieci grandi cartelli criminali messicani che occuparono le scene degli anni seguenti scontrandosi tra loro per accaparrarsi i proventi. Tra i più influenti si ricorda il cartello di Sinaloa, meglio noto come "cartello del Pacifico", il cartello del Golfo, La Familia, il cartello di Tijuana. I cartelli, ancora oggi strutturati come una rete imprenditoriale con accordi e patti di vario genere e consistenza, e che lega tra di loro gruppi e singoli soggetti senza assoggettarli ad una struttura piramidale, sono oggi impegnati a gestire le varie fasi dell'attività. La loro struttura organizzativa è, infatti, capace di assolvere funzioni differenti e altamente specializzate nei variegati settori riguardanti la coltivazione delle piante (con esigenze di protezione e mimetizzazione), l'acquisto di foglie e di sostanze chimiche, il trasporto delle materie prime nella zona dei laboratori, il confezionamento della cocaina e la vigilanza dei depositi. Attività queste che, unitamente alla protezione dei capi, hanno comportato l'estrema militarizzazione dei cartelli dotati di unità armate, altamente qualificate ed impiegate nella protezione delle rotte che, sempre più spesso, vengono minacciate dai gruppi dediti esclusivamente ad attività di tipo predatorio. I rinomati Los Zetas, Los Pelones e Los Negros nascono, per l'appunto, come gruppi armati al soldo dei cartelli. Los Zetas in particolare, ad oggi famosi per la loro ferocia, nacquero ad opera di Osiel Cardenas Guillen leader del cartello del Golfo, che cercava persone di fiducia nel campo militare e, attraverso la conoscenza di alcuni ufficiali dell'esercito, organizzò una struttura in grado di proteggere se stesso ed eliminare persone scomode. Pare che il gruppo abbia acquisito il nome dal Tenente Arturo Guzman Decenas – morto in un conflitto a fuoco nel novembre 2002 – che negli ambienti militari era conosciuto con la sigla Z1. Il gruppo, formato da ex reparti di élite dell'esercito Messicano altamente qualificati poichè addestrati negli Stati Uniti, è composto da diverse squadre equipaggiate con armamenti di prim'ordine che svolgono funzioni di controllo e sicurezza sui territori, riprendendo gli schemi organizzativi della struttura militare. L'arresto di Cardenas Guillen nel 2003 e la sua successiva estradizione negli Stati Uniti nel 2007 permisero al gruppo di effettuare una ristrutturazione e fuoriuscire dal controllo del cartello del Golfo attraverso la costituzione di una sessantina di cellule semi indipendenti. Il gruppo è fortemente attivo sia in numerose regioni del Messico (particolarmente a Tamaulipas, Nuevo Leon e Veracruz), che in vari Stati dell'America Latina ed, in particolare, in Guatemala dove ha intrecciato rapporti con la criminalità locale che controlla intere porzioni di territorio, determinando con ciò la riduzione della sovranità statale e favorendo i flussi di droga. Oltre che per la sua ferocia, Los Zetas sono noti soprattutto per le attività di tipo predatorio, quali furti e tangenti sul passaggio dei carichi di droga e furti di petrolio dagli oleodotti, nonché sequestro dei migranti che dall'America centrale attraversano il Messico per giungere negli Stati Uniti. Molti analisti, collegando la "guerra al narcotraffico" con le lotte per il controllo delle risorse naturali e l'espansione del programma neo-liberista, intravedono in questi gruppi degli apparati contro-insurrezionali il cui fine ultimo è disseminare il panico tra capitalisti locali, regionali e nazionali, obbligandoli a chiudere le loro attività per permettere alle società sovranazionali di ottenere l'accesso ai settori dell'economia precedentemente controllati da questi. Qualcuno, spingendosi oltre, tra questi i critici del Plan Merida, ha già ipotizzato la fine del fenomeno dei furti di petrolio dagli oleodotti a seguito della riforma del settore energetico messicano. Tra le attività del gruppo criminale, anche quelle di intimidazione perpetrate nei confronti delle comunità indigene che popolano territori ricchi di risorse minerali, quali gas petrolio, o posizionate in zone strategiche. A titolo di esempio si pensi agli abitanti di Ciudad Mier, una città sita sul più grande giacimento di gas del Messico e in cui vive una piccola comunità dello Stato di Tamaulipas, fuggiti in massa per la violenza paramilitare; oppure a quelli della Valle di Juàrez, considerato il luogo più pericoloso del Messico per via di omicidi e minacce, dove di recente è stato costruito un nuovo passaggio di frontiera con gli Stati Uniti.

Colombia

La Colombia, pur avendo perso il primato assoluto che la rese la patria di leggendari narcotrafficanti le cui gesta divennero mitopoietica, rimane uno dei Paesi in cui la droga rappresenta un affare che produce una buona parte di tutta la ricchezza del Paese. La fine dei grandi cartelli che hanno dominato le scene del narcotraffico mondiale fino alla metà degli anni '90 non ha, infatti, diminuito la quantità di cocaina coltivata nel territorio colombiano e gli introiti da essa derivanti. Tale indice, oltre a mettere in guardia sulla stabilità dell'economia del Paese, rivela il fallimento, per i più maliziosi le ambiguità, del Plan Colombia messo in atto dagli Stati Uniti per contrastare le coltivazioni illecite di droghe. Al dominio dei grandi cartelli si è andato sostituendo un mercato frammentato, con gerarchie non marcate e caratterizzato dalla moltitudine di gruppi dalle dimensioni molto ristrette che ha indotto le autorità d'intelligence a definire il fenomeno col termine di "miniaturizzazione dei cartelli". Tali gruppi, che operano sempre in più stretta alleanza con i narcos messicani, agiscono in modo molto discreto nello spendere il denaro e nell'eseguire investimenti.

Una delle caratteristiche che da sempre ha contraddistinto i trafficanti colombiani è la loro genialità nell'individuare efficienti sistemi di spedizione della cocaina, nuovi itinerari di esportazione e metodi di occultamento. Ogni espediente è stato utilizzato per fare arrivare la sostanza a destinazione; la droga viene trasferita utilizzando sia corrieri umani che corrieri animali. Nel primo caso si tratta di giovani capaci a seguito di una buona preparazione fisica di ingerire degli ovuli contenenti all'incirca 800 g di cocaina, o di persone grasse a cui viene confezionata nei glutei per mezzo di un intervento chirurgico; nel caso degli animali la droga viene occultata sia nella vagina delle vacche che nei corpi dei cani, sotto pelle.


Ma se i corrieri umani e animali sono ottimi per la spedizione di piccoli quantitativi, per i grossi carichi i colombiani hanno fatto ricorso alla progettazione e alla realizzazione di sottomarini avvalendosi del know how messo a disposizione da alcuni ingegneri russi. I sommergibili partono dalle coste colombiane, spesso scortati da una flotta di pescherecci e, secondo quanto emerso dalle indagini, seguono le rotte comprese tra l'isola di Malopelo e le Galapagos verso nord-ovest per giungere al punto d'incontro con la nave dei narcos messicani pronti a ricevere il carico che provvederanno a smistare nelle varie destinazioni. Vi sono casi in cui il sottomarino è addirittura radiocomandato da una nave d'appoggio che segue a prudenziale distanza e che, nel momento opportuno, consegna ai narcos messicani l'hardware per il successivo controllo delle operazioni. Per i grossi carichi vengono anche utilizzati dei piccoli aerei fatti atterrare e decollare su piste clandestine disseminati sui territori. Oltre alla rotta Pacifica, molto battuta è anche la rotta che passa per i Caraibi occidentali (Giamaica e isole Cayman) e arriva in Messico dall'America Centrale. I Caraibi sono snodi fondamentali anche per la via della Florida e la costa est.

Fondamentale nel contesto colombiano è stato il ruolo giocato dalle FARC e delle altre formazioni guerrigliere, quali l'ELN. A inizio degli anni novanta, le FARC si interessarono al business del narcotraffico attraverso la pretesa del pagamento di una tassa in cambio della protezione alle coltivazioni illecite e al trasporto della merce. Successivamente, la protezione si estese anche ai laboratori e soprattutto alle piste clandestine di atterraggio e decollo dei piccoli velivoli che, imbottiti di sostanze stupefacenti, si alzavano in volo per raggiungere i mercati di destinazione. Negli ultimi anni la guerriglia ha deciso di rompere con la linea pregressa scegliendo di gestire direttamente le coltivazioni di coca e di oppio decisione, questa, che ha indotto gli analisti a parlare di "cartello delle FARC". Negli ultimi anni, in particolare, i guerriglieri si sono insediati al confine con l'Ecuador occupando anche porzioni di territorio ecuadoregno, in zone di difficilissimo accesso, dove hanno realizzato propri punti di raffinazione della droga e di deposito.

​Perù

Anche il Perù è uno dei Paesi interessati dal fenomeno di coltivazione e produzione degli stupefacenti. Come per le FARC in Colombia, così anche i ribelli di Sendero Luminosogiocano in Perù un ruolo da protagonisti nella produzione e nel traffico di cocaina con eccellenti introiti possibili grazie al fatto che negli ultimi anni il Paese ha aumentato esponenzialmente la superficie destinata alla coltivazione, così balzando in testa alle classifiche per quantità di cocaina prodotta.

Nonostante il governo dell’Ex presidente Humala abbia messo in atto una lotta senza quartiere contro i ribelli avvalendosi del supporto tecnico statunitense, vi è una loro fazione interna – denominata Proseguir – che rimanendo attiva nella regione del Vrae si è trasformata a tutti gli effetti in narcotrafficante. Tale regione, da sempre appannaggio di Sendero Luminoso, è ubicata a sud del Paese nel dipartimento di Ayacucho. La folta e inospitale vegetazione boschiva, coniugata all'alto tasso di umidità, hanno creato la perfetta situazione affinché quel luogo divenisse in uno dei principali centri di coltivazione di coca al mondo, vantando le migliori qualità di piantagioni. I ribelli, che sono ormai da anni stanziati nel territorio, esercitano un controllo radicale e, grazie al poderoso arsenale di cui dispongono, sono in grado di fronteggiare, rendendo vani, i numerosi tentativi di eradicazione messi in atto dall'esercito. Protetti dalla selva, i senderisti manovrano lo smercio di tonnellate di coca in tutta la regione e ne curano il processo di produzione. Il trasporto avviene o per via terrestre verso l'Ecuador, attraversando la regione Guayaquil, o per via aerea principalmente dalla regione centrale del Bajo Huallanga e Yarina, dove circa cinque o sei volte al mese, su ogni volo i narcotrafficanti trasportano in genere una tonnellata di coca. Negli ultimi tempi, per via degli eccessivi controlli da parte dell'esercito e della polizia peruviana, una via che viene maggiormente utilizzata è quella fluviale. I fiumi che i “narcoterroristi” utilizzano prevalentemente sono il Putumayo e il Leticia, per il trasporto che interessa la Colombia, e il Ucayali e Amazonas per il trasporto diretto negli altri paesi limitrofi.

L'offensiva lanciata dall’ex Presidente Humala, ha ottenuto risultati ragguardevoli per quanto concerne il numero di arresti, più deludenti, invece, circa la riduzione effettiva delle piantagioni. Tuttavia, anche in questo caso, non sono pochi coloro i quali vedono nella crociata alla coca condotta col supporto degli Stati Uniti un pretesto geopolitico di questi ultimi per stanziarsi nel Paese Andino attraverso dei piani di sviluppo che prevedono la costruzione di una base militare e aerea nell'area nella regione del Vrae con ciò replicando il Plan Colombia che, senza sconfiggere il narcotraffico, ha militarizzato il Paese.

Bolivia e Argentina​

Nel fenomeno del narcotraffico sono inserite anche Bolivia e Argentina.

In particolare, la Bolivia si pone in terza posizione (dopo Perù e Colombia) per produzione di cocaina. Stime recenti affermano, infatti, che nel totale di circa 30.000 ettari di coltivazioni di coca, con una produzione annua di 120 tonnellate, solo 12.000 ettari sarebbero per legge autorizzati a coltivare lecitamente foglie per la masticazione e altri usi tradizionali.

La maggior concentrazione di piantagioni si trova nella Valle di Cochabamba dove l'organismo antidroga boliviano FELCN ha scoperto dei laboratori – alcuni anche mobili – che attuano processi chimici addirittura più avanzati di quelli colombiani. Anche in Bolivia sono scomparse le grandi organizzazioni e i trafficanti hanno costituito una fitta rete di piccoli gruppi che controllano le spedizioni utilizzando sia gli aerei che i corrieri umani. Il Paese è il maggior fornitore dei mercati brasiliani, cileni e paraguyani ma anche di quello nord americano ed europeo grazie alle ramificazioni nel Paese dei narcos messicani, in particolare del cartello di Sinaloa.

Uno dei punti vulnerabili della Bolivia per quanto riguarda il transito della droga è la cittadina di Bolpreda, municipio appartenente al dipartimento amazzonico del Pando. Ubicato in un punto strategico del Paese, nella zona frontaliera tra Perù e Brasile, Bolpreda rappresenta un ottimo punto di snodo per il traffico di stupefacenti in entrata e in uscita dal Paese. Il traffico, che si sviluppa sia via aerea, grazie alle numerose piste clandestine disseminate nella zona, che via terrestre sotto la copertura della selva, è oltremodo incrementato da quando l'FELCN ha intensificato la vigilanza nella zona di Yapacanì costringendo i narcotrafficanti a trasferirsi a Bolpreda.

Nell'ultimo decennio, anche l'Argentina sta avendo un ruolo chiave nell'industria manifatturiera globale degli stupefacenti. Pur non essendo coltivatore di piantagioni a causa delle non favorevoli condizioni climatiche necessarie, il Paese da tradizionale luogo di transito ha via via sviluppato un'imponente e florida industria chimica che fornisce a tutto il mercato sud americano e globale i precursori necessari alla manifattura della cocaina. Un business, quello della fornitura dei precursori, che è stato favorito dalla crisi economica argentina che ha consentito alle organizzazioni straniere di acquistare prodotti chimici ad un tasso di cambio favorevole. A ciò ha fatto seguito la creazione di una fittissima rete di laboratori clandestini che raffinano la cocaina grezza proveniente da Perù, Colombia e Bolivia e che producono droghe sintetiche come l'ATS. In particolare, la produzione di droghe sintetiche è stata sostenuta dal fiorente mercato dell'efedrina presente in Argentina e sostenuto dai numerose reti criminali, con una buona fetta di narcos messicani, che utilizzano il territorio argentino per triangolare la sostanza verso l'industria globale degli stupefacenti. Oltre all'Argentina anche Guatemala e Nicaragua hanno sviluppato una florida produzione di precursori chimici gestita dai cartelli messicani.

La concentrazione della produzione di cocaina nell'America meridionale fa di questa area il punto di partenza di tutte le rotte che, nella loro parte iniziale, sono dei macroflussi diretti ai mercati di consumo. Se il Nord America è il luogo di approdo del primo macroflusso, un secondo è quello europeo che transita attraverso il Venezuela e l’area caraibica o per il Sud del Continente – Brasile ed Argentina. Decollando dalle coste dell'Atlantico, la droga diretta in Europa viaggia a bordo di narco-voli che spesso fanno scalo negli aeroporti dell'Africa occidentale. Nel territorio rimane il 20% della droga per incrementare il consumo locale mentre la restante parte viene smistata e destinata al mercato europeo a bordo di navi o altri mezzi di fortuna.

Nella rotta verso l'Europa la 'ndrangheta, nota organizzazione criminale calabrese, domina il mercato della polvere bianca nel vecchio continente, giocando un ruolo strategico e fondamentale per le alleanze con i narcos messicani. Soppiantando Cosa Nostra, la 'ndrangheta è divenuta un partner perfetto grazie alla sua rete capillare che le consente di "piazzare" la droga su tutto il continente europeo. La organizzazione calabrese è stata dai messicani preferita a quella siciliana perché ritenuta – a ragione – più solida e affidabile stante un legame familiare che lega tutti gli affiliati e che riduce notevolmente il pericolo di collaboratori di giustizia.

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