Cultura

Genova, per chi non c’era e per chi verrà

I progetti di fotografi, artisti e scrittori per i 20 anni dal G8 di Genova, raccontati dalle loro voci. Per ricordare e aprirci la mente

di Silvia Criara

Si era chiesto di non stendere il bucato e le mutande ai balconi, che invece si riempirono di slip per protesta. E per ornare le facciate di Palazzo Ducale, sede del summit, si attaccarono limoni finti. Il succo di quegli stessi frutti, mischiato con acqua gassata, venne usato dai manifestanti per lenire il bruciore dei lacrimogeni urticanti, mentre si assisteva alla «più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale», come riportato da Amnesty International. A 20 anni dal G8 di Genova una serie di mostre, fumetti, libri, spettacoli teatrali, ma anche cammini che attraversano l’Italia, ci riporta a quei giorni, per aprirci la mente e ispirare nuovi percorsi da fare insieme, «perché quando la politica è stata assente, l’arte c’è sempre stata». Le premesse del cambiamento c’erano già tutte nel 2001, da quell’esperienza sono nate le proteste giovanili per l’ambiente, i gruppi in difesa dei beni comuni, le piattaforme di informazione indipendente, le lotte dei lavoratori migranti sfruttati, ma c’è ancora molto da fare.

A piedi per le montagne. C’è chi la direzione verso “un altro mondo possibile e necessario”, la disegna da solo, con una mappa, passo dopo passo sulle proprie gambe, stando presente, ricordando, partendo da due paesini simbolo della memoria. Pietro Vertamy, fotografo di Around The Walk, associazione fondata insieme a Ilaria Di Biagio, è partito a piedi da Boves, in Piemonte, e sta percorrendo 200 km per arrivare a Genova il 19. Opposta Direzione è il nome del suo cammino, che richiama la “direzione ostinata e contraria” di De André.

«Marceremo su Genova, per ribadire che il metodo pedagogico di istruirci a protestare a casa nostra ha dimostrato solo che quel sistema non funziona», dice Vertamy, che ha chiesto ad amici e conoscenti di mandargli un testo sulla libertà, e ogni sera offre una lettura pubblica nelle piazze dei borghi in cui il suo gruppo fa tappa, «quelle istanze, per quanto abbiano provato a farcele dimenticare con i manganelli, sono rimaste addosso a molti». Anche il gruppo di Repubblica Nomade è partito a piedi alla volta della Liguria, da Sant’Anna di Stazzema, in Toscana e si unirà al cammino di Vertamy per rileggere i luoghi simbolo del G8. Una quarantina di persone, tra cui gli scrittori Antonio Moresco e Lorenzo Guadagnucci, i fondatori. «Le forme creative per cambiare ci sono e la sfida dei prossimi anni è trasformare quei piccoli torrentelli in un grande fiume», dice Moresco, «non è solo questione di sviluppo sostenibile, dobbiamo riformulare le separazioni radicali che ci siamo inventati con il nostro pensiero, fino a quella tra l’uomo e il resto della natura. E procedendo di separazione in separazione, è arrivato il contraccolpo, con lo spillover».

Nuove strade per guardare avanti. Una scarpa rossa, sbiadita e consunta, campeggia al centro di una locandina. Ha percorso una lunga e tortuosa strada, si direbbe. È l’immagine che presenta la mostra Un’eredità in movimento. 20 anni dal G8 di Genova del collettivo TerraProject e dello scrittore WuMing 2.

Il loro progetto racconta le storie di chi era a Genova in quei giorni e che poi, con soluzioni e idee diverse, ha cambiato vita. Lo fa con una quindicina di ritratti e una serie di oggetti conservati dal 2001 a oggi (dal 21.07 al 01.08 al Palazzo Ducale di Genova). «La foto del manifesto è il simbolo di tutto il nostro lavoro, ovvero, dell’eredità positiva, dell’idea di un passato che ognuna di quelle persone ha trasformato in un progetto», dice Rorandelli. Dalla ragazza che ha perso una scarpa durante la fuga e ha conservato l’altra a una manifestante che ha raccolto una talea in strada e, da vent’anni, cresce la sua pianta. Da chi ha aperto un asilo alternativo a chi ha abbandonato la scena più attiva e si è trasferito in campagna per produrre miele biologico, chi si è dato al circo sociale, chi come Alessandro Metz ha fondato Mediterranea dopo l’esperienza dei Disobbedienti. La mostra fa parte del programma promosso da Amnesty International a Palazzo Ducale di Genova. Un palinsesto di tavole rotonde, conferenze, spettacoli e mostre sul cambiamento, come Another World Now, che dal 18.07 al 28.07, prevede performance, affissioni e proiezioni diffuse tra le strade cittadine, l'ex Cinema Gioiello e lo spazio Chan.

«Vogliamo stimolare delle visioni alternative a quello che viviamo, l’arte costruisce l’immaginario e fa memoria, ci apre la mente, anche attraverso la bellezza», dice Francesca Guerisoli, tra le curatrici della mostra. Le opere di una ventina di artisti diventeranno anche cartoline postali, per uscire dai confini di Genova e diffondere il messaggio ovunque.

Profezie non richieste. Cassandra aveva il dono di conoscere il futuro, ma la maledizione di non essere creduta da nessuno. Un filo rosso lungo secoli la lega ai fatti del 2001 all’attualità e oggi, a quel mito greco, si ispira la mostra del collettivo di fotografi Progetto Comunicazione, nella Sala del Munizioniere di Palazzo Ducale, dal 17.07 al 25.07. Cassandra porta testimonianze di fotogiornalisti da tutto il mondo

Cassandra porta testimonianze da tutto il mondo su quelli che, un tempo, erano i temi caldi dell’attualità – società, ambiente, economia, lavoro, beni comuni e repressione – ma oggi si sono diventati delle emergenze. «Le parole uscite dal Social Forum si sono avverate tutte», dice il giornalista e curatore della mostra Federico Mininni, «c’è stato un referendum perché l’acqua sia pubblica e ora provano a privatizzarla, la situazione lavorativa è segnata dai licenziamenti, c’è chi perde la vita in fabbrica perché tolgono le paratie per andare più veloce, la funivia senza il freno, i carcerati presi a manganellate. C’è un sacco di gente che si impegna, ma c’è un imbarbarimento culturale. Continuiamo a chiamarci Stati democratici, ma siamo Stati capitalisti».
La giusta prospettiva arriva con la consapevolezza. Un barcone gremito di migranti vicino al disegno di una nave container, un orso polare che galleggia sopra un frammento di iceberg, affiancato all’immagine di Carlo Giuliani, steso a terra. Il fumettista Roberto Grossi ha accostato quelle immagini per vedere l’effetto che fanno. «Vivendo quotidianamente immersi nelle questioni c’è il rischio di non percepirle più”, dice Grossi, “la distanza che c’è tra il problema e la soluzione sta lì, in come si raccontano le cose». Le sue immagini, potenti e immediate, fanno parte, insieme a tante altre, di Nessun Rimorso. Genova 2001 – 2021, fresco di stampa per Coconino Press, che unisce fumetti, scritti e illustrazioni per riaffermare la necessità di continuare a esprimere una visione del mondo diversa e antagonista, e che la solidarietà è un’arma concreta per costruirla. Nel libro, dedicato a Carlo Giuliani, molte le storie di alcuni tra i migliori artisti della scena italiana, da Zerocalcare a Blu, a Claudio Calia, Paper Resistance, Rita Petruccioli e molti altri.

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La memoria è un ingranaggio collettivo. «Ne devono fare parte tutti, perché il processo di ricordo non è individuale. È una cosa scontata, ma è anche un invito a farci carico tutti di mantenerla viva», dice Fabrizio di SupportoLegale, il collettivo che ha scritto i testi di Nessun Rimorso. Il gruppo è nato nel 2004, su richiesta della segreteria legale del Genoa Social Forum, per sostenere la difesa di tutti gli imputati nei processi ai manifestanti e per fare un lavoro di informazione, formazione, raccolta fondi e sostegno della difesa per le persone condannate. «Probabilmente nemmeno a Genova avevamo tutti la stessa idea dell’altro mondo che avremmo voluto», prosegue Fabrizio, «ma che sia necessario lo dice la scienza, non io». La loro storia parla di impegno, consapevolezza e fatica, ma anche di allegria, leggerezza e voglia di fare. «Vorremmo essere un modello, detto tra moltissime virgolette, nel senso che ci siamo auto organizzati attraverso questo progetto, anche se siamo anime e persone diverse con percorsi e storie politiche diverse». Oggi il collettivo si racconta in un documentario, in crowdfunding su Produzioni dal Basso, che sarà presentato il 20 luglio a Genova e poi girerà in tutta Italia, insieme al libro. «Ci sono la nostra storia e la fase processuale, perché non ci dimentichiamo che la sentenza di cassazione per i condannati è arrivata dieci anni dopo e tuttora e c’è ancora chi sta scontando la pena».

L’altro mondo. «Ci hanno dipinto come eroi, forse un po’ ci siamo sentiti così anche noi. Ma la verità è che siamo solo gli eredi di una fiamma che non si è mai spenta». A scriverlo è Martina Comparelli, portavoce dei Fridays for Future, che ha portato nelle piazze italiane un milione di manifestanti di tutte le età e di tutte le fasce sociali. La sua è una delle testimonianze raccolte nel libro Genova per chi non c’era. L’eredità del G8: il seme sotto la neve, curato dal giornalista e scrittore Angelo Miotto per Altreconomia, per comprendere, attraverso le loro voci, cosa sia successo in quella torrida estate e passare il testimone alle nuove generazioni, «perché spesso, parlando con i ragazzi, sento una carenza di contesto, non si arriva mai a studiare l’attualità», dice Miotto.

Tra i narratori ci sono Haidi Gaggio Giuliani, la mamma di Carlo; Vittorio Agnoletto, medico, attivista e storico portavoce delle 1.187 organizzazioni del Genoa Social Forum; la giornalista e scrittrice Nicoletta Dentico che dirige il programma di salute globale di Society for International Development e si batte per l’accesso ai farmaci essenziali. Insieme a tanti altri che ricordano, denunciano, cantano. Un volume di servizio, che dà spunti restando sui fatti, insieme a tante persone che c’erano allora, ma racconta anche dove è andata la storia negli ultimi venti anni: le pratiche come i gas e gli orti condivisi, nati come alternativa di vita (prima di diventare cool), la responsabilità nella coltivazione. «Si parla tanto di Sdgs, gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, ma alla fine sono gli stessi temi che si portavano nel 2001 e anche nel Recovery Fund le grandi questioni sono il verde, i soldi per la transizione, però non è detto che la concezione della transizione sia esattamente quella auspicata», dice Miotto, «c’è un vuoto profondo tra la società civile e la politica che, colpevolmente, è andata da un’altra parte, soprattutto nel centro-sinistra. Come se in quelle proposte, così ricche, del Movimento, ci fosse quasi l’intenzione di rubare la scena ai partiti».

Non sono storie che arrivano dal passato. Anche per lo scrittore Francesco Barilli le vicende di Genova «narrano il tentativo di costruzione di un mondo diverso, che faceva paura», dice, «ciò spiega la ferocia con cui il movimento fu represso». Insieme al fumettista Manuel De Carli è autore di Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova per Becco Giallo, che ripercorre la cronistoria dei fatti e, insieme, restituisce la memoria viva del ragazzo nelle parole di chi lo ha cresciuto, conosciuto e amato.

Le scene reali, riportate nelle strisce, si alternano a quelle intime e oniriche, in cui il registro narrativo cambia, per fare spazio alle testimonianze della sorella, Elena, della mamma, Haidi, e del papà, Giuliano. Qui, gli elementi che sono diventati iconici della figura di Carlo diventano mezzi stilistici di un racconto dall’intensità spiazzante. Lo scotch da pacchi, che si srotola dalle mani del papà e occupa la scena; l’estintore, che sua mamma cinge tra le braccia come un bambino; il passamontagna, che Elena tiene stretto tra le mani. «Questi elementi simbolici ci fanno capire come la famiglia abbia introiettato l’estrema scelta del figlio», racconta Barilli. «Sta a noi scrittori, artisti, fumettisti, fare da cassa di risonanza a queste vicende, per pulire gli ingranaggi della memoria dalla sabbia».

I muri della cultura collettiva. «Il nostro ruolo artisti è produrre quei mattoni base che sono le fondamenta della casa della cultura collettiva, del sentirsi solidali, della circolazione dei saperi, questa è la potenza dell’arte pubblica, costruire nuova quotidianità e quindi il futuro, con memoria», dice l’artista e poeta di strada Ivan Tresoldi, «dobbiamo essere scomodi e per me è un privilegio esercitare questa scomodità in termini di responsabilità». Nei giorni dell’anniversario, insieme ad alcuni spazi sociali, scriverà una sua poesia su un muro di 150 metri a Milano. Un tempo l’aveva indirizzata a Haidi Gaggio Giuliani. «Non ho mai conosciuto Carlo, ma con le mie parole posso raccontare il modo in cui le persone abitano dentro di noi», dice l’artista. Nel marzo di quest’anno Ivan, insieme a Chekos, aveva portato i volti dei protagonisti di diverse resistenze lungo il muro lungo la Darsena milanese per celebrare Davide Cesare, nella ricorrenza del suo omicidio. Insieme a lui ci sono Carlo Giuliani, la partigiana Lia e l’attivista brasiliana Marielle Franco, assassinata nel marzo 2018.

In scena. I fatti del G8 diventano anche uno spettacolo itinerante, quello promosso da Radio Sherwood, storica emittente radiofonica di Padova, e ideato dalla compagnia Area Teatro di Alessio Di Modica. Pochi mesi fa proprio Sherwood ha avviato il progetto Open Memory, un centro di studi e documentazione, sulle piccole strutture di base e comitati cittadini che si sono battuti per molte cause. «È un passaggio di testimone alle nuove generazioni, ma anche un modo per aiutare gli studenti di oggi a cogliere l’attualità di questi discorsi», dice Carmen Sabello, legale rappresentante della cooperativa Sherwood. Il tour dello spettacolo, invece, sarà lanciato in questi giorni, allo storico festival dell’emittente, diretto da Antonio Pio Ancellotti. «Lo spettacolo è nato per contrastare la narrazione che vede Genova come la fine dei movimenti, invece è stato uno spartiacque verso il cambiamento», dice, «il teatro può aiutare a sedimentare questi passaggi storici e a farli diventare un terreno e un linguaggio per tutti, non solo per gli attivisti». La compagnia girerà l’Italia e sostenuta, tra i molti, da Haidi Gaggio Giuliani e da Vittorio Agnoletto, storico portavoce del Social Forum, «in quelle giornate del luglio 2001 lo Stato utilizzò ogni violenza per reprimere quel movimento che dopo Porto Alegre cresceva velocemente e metteva in discussione il modello neoliberista», dice Agnoletto, «fu ignorata la Costituzione, furono ignorate le nostre leggi, non furono rispettati i diritti e a fianco della repressione di piazza, si sviluppò una repressione mediatica tesa a criminalizzare tutto il movimento, in cui un’intera generazione perse l’innocenza».


In cover lo scatto di Francesco Acerbis alla mostra Cassandra di Prospekt

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