Famiglia

Genova/G8. Giustizia, non rivincita

Gli avvisi di garanzia per la Diaz dimostrano che non siamo più negli anni 70. Oggi il potere non può sottrarsi alla memoria popolare.

di Carlo Gubitosa

L?autore di questo intervento ha appena pubblicato Genova, nome per nome (Berti/Altreconomia, 25 euro), il più documentato dossier sulle giornate genovesi del luglio 2001. I recenti avvisi di garanzia relativi all?indagine sul caso Diaz, e i processi che verranno celebrati nei prossimi mesi, saranno un importante banco di prova per misurare la qualità della nostra democrazia. Da una parte abbiamo il tentativo di nascondersi dietro la propria divisa per dipingere come un ?processo alla polizia? l?azione giudiziaria contro un gruppo di uomini fortemente sospettati di abusi e violenze. Dall?altra, il ?teatrino politico? continua a emettere assoluzioni o condanne preconcette senza nessun aggancio con gli atti e i documenti ufficiali, trasformando in uno scontro tra polizia e attivisti quella che in realtà è una lotta tra gente per bene (in divisa e non) e gruppi minoritari di picchiatori. In tutto questo c?è un elemento di grande novità: la costruzione di una ?memoria popolare? di quei giorni, che permette di ricomporre in un mosaico trasversale i verbali di polizia, le testimonianze dei manifestanti e le migliaia di ?occhi elettronici? che hanno trasformato i giorni della contestazione al G8 genovese nell?evento più documentato nella storia della comunicazione di massa. Questa costruzione di memoria, unita alla tensione democratica della società civile e dei sindacati di polizia più vicini ai cittadini, ci ha portato da quell?arrogante comunicato stampa a una ricerca della verità faticosa ma al tempo stesso doverosa per ridare alle istituzioni quella dignità compromessa da una minoranza in errore. Dopo due anni di indagini, questa spinta dal basso ha permesso di scrivere verità diverse da quelle ?ufficiali?, e oggi possiamo affermare con certezza che nell?era della comunicazione globale l?opinione pubblica ha imparato a difendersi da qualunque manipolazione. Chi ha vissuto questi giorni come una ?rivincita dei no global? non ha ben capito che la realtà è ben diversa. Questi avvisi di garanzia sono un punto di partenza per i processi, e non un punto di arrivo per i movimenti. Questi processi andranno tutelati e preservati da inquinamenti politici e speculazioni di qualsiasi tipo, per dare alla verità storica lo spazio di cui ha bisogno per diventare verità giudiziaria. Rispetto agli anni 70 abbiamo molti motivi in più per sperare in una giustizia capace di perseguire fino in fondo anche i reati degli ?uomini di Stato?. Abbiamo una società civile più matura, che dopo Genova ha saputo scongiurare la prospettiva di una escalation nella violenza di piazza, abbiamo le nuove tecnologie dell?informazione, che ci permettono di valutare e criticare, se necessario, l?operato della magistratura. La mia speranza è che negli anni a venire le sentenze su quella assurda notte di violenza possano restituire dignità alla Polizia di Stato e ai tanti che vi lavorano onestamente per un tozzo di pane. Nel frattempo Arnaldo Cestaro, un ?black bloc? del 1939 presente nella scuola Pertini/Diaz, porta da due anni il gesso al braccio destro, non ancora guarito dopo una lunga serie di operazioni. Per lo Stato, Arnaldo e i suoi 92 compagni di sventura sono ancora accusati di “associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio”.


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