Sostenibilità

Gennargentu: la tragicommedia del parco virtuale

L’idea risale agli anni 20. L’ultimo tentativo di affossamento alla finanziaria 2006. In mezzo decenni di scontri e nessun passo avanti concreto. Di Antonio Canu

di Redazione

Immaginiamoci lo storico chiamato a scrivere delle vicissitudini che da tempo interessano il Parco nazionale del Gennar-gentu e del Golfo di Orosei. Da buon professionista si porrà, prima di tutto, una domanda banale. Perché un parco in quell?area? Una prima risposta la trova in documenti che risalgono agli anni 20 del Novecento, quasi dei reperti. Come la lettera che Carlo Paolucci, direttore del Parco nazionale d?Abruzzo, invia il 30 dicembre1924 ad alcuni parlamentari sardi. C?è scritto, tra l?altro: «Il massiccio del Gennargentu è, a mio avviso, la zona ideale per un Parco nazionale sardo, ricco di vita più di quelli del continente».

Il contenuto della lettera viene apprezzato da vari politici. L?idea viene poi ripresa negli anni 30, da un noto senatore sardo, Antonio Monni, che conosce bene il territorio. Bisogna però attendere il 1958, durante il Congresso internazionale per lo sviluppo economico in Sardegna, tenutosi a Bruxelles, per avere un?idea più concreta del parco. Il quale viene previsto nel Piano di rinascita economica e sociale della Sardegna: siamo nel 1962. Successi-vamente il Consiglio regionale approva un disegno di legge per la sua istituzione, che però non viene mai preso in considerazione dal Parlamento: e arriviamo al 1969.

Istituzione virtuale
Ancora un salto nel tempo e si arriva ad un altro anno importante: il 1989, quello della legge regionale n. 31, sulle aree protette. Non è una sorpresa, ma tra i parchi è previsto proprio quello del Gennargentu, esteso per 59.102 ettari, nel territorio di 14 comuni. Si arriva quindi al decreto istitutivo del Parco nazionale, un traguardo previsto dalla legge quadro sulle aree protette, la 394 del 1991. Ben tre intese vengono siglate dal ministro dell?Ambiente e dal presidente della Regione Sardegna.

Da allora, il clima si fa rovente. La domanda che il nostro storico si deve porre a questo punto è però più complessa: perché monta un movimento antiparco? Quali le ragioni, quali gli interessi? È bene cominciare dal basso, pensa. Cioè dal fatto che un parco nazionale pone delle regole. La lettura delle norme previste dalla legge quadro chiarisce molti aspetti. Li considera sufficienti ma vuole andare oltre, perché il tono della protesta è alto, troppo alto.

Annota, tra le tante cose lette, alcuni passaggi di un opuscolo dell?amministrazione provinciale di Nuoro che interpreta doveri e obblighi da rispettare. Ecco alcuni brani: «Gli usi civici e dei residenti (legnatico, ghiandatico, erratico, raccolta di funghi, pascolo) non sono sospesi (art. 11 della legge quadro); per cui il pascolo potrà continuare e sarà consentito per esigenze di lavoro dei pastori e dei forestali, il transito libero sui sentieri anche, nelle zone a riserva totale. Per quanto riguarda la caccia si potranno esercitare abbattimenti selettivi degli animali in sovra numero: per i cinghiali, l?Ente Parco potrà autorizzare le compagnie dei locali ad effettuare gli abbattimenti nell?ambito del comune di residenza». Prende atto che non basta, nonostante sia evidente che i diritti dei residenti sono fatti salvi.

Interessi incrociati
L?ipotetico storico affronta allora il capitolo più celebrato: «È una legge calata dall?alto, contro le autonomie locali», affermano gli antiparco. Cosa significa dall?alto? È una legge, votata democraticamente in parlamento. L?aspetto delicato che si sta delineando, ritiene, è che anche alcuni parlamentari sardi e continentali hanno cavalcato la protesta e d?altra parte, di un vero e proprio dietrofront sul parco è protagonista perfino il ministero dell?Ambiente. Non può inoltre non annotare il ruolo marginale della Regione Sardegna che pure aveva le risorse, i mezzi e soprattutto il dovere di intervenire. Quando lo fa, è quasi sempre contro il parco nazionale.

Eppure ci devono essere altri motivi, pensa lo storico. Che sfuggono anche alla popolazione che spesso è stato oggetto di strumentalizzazioni contro un progetto che neanche conosce bene perché nessuno si è preso la briga e la responsabilità di farlo. Gli interessi di qualcuno, magari più potente di altri? Il controllo delle terre pubbliche, magari per sfruttare le risorse dell?Unione Europea date per l?allevamento del bestiame allo stato brado? O la caccia, magari nobilitata da motivi antropologici e tradizionalisti? Anche perché, di fatto, i primi a scendere in piazza, sempre puntuali, sono proprio i cacciatori.

Ormai è scontro: sia antiparco che istituzioni non vogliono più la legge. Ma il parco nazionale non si può abrogare, a meno di un?altra legge. Una storia anomala, quella del Parco del Gennargentu. Diciamo una commedia.
Di Antonio Canu, responsabile Aree Protette WWF Italia

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