Famiglia

«Genitori veri» o dell’eterno ritorno dell’adultismo

Cosa unisce lo stalkeraggio buonista alla mamma della Mangiagalli, la legge "Allontamenti zero" del Piemonte e gli urrà alla maternità surrogata? La definitiva restaurazione del concetto dei bambini come funzione degli adulti. Se non proprietà

di Giampaolo Cerri

L’eco dell’appello accorato di Ezio Greggio alla mamma del piccolo Enea, deposto nella culla dalla “madre segreta” della Mangiagalli mi coglie in un altro ospedale milanese. Mi sono ricoverato con un mio figlio in affido, 14enne, con noi da quando ne aveva due, che deve fare un controllo atteso da molto tempo. Tre notti, insieme, da soli. Sarà certamente una bella storia che ci racconteremo fra qualche anno. In mezzo, inevitabilmente, giorni di lavoro da cercar di conciliare e forse giorni di permessi, ferie, recuperi, da impegnare.

Sentire il volto storico di Striscia la notizia concionare sulle “madri vere” opposte “chi si occuperà del bambino ma che non sarà la madre vera” indispone, diciamo la verità.

Non tanto, e non solo, per fatto personale: perché in tanti anni di affido e tanti bambini accolti non mi sono sentito mai genitore «finto», pur “occupandomi”, greggianamente parlando, di figli non nati da me e da mia moglie.

No, è per l’amarezza di dover constatare, per l’ennesima volta, di come – a quarant’anni esatti dalla legge che introduce l’affidamento familiare in Italia, la 184/83 – sia ormai debordante quello che la storica Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Anfaa chiamava “adultismo”, vale a dire l’affermazione del punto di vista (e dell’interesse) dell’adulto su ogni questione che riguardi il minore, diritti compresi.

Dopo che, per decenni, politica e informazione avevano tambureggiato dei bambini e dei loro diritti, scoperto, grazie a Telefono Azzurro, l’abuso, declamato la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, fatto fiction su Maria Montessori, celebrato, finalmente, l’eccellenza degli asili reggiani molto più di quella dei caseifici del consorzio, dopo che la parola «bambino» aveva raggiunto il vertice di ogni proposta politica, bast-practice amministrativa, pensiero comune, riflessione da Costanzo Show, ecco che le cose hanno cominciato a rifluire all’indietro. E forse, come capita spesso, anche più indietro di dove eravamo partite. Perché ormai ci sono molti segnali che s’è imposta una concezione proprietaria dei figli, un’idea che i bambini siano sostanzialmente funzione degli adulti.

È quella concezione che ha spinto una regione, il Piemonte, ad adottare una legge regionale, cosiddetta “Allontanamenti zero” che, nei fatti, rende impossibile intervenire tempestivamente nelle situazioni di disagio, a tutela del minore. E se proprio lo si deve fare, si deve privilegiare prima la cerchia parentale, foss’anche uno zio. Prova provata che il sangue, appunto il vincolo parentale, viene prima dell’interesse del minore.

E la stessa concezione che guida i sostenitori della maternità surrogata: la coppia ricorre alla gestazione per altri, compra nove mesi di maternità, costruisce un abbandonato dal concepimento al parto, lo adotta bypassando ogni idoneità all’adozione. «E quale idoneità? Quel figlio ci appartiene».

Ed è adultismo bello e buono quello della solidarietà coercitiva che è andata in scena a Milano in queste ore: «Mamma», ripetono sostanzialmente tutti, «quel figlio ti appartiene, tu sei la “vera” madre, ripigliatelo!».

La foto in apertura è tratta dal profilo Twitter di Ezio Greggio: si tratta proprio dell'appello alla madre sconosciuta.

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