Politica e infanzia
Genitori affidatari, i soliti sospetti
Arriva il "Registro nazionale degli affidi", che vuol paradossalmente "tutelare" i minori dall'istituto che li tutela. In serata, il Governo approverà il relativo schema di disegno di legge. Per Giorgia Meloni un ritorno, come promesso, al tema dei minori allontanati, dopo la campagna di Bibbiano. Fra le famiglie accoglienti, si fa largo il timore della "schedatura" che dal ministero della Famiglia smentiscono. Resta il clima di svalutazione di chi si apre all'accoglienza che allontanerà nuove disponibilità
Oggi il consiglio dei Ministri, su proposta del dicastero della Famiglia e di quello della Giustizia, approverà lo schema di disegno di legge per l’istituzione del Registro nazionale dell’affido (i lavori sono in corso mentre scriviamo).
Dico subito che, essendo genitore affidatario da 13 anni e avendo accolto, con mia moglie e i miei figli, nove bambini e bambine (due ancora con noi e uno lo abbiamo adottato), dico subito, appunto, che sono in conflitto di interessi.
Tuttavia non posso, essendo anche giornalista, che scrivere quello che sento e vedo da quando, nella giornata di domenica, ambienti governativi, probabilmente qualcuno ai due ministeri interessati, ha informato i miei colleghi dell’imminente provvedimento.
Lo spirito della legge, anzi del ddl
Perché dal tenore di questi resoconti è palpabile lo spirito con cui l’Esecutivo di Giorgia Meloni si accinge a introdurre questo nuovo istituto.
“Per tutelare i minori in affidamento, il Governo corre ai ripari”: comincia così, per esempio, l’articolo del Messaggero Veneto.
Queste poche parole, 11 per l’esattezza, che uno zelante dirigente ministeriale ha suggerito al cronista, sono l’esergo di tutto l’impianto: bambini che sono allontanati, con provvedimenti dell’autorità giudiziaria, da famiglie purtroppo disfunzionali – lèggi trascuranti, se non violente e abusanti – e collocati in altre che si rendono disponibili, bambini che sono cioè sottoposti alla tutela dello Stato, debbono essere tutelati.
Non solo, occorre farlo con urgenza, tanto che il massimo del potere esecutivo, il Governo appunto, corre ai ripari. Riparo da che cosa?
Tutelare i bambini affidati dall’affido
L’anonimo funzionario l’ha spiegato all’Ansa: «Il provvedimento nasce proprio per evitare istituzionalizzazioni improprie e gli affidamenti sine die (fino alla maggiore eta, ndr) di minori allontanati dalla famiglia d’origine e per garantire la piena attuazione del principio del superiore interesse del minore e del diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere all’interno delle loro famiglie così come stabilisce la Convenzione sui diritti del fanciullo».
Lasciamo fare che gli istituti non ci sono più, per fortuna, dal 2001, aboliti con legge 49 di quell’anno, e soprassediamo sul fatto che ci si riferisca, in questi termini ingiusti e un po’ violenti, alle comunità per minori.
Dubbio sulla schedatura, certezza sulla svalutazione
Restiamo sull’affido, appunto. Nella chat di molte famiglie affidatarie, sono circa 14mila in Italia, corre soprattutto una parola: «Schedatura».
Sì perché nel registro, come scriveva Avvenire proprio domenica, «ci sarà l’elenco degli istituti di assistenza pubblici e privati, delle comunità di tipo familiare e delle famiglie affidatarie», ossia le famiglie dove i bambini sono collocati, allo scopo di tutelarli. In queste ore dal ministero della Famiglia negano: solo nei registri presso i tribunali ci saranno quelle informazioni, mentre in quello nazionale ci saranno solo “dati quantitativi”.
Già, ma allora perché chiamare “Registro” quella che sarebbe una mera statistica?
Schedatura o meno, quello che avvilisce è il senso di svalutazione, se non di sospetto, che da questa operazione governativa promana.
“Il Governo corre ai ripari” is the new
“Parlateci di Bibbiano”
In quel “Per tutelare i minori in affidamento, il Governo corre ai ripari” echeggia infatti il “Parlateci di Bibbiano” che l’attuale presidente del consiglio coniò, e che ripeté con puntiglio, quasi con ossessione, per mesi. Diciamo pure una guerra, visto che la premier si piccò di inserire un chiaro riferimento anche nel suo discorso di insediamento alla Camere, nell’ottobre del 2022, a quattro anni dai fatti: «Abbiamo assunto l’impegno di limitare l’eccesso di discrezionalità nella giustizia minorile, con procedure di affidamento e di adozione garantite e oggettive, perché non ci siano mai più casi Bibbiano, e intendiamo portarlo a termine», disse Meloni chiedendo la fiducia alla Camera dei deputati.
E ora che quell’inchiesta si sta risolvendo nel nulla a cui era destinata – lo psicoterapeuta Claudio Foti assolto in appello – quel «correre ai ripari» suona un po’ come la clausewitziana definizione di politica: «la continuazione della guerra con altri mezzi».
È come passare da quel “ladri di bambini” – epiteto che accumunava sui social le famiglie affidatarie agli assistenti sociali nei giorni caldi dell’inchiesta emiliana – al remake de I soliti sospetti.
Nuovi affidatari addio
In questo clima, difficile immaginare che nuovi nuclei o nuovi singoli si avvicinino all’affido. Realizzando, per questo giornale, il podcast Genitori a tempo, genitori e basta, un viaggio nell’Italia dell’affido, sto raccontando belle, bellissime storie di accoglienza, ma di coppie 50-60enni.
E tutti – operatori, giudici, servizi sociali – convergono sul fatto che mancano le famiglie accoglienti, soluzione più indicata per i bambini piccoli. Dovrebbe esserne cosciente anche la politica.
In ultimo ma non per ultimo, è davvero urticante la parzialissima citazione della Dichiarazione Onu dei diritti dell’infanzia ad accompagnare questo provvedimento: «Il principio del superiore interesse del minore e del diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere all’interno delle loro famiglie».
Quella dichiarazione consta di 54 articoli, in cui al 27mo, per esempio, si può leggere del «diritto di ogni fanciullo a un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale».
Sulle reazioni delle associazioni, leggi l’articolo di Sara De Carli.
La foto in apertura è di Foto di Sandy Millar su Unsplash, quella di Eugenia Roccella è di Mauro Scrobogna / LaPresse.
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