Formazione

Geel, cinque secoli di porte spalancate ai matti

Oggi sono 425 i pazienti che vivono in oltre 300 nuclei famigliari normali. Il tutto garantito da un’organizzazione che garantisce un buon supporto a chi accetta di fare accoglienza...

di Antonietta Nembri

Sono almeno cinque secoli che la cittadina belga di Geel vive un?esperienza abbastanza unica, che l?Oms ha eletto tra le migliori esperienze a livello mondiale per il trattamento dei disabili mentali. Adulti malati vengono accolti dalle famiglie della cittadina: oggi ci sono 425 pazienti che vivono in 343 famiglie che a volte accolgono più di un malato. Un?ospitalità a tempo indeterminato, che può durare anche vent?anni. A raccontare questa straordinaria esperienza di accoglienza è arrivato in Italia Wilfried Bogaerts, reponsabile dell?Openbaar Psychiatrisch Ziekenhuis, invitato dalla Cooperativa sociale Nazareno, all?interno del Festival internazionale delle abilità differenti. Vita lo ha intervistato.

Vita: Quali sono gli aspetti che rendono quello di Geel un caso unico?
Wilfried Bogaerts: Tre elementi: la concentrazione delle famiglie in una piccola area (la cittadina ha circa 34mila abitanti); il gran numero di pazienti e famiglie adottive e, soprattutto, la storia, la tradizione.

Vita: Non è una contraddizione il fatto che questo programma comunitario sia gestito e organizzato da un ospedale?
Bogaerts: Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Oggi Geel è divisa in dodici distretti, in ciascun distretto ci sono dei facilitatori che sono in contatto con le famiglie. Ogni distretto ha da 22 a 34 famiglie, mentre i pazienti oscillano tra i 26 e i 41. È tutto decentralizzato: gli infermieri lavorano a stretto contatto con l?ospedale: in caso di emergenza in pochi minuti si è a casa della famiglia. In reparto ci sono 30 posti letto che servono in caso di crisi o di necessità di sollievo del nucleo di accoglienza. Inoltre, se un 50% dei pazienti svolge delle attività nei laboratori organizzati dall?ospedale, il rimanente 50 aiuta in casa: dal giardinaggio alla spesa e anche la cura degli anziani.

Vita: Di norma, quanto dura un programma di cura?
Bogaerts: Il tempo non è definito, di solito è molto lungo, ci sono alcuni che sono nel programma da vent?anni. C?è da dire che per molti pazienti questo è un fattore molto rassicurante. Si crea con facilità una grande naturalezza di rapporti, che si comunica anche al resto della città. Le famiglie che si presentano per l?accoglienza non chiedono della disabilità di chi accoglieranno, ma si informano sulle sue abilità: è un atteggiamento positivo.

Vita: Non ci sono controindicazioni nel portare avanti programmi così lunghi?
Bogaerts: Certo, capita che dopo una convivenza così lunga, chi accoglie diventa vecchio e ha bisogno di essere a sua volta aiutato, anche dallo stesso paziente. Si pone allora un dilemma professionale: una situazione del genere è sostenibile? La risposta dovrebbe essere no, però a Geel diventa un sì, perché ormai il paziente fa parte della famiglia. Ci sono ospiti che vivono con diverse generazioni dello stesso nucleo familiare: i genitori chiedono ai figli di continuare l?accoglienza.

Vita: Un?esperienza come quella dell?Opz di Geel è replicabile altrove?
Bogaerts: La condizione è quella di avere una comunità accogliente per storia e per cultura. Geel lo è, e l?esperienza di accoglienza dura ormai da molti secoli. Poi certo ci vogliono supporti sia alla famiglia sia al paziente. Anche se non ci sono molte ricerche specifiche, l?esperienza dimostra che le capacità sociali delle persone coinvolte nel programma migliorano. Il vivere all?interno di un ambiente familiare rende più facile l?integrazione nella società. Gli amici diventano amici anche del paziente. E il trovarsi in una rete amicale è la migliore terapia.

Vita: Come avviene la scelta delle famiglie?
Bogaerts: Non abbiamo mai fatto campagne per reclutarle. Sono le stesse famiglie che si candidano. Noi scegliamo in base ad alcune regole, quali la dimensione della casa e la sua collocazione. Poi parliamo con i diretti interessati: tutti in casa devono essere d?accordo. Non facciamo corsi di formazione perché tutte le famiglie d?accoglienza conoscono già bene il sistema. Nel 95% dei casi almeno un membro lo ha già vissuto, magari da bambino quando i suoi genitori hanno fatto la stessa scelta.

Vita: E l?aspetto economico?
Bogaerts: Il programma di Geel viene elogiato anche per il suo essere fonte di risparmio per il sistema sanitario. Ogni famiglia riceve dai 17 ai 21 euro al giorno come contributo per l?ospitalità, il cibo e la cura dei vestiti. Per le piccole necessità ogni paziente ha un fondo spese.


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