Mondo
Gaza? Un gigantesco cratere
Parla la prima cooperante italiana che è riuscita a entrare nella Striscia dopo la tregua
Ce l’hanno fatta. Daniela Riva e Fabio Pierini, dell’ong bolognese Gvc, sono i primi due cooperanti italiani a essere entrati nella Striscia di Gaza dopo la fine delle ostilità. Sono entrati mattina di venerdì 23 gennaio, ore 7.30 italiane, dal Valico di Erez. Vita ha raggiunto telefonicamente in serata Daniela, 30 anni, responsabile del progetto di costruzione e installazione di un desalinizzatore per l’acqua che l’ong ha nella Striscia e che dovrebbe permettere ad almeno 22mila persone di ricevere acqua potabile. Più volte, durante il racconto, la giovane aveva la voce spezzata. Ecco le sue impressioni a caldo.
Come siete riusciti a entrare?
E’ stato qualcosa di davvero inaspettato. Era dal giorno dopo il cessate-il-fuoco che ci presentavamo al check point chiedendo di passare. Una richiesta sempre negata. Ma questa mattina, una volta consegnati i documenti e dopo aver rimasti in attesa quasi tre ore, per alcuni di noi è arrivato il lasciapassare. Dodici in tutto, di varie ong, tra cui noi di Gvc, Save the Children, Oxfam. Ad altri cooperanti hanno detto no, motivando il rifiuto con il fatto che i visti semestrali per operare nei Territori non erano regolari. Alle 11.30 eravamo liberi di andare con la nostra macchina in tutta la Striscia.
Cosa avete fatto?
Ci siamo recati subito alla nostra sede, in una zona residenziale dei Gaza City, e abbiamo rintracciato tutti i cooperanti locali, che, per fortuna, erano tutti sani e salvi, nonostante alcuni hanno dovuto abbandonare le loro case. Poi abbiamo cominciato i giri per vedere con i nostri occhi la situazione: siamo stati alla scuola dell’Unrwa bombardata, in alcuni ospedali, nella zona del porto. Una toccata e fuga in ogni luogo, quasi sempre in macchina. E’ stato sconvolgente passare attraverso Gaza city e la zona a nord, Jabalia e dintorni: qui i danni sono enormi. E Rafah, a sud, sembra un gigantesco cratere.
Per strada quale situazione avete trovato?
Era venerdì, giorno festivo, quindi c’era poca gente in giro. Ma c’erano questo sì, molti, moltissimi bambini, la gran parte dei quali scalzi, ma con una gran voglia di stare all’aperto, di giocare. Mi ha fatto impressione un aspetto, in particolare: l’operosità della popolazione. C’è distruzione ovunque, ma nella gran parte dei luoghi colpiti qualcuno ha già pensato a “ricominciare”, facendo pulizia e risistemando quel che poco è rimasto in piedi degli edifici danneggiati. Ad esempio, nella scuola di polizia oggetto del bombardamento del primo giorno, sono già partiti i lavori di sistemazione. Sembra esserci una gran voglia di recuperare la vita di prima che si scatenasse l’inferno. Come se non fosse successo niente.
Quali le vostre priorità?
Ricominciare le attività legate al progetto, per quanto possibile. Per prima cosa, valuteremo l’impatto dei bombardamenti sulla zona dove dovremmo installare il desalinizzatore, che abbiamo pronto a Gerusalemme da inizio novembre: è da allora che ci è stato impedito l’ingresso nella Striscia. Fino ad oggi.
Come valutate questo permesso di entrare?
E’ stata, per me, per noi una notizia insperata. Eravamo già pronti, come i giorni precedenti, a fare ritorno a Gerusalemme. Per questo mi sento ora molto frastornata, anche perchè è destabilizzante sapere che c’è stato un massacro e vederne solo le conseguenze senza aver vissuto in prima persona gli attacchi. E’ una mossa, quella delle autorità israeliane di farci passare, che non riusciamo ancora a interpretare. L’ultima volta che siamo entrati nella Striscia era il 4 novembre. Poi si è capito che il divieto era dovuto all’imminente attacco. Chissà questo cambio di rotta di stamattina dove porterà. Ho la sensazione che lo scopriremo presto.
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