Medio Oriente
Gaza, non bastano gli aiuti dal cielo se poi si danno armi a Israele
«Gli Stati non possono trincerarsi dietro gli aiuti paracadutati per dare l’illusione che stiano facendo abbastanza per venire incontro ai bisogni della popolazione di Gaza», scrivono 25 organizzazioni della società civile. «La loro primaria responsabilità è quella di prevenire crimini di atrocità, avviando e applicando pressioni politiche efficaci per porre fine agli incessanti bombardamenti e alle limitazioni che impediscono la fornitura, in condizioni di sicurezza, degli aiuti umanitari»
di Redazione
Venticinque tra gruppi per i diritti umani e organizzazioni umanitarie presenti nella Striscia di Gaza hanno ribadito che l’unico modo per rispondere alla crisi umanitaria senza precedenti è assicurare un cessate il fuoco immediato e permanente e l’accesso via terra completo, in sicurezza e privo di ostacoli degli aiuti umanitari.
«Gli Stati», dicono le organizzazioni della società civile, «non possono trincerarsi dietro gli aiuti paracadutati e ai tentativi di aprire un corridoio marittimo per dare l’illusione che stiano facendo abbastanza per venire incontro ai bisogni della popolazione della Striscia di Gaza. La loro primaria responsabilità è quella di prevenire crimini di atrocità, avviando e applicando pressioni politiche efficaci per porre fine agli incessanti bombardamenti e alle limitazioni che impediscono la fornitura, in condizioni di sicurezza, degli aiuti umanitari».
«Da mesi, nella Striscia di Gaza, ogni singola persona sta lottando contro la fame: si tratta, secondo la Classificazione integrata della sicurezza alimentare e della fase nutrizionale, della più grande proporzione di popolazione in crisi di sicurezza alimentare», scrivono le organizzazioni. «Da mesi, le famiglie sono costrette a bere acqua insalubre e a trascorrere giorni senza mangiare. Il sistema sanitario è completamente collassato, mentre le epidemie proliferano e le persone continuano a subire gravi ferite a causa dei bombardamenti. Almeno 20 bambini sono morti per grave malnutrizione, disidratazione e malattie relative. Ogni giorno si assiste all’accelerazione della mancanza di cibo e di acqua e al peggioramento della situazione sanitaria. Se le autorità israeliane continueranno a impedire l’accesso agli aiuti umanitari, altre persone moriranno di fame e di malattie. Le Nazioni Unite hanno ammonito che la carestia si approssima».
«Rispetto ai lanci di aiuti dal cielo, gli esperti del settore umanitario hanno precisato che questa modalità da sola non basta in alcun modo a venire incontro agli enormi bisogni umanitari: due milioni e 300mila persone che vivono in condizioni estreme di sopravvivenza non possono essere alimentate dal cielo. I lanci di aiuti via paracadute non possono fornire la quantità di aiuti che può essere trasportata via terra. Un convoglio di cinque camion può portare 100 tonnellate di assistenza salvavita mentre i lanci dal cielo possono portarne ogni volta poche tonnellate. Questa modalità è inoltre assai pericolosa per le vite dei civili in cerca di aiuti: almeno cinque persone sono morte colpite da casse di aiuti in caduta libera. L’assistenza umanitaria non può essere improvvisata: dev’essere fornita da professionisti esperti nell’organizzazione della distribuzione e nella fornitura diretta di servizi salvavita. La fornitura di aiuti deve avere un volto umano: non solo per valutare in modo appropriato i bisogni delle popolazioni colpite ma anche per ripristinare speranza e dignità in una popolazione già traumatizzata e disperata. Dopo cinque mesi di bombardamenti continui e di condizioni disumanizzanti, la popolazione di Gaza ha il diritto di ricevere qualcosa di più di una misera carità dal cielo».
«Ogni aiuto umanitario che arriva a Gaza è benvenuto», si legge nella nota, «ma quelli via cielo o via mare devono essere visti come complementari a quelli via terra e non un sostituto. È importante notare che alcuni degli Stati che hanno recentemente lanciato aiuti via paracadute stanno anche fornendo armi a Israele: è il caso, in particolare, di Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Questi stati non possono utilizzare gli aiuti per aggirare le loro responsabilità e i loro doveri di diritto internazionale che prevedono anche la prevenzione dei crimini di atrocità. Pertanto, devono fermare tutti i trasferimenti di armi che rischiano di essere usate per compiere crimini internazionali e svolgere azioni significative perché ci sia un immediato cessate il fuoco, gli aiuti possano arrivare senza ostacoli e si assicuri che i responsabili di tali crimini siano chiamati a risponderne. L’apertura di un corridoio marittimo da Cipro, con la conseguente costruzione di un porto galleggiante lungo la costa della Striscia di Gaza, non potranno essere in piena operatività se non tra diverse settimane. Le famiglie alla fame non possono attendere questo tempo. Per salvare le loro vite occorrono camion carichi di cibo e di medicinali, il cui ingresso a Gaza è attualmente impedito. Inoltre, le forniture via mare verso i punti di distribuzione all’interno di Gaza andrebbero incontro agli stessi ostacoli posti oggi ai convogli terrestri via Rafah: insicurezza, alte percentuali di diniego dell’accesso da parte delle forze israeliane ed eccessive attese ai valichi israeliani».
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«In sintesi la fornitura di aiuti via mare non cambierebbe la catastrofica situazione umanitaria, a meno che non fosse combinata a un immediato cessate il fuoco e all’accesso completo e privo di ostacoli degli aiuti in tutta la Striscia di Gaza. C’è poi preoccupazione circa la mancanza di trasparenza su chi sarebbe responsabile delle infrastrutture portuali e della sicurezza delle forniture via mare. Gli stati dovranno assicurare che il corridoio marittimo non finisca per legittimare una prolungata occupazione israeliana via terra. Le 25 ong riconoscono che ogni forma di aiuto è necessaria nell’attuale contesto drammatico ma mettono in guardia sulle conseguenze devastanti che deriverebbero da un pericoloso precedente che causerebbe la degradazione dell’accesso degli aiuti via terra e il prolungamento delle ostilità. La risposta umanitaria all’altezza dei massicci bisogni della popolazione di Gaza è l’accesso illimitato degli aiuti e degli operatori professionali che da mesi si trovano sul lato egiziano del confine».
«Finora», conclude la nota, «la possibilità che due milioni e 300mila palestinesi di Gaza possano mangiare, essere curati e avere un tetto sopra la testa è alla discrezione esclusiva delle autorità israeliane. Questa situazione non può rimanere così. Le organizzazioni umanitarie hanno la capacità logistica di occuparsi della popolazione di Gaza, ciò che manca è la volontà politica degli stati di pretenderne l’ingresso. Le organizzazioni umanitarie si aspettano dagli stati che utilizzino urgentemente la loro influenza per ottenere un immediato cessate il fuoco e per costringere Israele a porre fine al deliberato blocco dell’ingresso di aiuti salvavita in tutte le zone della Striscia di Gaza, mediante la piena apertura e la fine delle restrizioni ai valichi di Rafah, Kerem Shalom / Karam Abu Salem, Erez / Beit Hanoun e Karni. Un immediato e permanente cessate il fuoco è l’unica condizione per consentire un ingente aumento dell’afflusso di aiuti umanitari che possa alleviare la sofferenza di due milioni e 300.000 persone nella Striscia di Gaza».
Le organizzazioni firmatarie: Action Aid International; American Friends Service Committee; Amnesty International; Association of Italian NGOs; CCFD-Terre Solidaire; CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud; DanChurch Aid; Danish House in Palestine; Danish Refugee Council; HelpAge International; Humanity & Inclusion – Handicap International; IM Swedish Development Partner; International Federation for Human Rights; INTERSOS; Medical Aid for Palestinians; Mennonite Central Committee; Médecins du Monde International Network / Doctors of the World; Médecins Sans Frontières France / Doctors Without Borders France; Oxfam; Plan International; Première Urgence Internationale; Secours Islamique France; Terre des Hommes Italy; War Child Alliance; Welfare Association.
AP Photo/Mohammed Hajjar
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