Medio Oriente

Gaza, i bambini muoiono per la mancanza di cibo

In quasi cinque mesi di guerra sono già stati uccisi più di 12.500 bambini. Un minore su due nel nord di Gaza è gravemente malnutrito. «I bambini muoiono di fame mentre ai camion di cibo viene negato l'accesso e i continui combattimenti impediscono la consegna dei pochi aiuti che arrivano a Gaza», denuncia Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati

di Redazione

«Il tempo sta per scadere per i bambini di Gaza, mentre si susseguono notizie relative al fatto che iniziano a morire a causa della malnutrizione, mentre Israele continua a imporre restrizioni che impediscono la consegna sicura degli aiuti», denuncia Save the Children. 

Con il collasso delle comunicazioni e l’impossibilità di far arrivare gli aiuti – in particolare nelle aree settentrionali di Gaza, dove i civili sono a più alto rischio di morire di fame – i casi riportati sono probabilmente la punta dell’iceberg.  

Save the Children ha ribadito l’appello per un cessate il fuoco immediato e definitivo e per  ampliare l’accesso sicuro e senza restrizioni degli aiuti, perché la vita di altri 1,1 milioni di bambini è appesa a un filo. «Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, in quasi cinque mesi di guerra sono già stati uccisi più di 12.500 bambini», si legge nella nota dell’organizzazione. «Da quando la Corte Internazionale di Giustizia (Cig) ha ordinato a Israele, circa cinque settimane fa, di “adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e di aiuti umanitari urgentemente necessari” come parte delle misure provvisorie per proteggere i palestinesi di Gaza dal rischio di genocidio, il numero di camion di aiuti che entrano nella Striscia è diminuito di oltre un terzo, secondo i dati delle Nazioni Unite».  

«Le frequenti chiusure delle frontiere», continua la nota, «i continui attacchi aerei israeliani, i combattimenti incessanti, l’insicurezza e i manifestanti che bloccano i camion degli aiuti che cercano di entrare a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, stanno ostacolando l’arrivo degli aiuti, compresa la consegna di cibo. In alcuni casi, i camion con i rifornimenti alimentari attendono al confine così a lungo che le verdure sono marce una volta arrivate a Gaza. Almeno due operatori umanitari sono stati uccisi solo nell’ultima settimana, portando il numero totale di operatori umanitari morti sotto i bombardamenti israeliani a più di 172, secondo i dati delle Nazioni Unite e dell’Associazione delle agenzie internazionali per lo sviluppo».  

Nel frattempo, i bisogni sono in aumento: un bambino su sei nel nord di Gaza è gravemente malnutrito e le Nazioni Unite hanno riferito che alcune scorte di cibo potrebbero esaurirsi nei prossimi due giorni. 


Nell’ultima settimana è stato riportato che alcune famiglie sopravvissute ai bombardamenti israeliani nel nord di Gaza hanno dichiarato di non essere riuscite a trovare nulla da mangiare e di essere fuggite a Rafah, nel sud di Gaza. Ciò avviene mentre i funzionari israeliani dichiarano che è imminente un’incursione militare estesa a Rafah, dove si rifugiano più di 1,3 milioni di palestinesi.

«La negazione dell’assistenza umanitaria è una grave violazione contro i bambini», continua la nota, «secondo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1999 sui bambini nei conflitti armati. Equivale, inoltre, a una punizione collettiva ed è illegale secondo il diritto internazionale umanitario. L’uso della fame come arma di guerra è severamente vietato e codificato come crimine di guerra dal diritto internazionale».

«Quello a cui stiamo assistendo a Gaza è una lenta uccisione di massa di bambini, perché non c’è più cibo e, a loro, non arriva nulla. Stanno morendo perché il mondo non è riuscito a proteggerli e ora le famiglie stanno fuggendo verso il prossimo obiettivo militare di Israele per evitare di morire di fame, in una trappola mortale», ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati. «Nella sua ordinanza sulle misure provvisorie, la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che alcune delle azioni di Israele costituiscono una “plausibile rivendicazione di atti di genocidio”. La comunità internazionale continua a essere vincolata dagli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario e dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, per garantire la protezione dei palestinesi. Ogni volta che impariamo lezioni dal passato, ci impegniamo nel non voler ripetere gli stessi crimini atroci. La prova è ora proprio davanti a noi. I bambini muoiono di fame mentre ai camion di cibo viene negato l’accesso e i continui combattimenti impediscono la consegna dei pochi aiuti che arrivano a Gaza. La comunità internazionale sta fallendo. Se non si interviene per far rispettare le responsabilità derivanti dalle Convenzioni di Ginevra e per prevenire i più gravi crimini di rilevanza internazionale – tra cui l’uso della fame come arma di guerra – la storia giudicherà, dovrà giudicare, tutti noi».

Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere le vite dei bambini di Gaza, e che le parti in conflitto rispettino il Diritto Internazionale Umanitario, sostengano la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e si astengano da azioni che minano le misure provvisorie indicate dalla ICJ. L’Organizzazione chiede un accesso sicuro e senza ostacoli degli aiuti umanitari, affinché vi sia un massiccio aumento delle forniture di beni e del personale necessario per consegnarli, in particolare nel nord di Gaza. L’accesso libero implica che un numero sufficiente di beni, compresi quelli commerciali, gli aiuti, il personale umanitario e il carburante, possa raggiungere in sicurezza i bambini e le famiglie di Gaza, così come che tutti i valichi di accesso vengano aperti. Save the Children chiede, inoltre, a tutti i Governi donatori e al resto della comunità internazionale di riprendere e incrementare al più presto i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (Unrwa).    

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